CAMPAGNATICO. Il viaggio nel tempo è uno dei grandi sogni dell’’umanità, che ha ispirato e continua a ispirare generazioni di registi e scrittori, ma che tutt’ora rimane confinato nella narrativa. In Maremma però esiste un luogo dove si può vivere un’esperienza che si avvicina molto al viaggio nel tempo, ovvero l’archeodromo “gli Albori”, in località Granaione a Campagnatico.
Qui sono state ricostruite varie abitazioni, in scala 1:1, che vanno dall’età della pietra fino alla tipica casa etrusca. Un vero e proprio viaggio nel quotidiano dei nostri antenati, attraverso i primi millenni della storia umana.
La storia degli Albori
«L’archeodromo gli Albori nasce intorno agli anni 2000– racconta Riccardo Chessa, archeologo e ideatore degli Albori– iniziammo con la realizzazione di una piccola capanna ispirata al sito di sorgenti della Nova, un sito dell’età del bronzo in provincia di Viterbo, per cui fu fondamentale l’aiuto e la fiducia della professoressa Nuccia Negroni Catacchio. Da li poi partimmo con i primi laboratori dove mostravamo come scheggiare la pietra, l’accensione di un fuoco con i metodi antichi, la pittura preistorica e il tiro con arco e propulsore (strumento che consente di scagliare un’arma da lancio con maggior forza e più lontano che con le mani, ndr). Iniziammo con alcune scuole della provincia, poi con gli anni le richieste aumentarono esponenzialmente, fino ad arrivare a oggi, dove riceviamo scolaresche provenienti da tutto il centro Italia. Per la corrispondenza con i programmi di storia, la nostra didattica è rivolta principalmente alle scuole elementari. Tramite le attività dei laboratori e gli abitati che abbiamo ricostruito, facciamo con le classi in visita un vero e proprio lavoro di “archeologia simulativa”, rendendo i bambini parte attiva nella didattica».
«L’altra parte fondamentale del nostro lavoro- prosegue Riccardo Chessa- è quella della ricerca, io di formazione sono un archeologo sperimentale, questo significa che i nostri studi sono caratterizzati dalla prova pratica e sul campo delle ipotesi. Un esempio è quello che abbiamo fatto con la realizzazione della grande capanna dell’età del bronzo, un progetto partito grazie alla professoressa Poggiani Keller, che purtroppo ci ha recentemente lasciati, tramite il quale ho potuto formulare delle ipotesi sulle tecniche utilizzate per realizzare il peculiare pavimento, molto simile al cocciopesto di epoche successive».
Il percorso tra le case dei nostri antenati
Il viaggio nel tempo agli albori, inizia nella caverna, si tratta infatti della riproduzione di come si sarebbe presentato il riparo di un uomo di Neanderthal all’interno di una caverna, circa 150.000 anni fa. Andiamo avanti di decine secoli, arrivando all’età del rame, un periodo che in Europa è durato grosso modo dal 5000 al 2000 a.C. Di quest’epoca è stata riprodotta una capanna, realizzata in base ai ritrovamenti di un abitato del periodo a Maccarese in provincia di Roma.
Dall’età età del rame passiamo all’età del bronzo dove possiamo visitare la casa sulla palafitta, che riproduce le tipiche case della “cultura di terramare”, una cultura dell’Emilia datata intorno al 1650 a.C. Spostandoci nei secoli finali dell’età del bronzo, troviamo due capanne basate su scavi archeologici effettuati in Maremma.
La prima è la ricostruzione della grande capanna del sito di Scarceta, a Manciano, un’impressionante abitazione alta sei metri ed estesa su 190 m2, ricca di oggetti, fedelmente riprodotti nell’allestimento degli albori. La seconda capanna “maremmana” è quella che riproduce un’abitazione scoperta a Sovana nel 1989. Entrambe sono di forma ellittica, tetto in cannucciato, pareti in argilla e strutture portanti in legno. L’ultima tappa di questo tour attraverso i millenni è al tempo degli etruschi, intorno a 2500 anni fa. Anche questa casa è basata su un ritrovamento archeologico avvenuto in Maremma, precisamente un villaggio che sorgeva nei pressi del lago dell’Accesa. La struttura ha un tetto fatto in tegole, pareti in argilla e pietre alla base. Tutte le abitazioni, al loro interno, presentano la fedele riproduzione degli oggetti e degli arredi che avremmo potuto vedere nelle rispettive epoche
C’è anche un po’ di storia recente della Maremma
Il luogo stesso dove sorge gli Albori è una testimonianza della storia della Maremma.
«Il casale al centro della proprietà- spiega Riccardo- risale al 1840, fu costruito dalla nobile famiglia dei Piccolomini, di Siena, una famiglia molto importante che ha dato alla chiesa ben due papi. Nel dopoguerra, quando ci fu la riforma fondiaria, il terreno venne espropriato al latifondista Rossi e l’ente Maremma lo assegnò a una famiglia di contadini. Nel 1984 mio padre Pietro rilevò l’azienda agricola e dopo il restauro del casale qui aprimmo uno dei primi agriturismi della Maremma».
Le aree sperimentali
Come parte dell’esperienza didattica e sperimentale, c’è poi l’area di tiro dove è possibile tirare con le riproduzioni di antichi archi e giavellotti, c’è la simulazione di uno scavo archeologico, accuratamente riprodotto in modo da mostrare i diversi strati che si possono incontrare in un sito effettivo . Ci sono poi le aree dei forni, dove con repliche di fornaci di varie epoche, vengono cotte varie le riproduzioni dell’antico vasellame. «C’è poi un’area dedicata alle coltivazioni- racconta Riccardo Chessa- dove sperimentiamo le antiche tecniche agricole e studiamo l’archeobotanica. Abbiamo poi in progetto delle aree dedicate alla metallurgia e alla fabbricazione del vetro».
Il progetto della villa romana
Riccardo non rimane con le mani in mano, il prossimo progetto è quella della villa romana:
«Non molto distante dagli Albori, in località poggio Rotigli-racconta Riccardo- è nota la presenza di una villa romana sepolta e di cui finalmente dopo anni di attesa, potremmo iniziare gli scavi. Questo è un mio grande sogno che si realizza, perché a quel sito è legato un eccezionale manufatto, venuto alla luce durante i lavori di dissodamento del terreno, il diploma militare romano di Valerio Clemente. Si tratta di due piccole tavolette di bronzo, dove è inciso un testo che testimonia il congedo militare di questa persona, al termine del proprio servizio nella guardia pretoriana, datato al 306 d.C . e oggi esposto al Maam di Grosseto».
«Lo scavo sarà fondamentale -prosegue Chessa- per capire se Valerio Clemente fosse l’effettivo proprietario della villa. Ci permetterà poi di indagare la precisa planimetria della villa, capire come era stata realizzata, per permetterci in futuro di poterla riprodurre qui agli Albori, aggiungendo un’altra fondamentale tappa della nostra storia».





