Si ubriaca, picchia la moglie e le strappa i vestiti: condannato Skip to content

Si ubriaca, picchia la moglie e le strappa i vestiti: condannato

Il giudice revoca anche la sospensione condizionale al marito violento: per due mesi non ha fatto vedere alla donna la loro figlia piccola
Il tribunale di Grosseto

ORBETELLO. L’ha insultata, l’ha picchiata e le ha tolto il bene più grande: la loro figlia piccola, impedendole di vederla e di sentirla per circa due mesi, dopo averla bloccata sul telefono dell’uomo. Dal quale le arrivavano soltanto messaggi offensivi. Per questo il giudice per l’udienza preliminare Marco Mezzaluna ha condannato un ragazzo di 29 anni, a due anni di reclusione e ha anche revocato la sospensione condizionale. 

Mesi di botte e offese

I maltrattamenti nei confronti della donna, erano cominciati nel 2018, quando la donna denunciò il marito, salvo poi, due anni dopo, ritirare la querela sperando che l’uomo fosse cambiato. Per qualche tempo la loro vita era sembrata scorrere con un po’ di serenità in più. Ma dal dicembre del 2020, le cose avevano cominciato a peggiorare, tanto che, durante una lite furibonda scoppiata perché l’uomo aveva alzato un po’ troppo il gomito, le aveva strappato i vestiti per impedirle di andarsene da casa. 

Botte, insulti scritti nei messaggi di Whatsapp. La donna, esasperata dalla situazione che di nuovo si era trovata a vivere, aveva deciso di trasferirsi a Roma, per frequentare un corso da estetista portando con sé anche la figlia piccola. Nella loro abitazione, sotto agli occhi della madre del ragazzo, era scoppiata l’ennesima lite: il giovane le aveva strappato i vestiti gettandoli a terra e l’aveva picchiata. Poi l’aveva buttata fuori da casa. 

Il giorno dopo la donna aveva contattato un conoscente che abitava a Roma e aveva deciso di andarsene.  La loro figlia era rimasta a casa con il padre e la nonna. Nessuna comunicazione, nessuna notizia della bambina: per due mesi il ragazzo, difeso dall’avvocata Iris Milano, l’avrebbe punita in questo modo. Inviandole soltanto messaggi offensivi. 

Il miraggio di una nuova vita a Roma

A febbraio del 2021, il ragazzo aveva deciso di portare la bambina dalla madre. In quell’occasione, aveva anche provato a restare insieme alla donna. Prima nella casa dove lei era stata ospitata, poi in un appartamento che le era stato messo a disposizione dal datore di lavoro. 

Ma il miraggio di cominciare insieme una nuova vita era svanito velocemente: lui aveva ricominciato a picchiarla e a insultarla, dopo che aveva bevuto parecchio. Avevano litigato perché la donna lo aveva redarguito: lui stava alzando la voce e la bambina, che dormiva, si sarebbe potuta svegliare. 

Erano state altre botte, altri schiaffi, altre tirate di capelli. La donna e la bambina avevano quindi cercato ospitalità in una casa rifugio per donne maltrattate, ma lui era arrivato anche lì e l’aveva picchiata di nuovo per riportarla a Orbetello. 

Durante il processo, celebrato con il rito abbreviato, la donna ha spiegato al giudice perché avesse deciso di tornare insieme al suo ex e di ritirare la prima querela: «Gli ho voluto dare una possibilità – ha spiegato – era padre di mia figlia e pensavo che potesse cambiare. Mi aveva promesso che sarebbe cambiato e che aveva intrapreso alcuni percorsi per farlo, sembrava che si comportasse meglio». Ma così non è stato: il pm Federico Falco aveva chiesto una condanna a due anni e sei mesi di carcere. Ne sconterà due, senza la condizionale. 

 

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