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L’arsenico nell’acqua del Fiora è un pericolo per tutta la Maremma

Roberto Barocci, del Forum ambientalista di Grosseto, evidenzia come gli studi dell’Ars mettano in relazione i rischi per la salute con la presenza di alte concentrazioni di arsenico nell’acqua potabile
Il Monte Amiata innevato
Una vista dell’Amiata innevato @Manfredo Pinzauti

MONTE AMIATA. “Arsenico e scellerati progetti”, titolava Roberto Barocci, del Forum ambientalista di Grosseto, il suo libro uscito nel 2012, nel quale documentava, come recita il sottotitolo “abusi ed omissioni a danno delle acque potabili”, in particolare a causa dell’arsenico.

A distanza di 20 anni, lo studio InVettaIndagine di biomonitoraggio e valutazioni epidemiologiche a tutela della salute nei territori dell’Amiata – realizzato dall’Ars, l’Agenzia regionale di sanità per conto della Regione Toscana e presentato il primo febbraio, torna ad evidenziare i rischi connessi all’arsenico, se contenuto in alte concentrazioni nell’acqua potabile (attualmente il limite massimo è stabilito per legge in 10 microgrammi per litro). 

Lo studio InVetta, condotto dal 1998 al 2019, su un campione di circa 30.000 persone e nato per valutare i rischi di salute della popolazione dei comuni di Piancastagnaio, Abbadia San Salvatore, Arcidosso, Santa Fiora e Castel del Piano, se da una parte non ha evidenziato un’associazione tra l’esposizione alle emissioni delle centrali geotermiche e una serie di patologie (malattie cardiovascolari, tumori, esiti riproduttivi avversi e alcune malattie croniche), dall’altra ha invece puntato l’attenzione sull’arsenico.

«L’esposizione cronica a concentrazioni crescenti di arsenico nelle acque potabili – scrive l’Ars – è risultata associata a incrementi di rischio per le patologie respiratorie e cardiovascolari. Anche il rischio di neoplasie, soprattutto se valutato con approccio longitudinale, mostra un’associazione con l’esposizione a concentrazioni crescenti di arsenico nelle acque potabili».

Considerando che le sorgenti del Fiora dissetano l’intera provincia di Grosseto e parte di quella di Siena, il problema riguarda la popolazione di tutta la Maremma.

Barocci: «abbassare ulteriormente i livelli di arsenico secondo le indicazioni dell’Oms»

Partendo da questo studio, Roberto Barocci non esita a sostenere, dunque, che la qualità dell’acqua che dal Fiora viene distribuita in Maremma è rischiosa per la salute a causa della concentrazione di arsenico, che anche a bassi livelli è cancerogeno. È la stessa Oms a raccomandare di abbattere ulteriormente la concentrazione di questo elemento a 5 µg/l.

Inoltre, dal 2003 al 2010 per alcuni comuni dell’Amiata, data la crescita dei livelli di arsenico e in attesa di realizzare gli impianti di abbattimento per tenerlo entro il limite di legge (10 µg/l), la Regione aveva approvato deroghe fino a 20 µg/l. Deroghe stoppate in via definitiva dall’Europa nel 2010, ma nel frattempo, per 7 anni il la concentrazione dell’arsenico nell’acqua che dal Fiora arrivava in tutta la provincia, era superiore al limite.

«I risultati per i comuni geotermici dell’Amiata -scrive Barocci – sono stati accorpati e discussi in funzione di tre diverse esposizioni ad altrettanti livelli medi delle concentrazioni di arsenico nelle acque potabili:

  • inferiore a 5 µg/litro (acque discrete, ma migliorabili per l’Organizzazione mondiale della sanità)
  • tra i 5 e 10 µg/litro (il limite di legge introdotto con il D.L. 31/2001)
  • superiore a 10 µg/l (acque distribuite in provincia tra il 2003 e il 2010, periodo delle deroghe ai limiti di legge).

Per similitudine di esposizione, una parte dei dati per l’Amiata sono riferibili all’intera provincia di Grosseto. Dopo il 2010, in tutta la provincia si è bevuta acqua sotto il limite di legge di 10 µg/l. Ma l’acqua distribuita nelle abitazioni della Maremma è da sempre in prevalenza proveniente dall’acquifero dell’Amiata e fino ai primi anni 2000 veniva utilizzata per miscelare le acque prelevate lungo la costa, cariche di sali e metalli.

Successivamente al 2000, le fonti del Fiora hanno fatto registrare un costante aumento di arsenico fino all’attuale valore, molto vicino al limite di legge di 10 µg/l. Quindi in provincia di Grosseto si sta bevendo acqua sconsigliata dall’Oms, che invece consiglia concentrazione non superiore 5 µg/l. Poiché anche in diversi altri comuni della provincia dal 2003 al 2010 si è bevuto acque in deroga per l’arsenico, i risultati ottenuti in Amiata sono di sicuro interesse per l’intera provincia.

Dati molto preoccupanti – aggiunge Barocci – per chi negli anni passati ha bevuto acqua in deroga, cioè sopra al valore di 10 µg/l, poiché, come scrive l’Ars: “In analogia con il dato della mortalità, anche i ricoveri per tumori maligni sono risultati in eccesso negli esposti: +10%, maggiore nelle donne +19%. Sempre nelle donne l’eccesso è presente anche per i ricoveri per tumore del polmone +85%, e per tumore della mammella +23% …”.

Ma preoccupano anche i dati registrati per chi ha bevuto acqua con concentrazioni medie tra 5 e 10µg/l, cioè quasi tutta la popolazione della provincia, poiché dice l’Ars “sempre nelle donne si osserva un eccesso di rischio nella classe 5-10 µg/l del +29% riferito alla mortalità per malattie cardiovascolari (…). Negli ultimi anni sta crescendo sempre più la preoccupazione che moderati o bassi livelli di arsenico nelle acque potabili, anche inferiori agli attuali limiti normativi (10 µg/l), possano indurre esiti dannosi sulla salute umana”.

Infine, una vasta documentazione attesta che

  • le deroghe regionali furono ottenute presentando studi fondati su clamorosi errori sulla naturalità dei fenomeni, non dando validità all’origine artificiale del “drenaggio acido di miniera”
  • veniva affermata l’assenza dei rischi per la salute e la mancanza di tecniche per rientrare nei limiti
  • le centrali geotermiche dell’Amiata emettono dai camini ogni anno una quantità di arsenico capace di rendere non potabile il 150% delle acque in uscita dall’acquifero del Fiora.

Per tutti questi motivi, il quadro si complica ulteriormente e si impongono scelte su chi ha diritto ad utilizzare l’acquifero che alimenta l’intera provincia di Grosseto, se l’Enel o la popolazione», conclude Barocci.

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