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La Pro Loco: salvare il castello del Belagaio

La splendida fortezza immersa nella Val di Farma risale alla fine del XII secolo. «Può diventare una grande attrazione turistica»
Il castello del Belagaio
Il castello del Belagaio

ROCCASTRADA. Il castello del Belagaio e il suo hinterland naturalistico deve dare occupazione e sviluppo al territorio. Questo l’appello che giunge da Torniella e Piloni due borghi immersi nella Val di Farma che possiedono un gioiello ambientale, architettonico e storico, purtroppo improduttivo.

Una sottoscrizione di oltre 250 firme raccolte dalla Pro Loco Piloni e Torniella nel territorio è stata mandata alle forze politiche, sociali, ambientali. In tutto sono state spedite 20 e-mail ad altrettanti indirizzi competenti in materia: dai parlamentari, ai presidenti di enti ambientali, locali, istituzioni culturali ecc. con la seguente richiesta:

«Egregi parlamentari e amministratori pubblici, il Pnrr (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza), come strategia per lo sviluppo della Nazione, deve contenere anche indicazioni per lo sviluppo del nostro territorio. Per questo, come Pro Loco Piloni-Torniella, abbiamo voluto, con una sottoscrizione popolare di circa 250 firme di cittadini, sollecitarvi a prendere in considerazione lo sviluppo della Val di Farma e in particolare del castello del Belagaio che, se valorizzato e introdotto in circuiti economici  virtuosi, può creare occupazione diretta e indotta su tutto il territorio dell’Alta Maremma».

«L’occasione del Pnrr non può trascurare questa nostra zona e questa nostra popolazione, che vive nella marginalità geografica ed economica. Vi invitiamo, pertanto, ognuno nel ruolo che ricopre, ad intervenire nelle giuste sedi per prendere i provvedimenti necessari affinché il castello del Belagaio, Pnrr o non Pnrr, rinasca, comunque, creando occupazione e fruizione turistica».

Ora si attende quella risposta che la popolazione, unita in un sola voce, desidera ottenere: ovvero possibilità di creazione di posti di lavoro che fermino l’abbandono e lo spopolamento dei centri dell’Alta Maremma. Il castello del Belagaio deve divenire fulcro e centro di rilancio per lo sviluppo della Val di Farma.

«È il minimo che chiediamo – dice il presidente Giorgio Martellucci della Pro Loco locale – non possiamo assistere impotenti all’abbandono del territorio per carenza di progettualità e spreco di risorse; l’inserimento del castello in un circuito turistico nazionale e internazionale, può risolvere parte dei problemi di cui soffre il nostro territorio. Bisogna che i nostri politici e i nostri amministratori si rimbocchino le maniche, perché sono 40 anni che il castello del Belagaio con la sua torre di guardia sulla Val di Farma, coi suoi saloni, con le sue mura merlate, è di proprietà pubblica, dopo la donazione dei conti Grottanelli, e tutto è rimasto lì, come allora, anzi, peggio di allora».

Del castello si hanno le prime tracce intorno al 1187

Dal sito del comune di Roccastrada

Situato al centro della Riserva Naturale della Val di Farma, il castello del Belagaio, il cui nome sembra che derivi da Pelagus e quindi dall’acquitrinio che esisteva nell’avvallamento davanti al castello, è stato possesso dei molti potenti che alternativamente si sono imposti nella zona: la famiglia degli Aldobrandeschi, dell’Abbazia di S. Lo­renzo al Lanzo e degli Ardengheschi.

Viene già citato nel 1187, insieme alla sua corte, in vendita al monastero di S. Lorenzo al Lanzo e, passato sotto il controllo di Siena, nel Trecento andò declinando, come attestato dalle inadempienze di pagamento delle tasse. Cosicché Siena nel 1438 ridusse a contado la fortezza, annullando i diritti giurisdizionali connessi al suo controllo. Il castello dovette comunque rappresentare un notevole punto strategico a dominio della Val di Farma e forse la sua impor­tanza è stata legata anche alla presenza delle ferriere (stabilimenti di lavorazione del minerale di ferro), numerose lungo la valle.

Fu trasformato più tardi in una villa fattoria subendo, a cavallo tra l’800 ed il ‘900, grosse trasformazioni che gli hanno dato l’aspetto attuale. Unico elemento ancora leggibile, dalla posizione delle sue strutture, è la pianta originaria, ma tuttavia conserva ancor oggi il fascino del castello, essendo presenti quegli elementi che architettonicamente lo identificano: le mura che lo racchiudono, la torre ed, all’in­terno, la cappella gentilizia, il pozzo, i magazzini.

Tutto il complesso conferma la tradizione di lavorazione della pietra presente nella zona; bei lavori di intaglio si evidenziano nelle finestre ad edicola e sulle cantonate del palazzo residenziale, nella cappella neoromanica e nella torre, che presenta, nell’intaglio decorativo delle aperture, forme di gusto oltremontano. Nell’interno di quest’ultima, una scanalatura in legno lungo le pareti alloggiava la biblioteca, lontana dai rumori delle faccende giornaliere e ricca di luce.

Da notare che il bel portale di ingresso del palazzo residenziale, a forte bugnato e di gusto tardo rinascimentale, è autentico: fu qui trasferito da una abitazione privata dal vicino paese di Torniella.

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