TALAMONE. Il rifacimento del porto di Talamone potrebbe costare caro al territorio: fino a 6,5 milioni di euro di danni economici se la darsena verrà bloccata per due anni. A lanciare l’allarme è Unimpresa, sulla base di una simulazione condotta dal proprio Centro studi. Un conto salatissimo per la piccola frazione di Orbetello, che vive principalmente di nautica, turismo e servizi stagionali.

I numeri dello studio Unimpresa
Secondo l’analisi, basata su un’occupazione stagionale media dell’80% su 900 posti barca disponibili, con un canone di ormeggio di circa 3.000 euro per stagione, il mancato introito diretto ammonterebbe a 2,16 milioni di euro all’anno. A questa cifra si sommano altri 1,08 milioni di euro annui derivanti da servizi connessi (carburante, manutenzione, cambusa, ristorazione, escursioni).
Nel caso in cui il cantiere durasse due anni, la perdita totale stimata è di circa 6,48 milioni di euro. Una stima prudenziale, avvertono da Unimpresa, che non include i danni indiretti, come le ricadute sull’occupazione, il turismo, il commercio locale e il danno d’immagine.
Le accuse al Comune: forzature, esclusioni e un progetto calato dall’alto
Giovanna Ferrara, presidente nazionale dell’associazione, attacca duramente l’amministrazione Casamenti: «Invece di affrontare le vere emergenze strutturali – dice – dalla frana sulla spiaggia del Cannone al degrado delle discese a mare, il Comune punta tutto su un progetto lungo e incerto, che rischia di paralizzare la principale risorsa economica del borgo».
Ferrara denuncia inoltre la scelta del Comune di impugnare la sentenza del Tar Toscana, che aveva bocciato l’intera procedura di trasformazione del porto. Secondo Unimpresa, l’appello al Consiglio di Stato, presentato in tandem con la società Porto Turistico di Talamone, smentisce le promesse di dialogo fatte pubblicamente dai vertici comunali dopo la sentenza.
Le tappe della contestazione: ricorsi, sentenze e promesse disattese
La vicenda del porto di Talamone si trascina da mesi e ha visto numerosi ricorsi amministrativi, culminati nella sentenza del Tar Toscana che ha annullato la procedura, definendola «radicalmente illegittima». In particolare, i giudici avevano messo in evidenza la mancanza di trasparenza e la selezione favorita di una sola società privata, escludendo l’80% degli attuali operatori del porto.
«Dopo la sentenza, il sindaco Andrea Casamenti e l’assessore Luca Teglia avevano parlato pubblicamente di ripartenza condivisa e coinvolgimento di tutti, ma – sottolinea Unimpresa – le parole si sono scontrate con i fatti, ossia con il ricorso in appello che punta a ripristinare un progetto già bocciato sul piano legale».
Il futuro del porto e della comunità, due visioni a confronto
Unimpresa propone una visione alternativa: interventi mirati, meno invasivi, priorità alle urgenze ambientali e strutturali, pieno coinvolgimento degli operatori locali. Il Comune, invece, sembra voler proseguire su una linea di centralizzazione decisionale e grandi opere, nonostante il malcontento crescente tra residenti, imprese e associazioni. «Questo territorio merita rispetto, non accanimento» conclude Ferrara.
Uno scontro che travalica il porto
La vicenda di Talamone è ormai diventata emblematica di un conflitto più ampio tra modello di sviluppo partecipato e decisionismo amministrativo. Le prossime settimane saranno decisive: il Consiglio di Stato dovrà esprimersi sul ricorso, mentre sul territorio cresce la mobilitazione per salvaguardare il futuro del piccolo porto e del gioiello della Maremma.
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Redattore di MaremmaOggi. Per me scrivere è uno strumento di verità, di bellezza, è di liberta, un mezzo per esprimere ciò che altrimenti rimarrebbe inespresso. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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