Pecore uccise dai lupi, il pastore: «Rassegnato, neppure denuncio più» Skip to content

Pecore uccise dai lupi, il pastore: «Rassegnato, neppure denuncio più»

Altre 8 pecore uccise dai lupi nell’azienda di Giuseppe Zizi a Preselle, sono 50 da ottobre. La Cia: «Ridurre il numero dei predatori»
Altre 8 pecore uccise dai lupi nell'azienda di Giuseppe Zizi a Preselle, sono 50 da ottobre
Altre 8 pecore uccise dai lupi nell’azienda di Giuseppe Zizi a Preselle, sono 50 da ottobre

PRESELLE. Otto pecore uccise dai lupi, ancora nell’azienda di Giuseppe Zizi, a Preselle. Cinquanta in pochi mesi. Ancora una volta resta solo l’amarezza per la perdita del frutto del proprio lavoro. Al punto che i pastori neppure denunciano più, tanto non serve a niente.

«Il pastore contemporaneo si trova oggi nel paradossale ruolo di essere il garante del lupo, si è trasformato infatti da custode del gregge a fornitore involontario di cibo per i predatori. In passato, la pastorizia rappresentava una prospettiva di futuro per le famiglie e le generazioni successive, offrendo opportunità di studio e sicurezza economica. Oggi la stessa attività è diventata un’ardua sfida  finanziaria».

Giuseppe Zizi, titolare di una storica azienda nella Maremma, esprime il suo sgomento dopo l’ennesimo attacco alle sue pecore.

Zizi: «Amarezza e delusione, neppure denuncio più»

«Non riesco più a provare amarezza, ma solo profonda delusione. Ho implementato tutte le precauzioni per evitare gli attacchi, ma da ottobre scorso ogni settimana registriamo almeno uno o due episodi di aggressione. Complessivamente, oltre 50 pecore sono state sbranate, causando un danno ingente che è impossibile recuperare».

L’ultimo attacco, verificatosi venerdì, ha portato alla perdita di 8 capi lasciando sul prato carcasse spolpate e animali colpiti a morte.

«A volte non avverto nemmeno le autorità competenti – commenta Zizi- tanta è la mia rassegnazione e la certezza che non serve a nulla, perché l’aggressione non termina con la conta delle pecore morte o agonizzanti, ma con la conta dei danni indiretti che sono ingentissimi: pecore terrorizzate, aborti e una diminuzione della produzione di latte».

«La pastorizia era un’arte intrinseca alla Maremma, un’attività che ha consentito di presidiare il territorio e ora sta subendo un lento processo di disintegrazione. Il patrimonio ovino è destinato a scomparire,  lasciando dietro di sé solo tracce di una tradizione che qualcuno sembra intenzionato a voler fermamente cancellare. E nello sgomento sta un altro sgomento- conclude – che tutto questo non sembra davvero interessare a chi dovrebbe tutelarci o sostenerci”.

La Cia Grosseto: «Ennesimo episodio di una lunga serie»

«L’attacco recente all’allevatore Zizi rappresenta l’ennesimo episodio di una lunga serie e, come Cia Grosseto, esprimiamo, ancora una volta, la solidarietà verso questo agricoltore».

«Questo dolore non è solo formale, poiché da anni interveniamo, ovunque possibile, per sollevare l’ormai non più gestibile problema dei predatori. Una battaglia senza sosta nonostante le ostilità che abbiamo trovato lungo il cammino perché consapevoli della tragedia quotidiana vissuta dai nostri pastori».

Claudio Capecchi presidente Cia Grosseto non usa mezzi termini per ricordare quanto impegno è stato profuso in questi anni a fianco degli allevatori.

«Nel 2019 con un importante convegno, e successivamente in ogni altra occasione,  abbiamo ribadito la necessità di intervenire per salvare il settore, ma così non è stato e oggi la situazione è insostenibile nella nostra terra». 

Capecchi: «Aiuti subito e ridurre il numero dei lupi»

«Per affrontare questa sfida, sono necessari due approcci – spiega Capecchi- Inizialmente, dobbiamo fornire un supporto immediato alle aziende agricole per compensare le perdite e i costi gestionali, stimati intorno a 50-60 euro per ogni pecora all’anno. Le risorse dovute non devono però gravare sui fondi di sviluppo rurale, ma devono essere reperite altrove, ad esempio attraverso un contributo dalla collettività. In caso contrario, gli stessi agricoltori sarebbero costretti a coprire i danni subiti».

«Il secondo approccio deve necessariamente  mirare a contenere il numero dei predatori. È dunque essenziale riconsiderare la Direttiva Habitat per ridurre significativamente il numero di grandi carnivori, lupi o ibridi».

«Un passaggio cruciale questo, che però richiede tempo. Nel frattempo, è essenziale fornire un concreto supporto finanziario alle aziende, assegnando i 50-60 euro precedentemente menzionati per  sostenere gli allevatori costretti ad aumentare le spese per proteggere il proprio bestiame e garantire la loro sopravvivenza».

«Infine – conclude Capecchi – attendiamo l’analisi scientifica per la revisione della Direttiva Habitat da parte dell’Europa, che sta valutando la possibilità di maggiore flessibilità e un “downgrading” dello status di protezione».

«Nel frattempo, poiché la legge lo consente, chiediamo l’applicazione della deroga contenuta nella Direttiva Habitat per ridurre, in modo coerente, il numero dei predatori nelle zone  considerate ad alto  rischio».

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