Ponte Giorgini, dall'incubo malaria alla ristrutturazione | MaremmaOggi Skip to content

Ponte Giorgini, dall’incubo malaria alla ristrutturazione

2 milioni e mezzo per ristrutturare il ponte Giorgini a Castiglione. Che in realtà sono due, perché il primo, nel 1828, fu ideato per… evitare la malaria
Un’immagine del ponte Giorgini a Castiglione della Pescaia

CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. Approvato all’unanimità in consiglio comunale a Castiglione l’accordo con l’Amministrazione provinciale per l’integrazione alla progettazione esecutiva di riqualificazione di ponte Giorgini.

L’accordo, che disciplina i rapporti tra i due Enti per interventi di manutenzione straordinaria finalizzati al miglioramento delle condizioni statiche e funzionali dei ponti lungo le provinciali 3 del Padule e 158 delle Collacchie, ha ottenuto finanziamenti dal Ministero delle Infrastrutture.

Il ponte Giorgini ha quasi un secolo di vita, essendo stato realizzato nel 1930 dal Consorzio di Bonifica di Grosseto. E inizia a sentire il peso del tempo.

Due ponti, due secoli di storia

E, non tutti lo sanno, in quel punto i ponti in realtà sono due. Anche se del primo, realizzato proprio un secolo prima, fu inaugurato nel 1828, resta poco. E anche le chiuse sono state rimosse.

Chiuse che ora sono nei magazzini comunali. La Soprintendenza aveva chiesto di rimetterle al loro posto, ma avrebbero bisogno di un importante restauro dopo anni alle intemperie.

Il primo ponte fu ideato da Gaetano Giorgini, originario di Montignoso, socio dell’Accademia dei Georgofili e senatore del Regno d’Italia, e fu la prima opera di bonifica avviata sotto Leopoldo II di Lorena in Maremma.

Il ponte Giorgini in una foto di qualche anno fa, quando ancora c'era la struttura metallica
Il ponte Giorgini in una foto di qualche anno fa, quando ancora c’era la struttura metallica

La paura della malaria e la miscela di acqua dolce e salata

L’idea di costruire il ponte munito di tre cateratte a bilico aveva la funzione di evitare che le acque dolci del fiume Bruna e quelle salate del mare si mescolassero. Poiché il Giorgini era convinto che la “miscela” delle due acque fosse la causa principale della malaria, nel 1827, studiò un sistema di separazione dei due flussi acquiferi e inaugurò l’opera nel 1828.

Nel 1898, quando si poté accertare con sicurezza che la causa della malaria era dovuta alla zanzara anofele, cadde anche la credenza popolare che la malattia provenisse dal pattume vegetale palustre.

Il ponte era lungo 26 metri, largo 12 e alto 9. Era costituito da due spalle laterali, tre archi a tutto sesto e due piloni ed era dotato di tre cateratte a bilico, ciascuna dotata di due portoni costituiti da un telaio di ferro rivestito di legno di quercia.

I portoni, che ruotavano su un perno di ferro, venivano chiusi a mano, oppure automaticamente dalla forza della corrente dell’alta marea, impedendo all’acqua di mare di entrare nel padule, mentre venivano invece aperti, durante la bassa marea, dalla forza delle acque del lago che così venivano scaricate in mare.

Una foto storica del ponte Giorgini
Una foto storica del ponte Giorgini

La bonifica voluta da Leopoldo

Con il motu proprio (decisione presa di propria iniziativa, ndr) del 28 novembre 1828, con il quale il granduca Leopoldo II avviava la grande bonifica per colmata della pianura maremmana, venne istituita una «commissione idraulico-economica per la fisica riduzione della Maremma» allo scopo di delineare le linee programmatiche dell’ambizioso programma di lavoro, su modello della deputazione per la Valdichiana distaccata ad Arezzo di Vittorio Fossombroni.

La commissione era composta dal direttore Federico Capei, dal ministro economo Giacomo Grandoni e dall’architetto idraulico Alessandro Manetti

L’ente, che prese il nome di Ufficio di bonificamento delle Maremme nel 1833, dipendeva direttamente dal granduca e la sua istituzione si era resa necessaria dopo la soppressione dell’Ufficio dei fossi e delle coltivazioni, al fine di gestire un ampio territorio costiero che da San Vincenzo arrivava a Capalbio.

Se le mansioni ordinarie erano state trasferite alla nuova Camera di soprintendenza comunitativa, le questioni specificatamente legate alla bonifica idraulica dovevano essere invece gestite da un ufficio preposto, in quanto il granduca «non giudicò conciliabile di commettere la cura e le operazioni della bonificazione grossetana agli ordinari mezzi amministrativi».

A capo dell’ufficio venne posta una direzione idraulica in cui vennero riconfermati Grandoni per la gestione economico-amministrativa e Manetti per quella tecnico-operativa. L’ente requisiva temporaneamente i terreni via via da bonificare, per effettuarvi le operazioni necessarie a spese dello Stato, e poi li restituiva ai proprietari in cambio del pagamento all’erario di compensi stabiliti.

La Direzione idraulica per il bonificamento della Maremma

Dopo la caduta del granducato nel 1859, nella fase del Governo provvisorio della Toscana, l’ufficio cambiò nome in Direzione idraulica per il bonificamento della Maremma e venne nominato direttore dell’ente l’ingegnere Francesco Renard, che faceva capo a Gaetano Giorgini e Antonio Salvagnoli Marchetti, rivali del Manetti e contrari alle teorie del Fossombroni: la colmata venne così abbandonata per alcuni anni in favore della desueta teoria della “separazione della acque salate da quelle dolci”.

In Maremma lavorarono numerosi ingegneri e professionisti provenienti da tutta la Toscana, tra cui  Filippo Passerini, Giovanni Gherardi, Astolfo Soldateschi, Costante Maestrelli, Isidoro Barghini, Gaetano Rosellini, Orazio Bosi, Ferdinando Chini, Lorenzo Frosini, Odoardo Raffanini, Felice Francolini, Baldassarre Marchi e Giuseppe Pianigiani; quest’ultimo aveva raggiunto la Maremma volontariamente in giovane età per studiare sotto al Manetti.

Lo riferisce il Giornale agrario del 1839: «desideroso egli di assistere a qualche pratica applicazione degli studi da lui fatti, accorse volontario in Maremma, ove gli venne dato l’incarico di varie ricerche nella potenza, e portata dei fiumi, e canali influenti nel padule di Castiglione, e continuando fino al 1832 poté avere molta parte all’assistenza di alcuni lavori preordinati al bonificamento di quella Maremma».

L’ultima figura di rilievo al servizio dell’ente fu l’ingegnere Francesco Renard, che sostituì il Manetti nella dirigenza a partire dal 1859.

Nappi: «Un’opera fondamentale per Castiglione»

«Ristrutturare e riqualificare ponte Giorgini – dichiara la sindaca Elena Nappi – significa dare stabilità e maggiore sicurezza sia ai nostri concittadini che ai tanti visitatori che raggiungono il nostro territorio».

«Questo ponte rappresenta il collegamento principale e nevralgico per la percorribilità del nostro capoluogo che aveva bisogno di un intervento così importante del quale ringrazio la Provincia per il progetto di consolidamento proposto per questa determinante infrastruttura, a dimostrazione dell’interesse comune nel voler migliorare il transito e la sicurezza sulla viabilità provinciale. A lavori completati come Comune siamo disponibili all’acquisizione del bene al patrimonio comunale sostenendo gli oneri della manutenzione». 

Con questo intervento la Provincia si occuperà dell’adeguamento sismico e il miglioramento della parte strutturale di ponte Giorgini mentre il Comune da parte sua provvederà all’abbattimento delle barriere architettoniche dei marciapiedi pedonali e il miglioramento degli accessi al ponte.

L’incarico di progettazione esecutiva è stato affidato dalla Provincia a professionisti esterni dello Studio IDS di Santarcangelo di Romagna.

«Un grosso intervento – spiega l’assessora Susanna Lorenzini – per un investimento totale di oltre 2 milioni e mezzo. Come Comune abbiamo colto l’opportunità di questo progetto per integrare i lavori di nostra competenza, e risolvere uno dei problemi più insistenti della nostra viabilità, relativi appunto all’abbattimento delle barriere architettoniche del marciapiede pedonale lato mare e lato monte e delle altre uscite dal ponte».

L’opera verrà realizzata e finanziata dalla Provincia di Grosseto, con stanziamenti negli anni 2024 e 2025, e le spese da parte del Comune si adegueranno a tale crono programma, così da ottimizzare sia le risorse che i tempi di attuazione dei lavori.

 

 

 

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