GROSSETO. Sono uccelli maestosi e regali, di cui oggi esistono solo 200 esemplari, oggetto di un piano europeo di reintroduzione, eppure c’è chi ancora gli spara causandone la morte, in particolare nell’area della costa toscana.
L’ibis eremita è un volatile particolarissimo, che popolava i boschi europei fino a tutto il Medioevo, prima che secoli di caccia indiscriminata portassero alla sua estinzione in Europa Centrale.
All’inizio del 2000 sono partiti i primi progetti europei di reintroduzione della specie grazie ai quali numerosi piccoli sono nati in cattività e rieducati alla vita in natura, ma in 20 anni solo pochi esemplari sono riusciti a riprodursi senza l’aiuto dell’uomo e a essere autosufficienti nelle attuali 4 colonie tra Austria e Germania.
Ma un terzo di loro cade sotto le fucilate della caccia illegale durante la lunga migrazione verso l’oasi di Orbetello, unico sito di svernamento.

A ottobre, Maremma oggi aveva raccontato la storia di Dieks, femmina pronta a riprodursi e a diventare la fondatrice di una nuova colonia proprio sulla Laguna, morta dopo ore di agonia per gli spari di un bracconiere, nelle campagne di Figline Valdarno. Allora venne lanciato un appello affinché la costa toscana venisse inserita nell’elenco dei siti pericolosi del piano antibracconaggio, ma ad oggi non è stato fatto.
Dunque i ricercatori del gruppo austriaco-tedesco-italiano impegnati dal 2013 nel progetto Waldrappteam per la reintroduzione degli ibis, primo tentativo riuscito di ristabilire una popolazione migrante con una nuova tradizione migratoria, hanno rinnovato la richiesta al ministero per la Transizione ecologica. Chiedendo in più e con urgenza l’attuazione di misure efficaci contro la caccia illegale agli uccelli lungo il Tirreno verso l’oasi di Orbetello.
La maggior parte degli abbattimenti di ibis avvengono sulla costa toscana
«Nel 2021 abbiamo prove concrete dell’uccisione di 7 uccelli in Italia – spiega Johannes Fritz, direttore del progetto Waldrappteam – e poiché per circa la metà delle perdite la causa della morte non può essere determinata, si deve presumere che il numero effettivo sia significativamente più alto».
Le uccisioni avvengono quasi esclusivamente durante la stagione venatoria, principalmente in zone di caccia agli uccelli tradizionalmente intensa, ma gli abbattimenti sono quasi sempre accidentali e involontari, come conferma il caso dell’unico cacciatore ad oggi condannato per aver ucciso un ibis eremita.
«È dimostrato che una percentuale significativa di uccisioni di Ibis eremita avviene di anno in anno in un’area definibile lungo la costa tirrenica della Toscana. Anche il luogo in cui il cacciatore condannato ha sparato ai due Ibis eremita si trovava in questa zona, che è nota come rotta di migrazione molto frequentata da molte specie di uccelli», conclude Fritz.

Dalla Carinzia a Orbetello per rilanciare la specie
Numerosi partner, tra cui l’Unione Europea, sostengono il progetto di reintroduzione dell’Ibis eremita. Dopo il successo del primo progetto europeo “LIFE+” dal 2014 al 2019, nel 2022 è partito un secondo progetto “LIFE” che durerà 7 anni, cui partecipano 10 partner in 4 Paesi, sotto la guida dello Zoo di Vienna.
Il progetto ha l’obiettivo di stabilire una popolazione europea autosufficiente con più di 360 ibis eremita in 7 colonie, a nord e a sud delle Alpi, che avranno l’oasi Wwf della Laguna di Orbetello come area comune di svernamento.
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