GROSSETO. Cinque giorni in casa, positivi al covid, con un bambino di 21 mesi (per ora) negativo. E dall’Asl neppure una telefonata. È la situazione surreale che stanno vivendo Caterina Ristori, del Polo Le Clarisse e suo marito Giovanni Rispoli, geometra. Chiusi in casa per responsabilità, senza poter aver contatti con nessuno, neppure con i parenti più stretti, tanto che il bambino lo gestiscono loro, indossando mascherine Ffp2. E senza un tracciamento che consenta loro almeno di avere un certificato o sapere quando saranno di nuovo negativi.
I tamponi, peraltro, sono introvabili, tanto che il presidente della Regione Giani prima ha stabilito che basta l’antigenico, poi ha annunciato il raddoppio delle forniture. Vedremo.
Due positivi sintomatici. E abbandonati
«Siamo due positivi sintomatici – racconta Caterina -, vaccinati entrambi con due dosi (la terza prenotata per il 01/01/22) con febbre e altri sintomi e insieme a noi vive nostro figlio di 21 mesi.
Il primo episodio di febbre alta è di Giovanni e risale al 26 dicembre, facciamo subito il tampone rapido e molecolare (il 27/12) in un centro privato a pagamento, perché tramite Asl è impossibile allo stato pratico. Entrambi i tamponi, avendo tra le altre cose sintomi palesi, ci confermano positivi e il bimbo fortunatamente negativo».
«Oggi 30 dicembre alle ore 10 ancora non siamo ancora stati contattati dalla Asl. Essendo due persone intelligenti e responsabili siamo ovviamente chiusi in casa dal 26, anche perché stando male sarebbe impensabile diversamente, abbiamo quindi, ad oggi, green pass valido e si sarebbe potuti uscire, partecipare ad eventi di ogni tipo pur essendo due positivi sintomatici confermati ed infettare il mondo, a partire da parenti fragili, amici e colleghi, se non avessimo quella santa dose di buon senso e senso civico che per fortuna le nostre famiglie ci hanno trasmesso».
Fra l’altro non hanno in mano niente di ufficiale: «Senza l’intervento della Asl anche il medico non può fare il certificato e questo è un problema anche per il lavoro. E siamo preoccupati per il bambino, anche se, ovviamente, prendiamo tutte le precauzioni possibili».
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