Ponte Tura sull’Ombrone, il gigante dimenticato di Grosseto | MaremmaOggi Skip to content

Ponte Tura sull’Ombrone, il gigante dimenticato di Grosseto

Il ponte Tura, capolavoro delle bonifiche grossetane, è abbandonato da anni. Simbolo della rinascita maremmana, andrebbe restaurato e valorizzato
Lo splendido ponte Tura, simbolo delle bonifiche maremmane
Lo splendido ponte Tura, simbolo delle bonifiche maremmane

GROSSETO. Immobile e silenzioso, il ponte Tura si staglia sull’Ombrone come un vecchio guardiano che osserva il tempo passare.

Costruito più di un secolo fa per domare le acque e rendere fertile la Maremma, oggi quel colosso d’ingegneria cade lentamente a pezzi, dimenticato tra erbacce, ferri arrugginiti e mattoni corrosi.

Eppure, in quelle arcate neoclassiche e in quella pietra scolpita dal vento, c’è la storia della rinascita maremmana, l’eco delle grandi bonifiche che trasformarono una terra paludosa in un territorio vivo e produttivo.

Il ponte Tura non è solo un’opera idraulica: è un simbolo, un pezzo d’identità collettiva che racconta la forza e la tenacia di chi volle cambiare il destino di questa terra.

Un capolavoro delle bonifiche lorenesi

Il nome “Tura” viene dal verbo turare, cioè “chiudere” o “regolare”: già nel significato porta l’essenza della sua funzione.

Il primo sbarramento, detto “ponte tappo”, fu realizzato tra il 1828 e il 1830 dall’ingegnere Alessandro Manetti, su incarico del granduca Leopoldo II di Lorena, nell’ambito delle grandi opere di bonifica della pianura grossetana.

L’obiettivo era ambizioso: regolare il corso dell’Ombrone e deviare parte delle acque nel canale diversivo, per permettere la bonifica per colmata dell’ex lago Prile e delle paludi che circondavano Grosseto.

Il ponte monumentale di Giuseppe Botto

L’attuale struttura, quella che ancora oggi si può ammirare alle porte della città, risale ai primi del Novecento.

Tra il 1905 e il 1914 il Genio civile di Grosseto, sotto la direzione dell’ingegnere Giuseppe Botto, costruì un ponte monumentale a sette archi in stile neoclassico, dotato di chiuse mobili e di una piccola centralina elettrica per il controllo delle cateratte.

In una foto d'epoca, la costruzione del ponte Tura
In una foto d’epoca, la costruzione del ponte Tura

L’opera fu completata nel 1924, diventando il cuore pulsante del sistema idraulico di bonifica e un vanto dell’ingegneria toscana.

Attraverso il ponte Tura passavano le acque cariche di limo che, convogliate nel canale diversivo dell’Ombrone, servivano a colmare le depressioni della pianura, rendendo la Maremma finalmente coltivabile.

Dalla gloria all’abbandono

Per decenni, il ponte fu un simbolo di modernità e progresso. Poi, con l’evoluzione dei sistemi idraulici e la costruzione di nuovi impianti, la sua funzione perse importanza.

Negli anni Settanta il canale diversivo fu in parte interrato e il ponte divenne una presenza silenziosa, testimone di un’epoca passata.

Oggi la struttura mostra segni evidenti di degrado: intonaci cadenti, erbe infestanti, parapetti danneggiati.

Eppure continua a dominare l’Ombrone, ricordando a chi lo attraversa quanto la storia della Maremma sia legata all’acqua, alla fatica e all’ingegno umano.

Le condizioni del ponte Tura
Le condizioni del ponte Tura

Un monumento da salvare

Il ponte Tura, insieme alla vicina Steccaia, è una delle opere simbolo delle bonifiche grossetane.

Nonostante non svolga più la funzione originaria, rappresenta un patrimonio tecnico, culturale e identitario che meriterebbe attenzione e tutela.

Restaurarlo significherebbe ridare voce alla memoria collettiva di una terra rinata, riconoscendo il valore di chi, con fatica e visione, trasformò la Maremma da palude a ricchezza.

Un appello per la memoria della Maremma

Oggi il ponte Tura è dimenticato, ma la sua immagine continua a raccontare una storia di rinascita, ingegno e coraggio. Salvaguardarlo significherebbe preservare un simbolo della Maremma che lavora, che costruisce e che resiste.

Perché anche tra le crepe di un ponte antico, scorre ancora la forza di un territorio che non ha mai smesso di reinventarsi.

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