Omicidio di Cernaia: «Il colpo non è stato accidentale» | MaremmaOggi Skip to content

Omicidio di Cernaia: «Il colpo non è stato accidentale»

Il fucile imbracciato dall’impiegato che ha ucciso il giovane spacciatore non poteva funzionare come un semiautomatico e sparare due cartucce in sequenza
Il pm Melchionna a Cernaia
Il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna a Cernaia

GROSSETO. «Ha sparato volontariamente, il colpo non può essere partito accidentalmente». Sono queste le conclusioni al quale è arrivato Antonio Balzi, consulente della procura, incaricato di ricostruire la sparatoria avvenuta la sera del 20 agosto 2020, quando Filippo Guerra sparò e uccise Dakir Abdelilah, lo spacciatore che aveva incontrato nella strada di Cernaia

Il fucile non poteva sparare due cartucce in sequenza

Il fucile imbracciato da Guerra, un Remington che apparteneva a suo padre, non funzionava perfettamente. E per questo, sui bossoli trovati vicini al corpo del giovane marocchino, non è rimasta traccia del dente di arresto. È stata questa la difficoltà maggiore riscontrata da Claudio Gentile, esperto balistico incaricato dal tribunale per chiarire alcuni aspetti sul funzionamento dell’arma. 

L'avvocato Lorenzo Mascagni e il pm Giampaolo Melchionna
L’avvocato Lorenzo Mascagni e il pm Giampaolo Melchionna

Mercoledì 30 marzo, nell’aula d’assise del tribunale di Grosseto, il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna ha ripercorso insieme al tecnico, consulente anche nel processo per la morte di Carlo Giuliani durante gli scontri del G8 di Genova, tutte le fasi delle analisi svolte sull’arma. 

«Se fossero state inserite due cartucce, due colpi in sequenza come ha detto Guerra – ha spiegato il consulente alla corte d’assise presieduta da Laura Di Girolamo con il giudice Marco Bilisari –  quel segno del dente di arresto sarebbe stato presente su uno dei due bossoli. Il fucile avrebbe quindi potuto sparare i due colpi in sequenza». Invece, così come è stato trovato dalla polizia, quell’arma non avrebbe funzionato come un semiautomatico.

Smontata la ricostruzione dell’imputato

Filippo Guerra, quando è stato sentito in tribunale, ha spiegato ai giudici della corte d’assise che il secondo colpo, quello che avrebbe colpito e ucciso il ragazzo, era partito accidentalmente. Una spiegazione questa, che avrebbe ovviamente permesso all’uomo di alleggerire la sua posizione. «Ogni volta che faccio un’analisi – ha detto in aula  il perito – cerco sempre di dimostrare l’innocenza dell’imputato. Ma in questo caso, il fucile non poteva sparare due colpi».

L’arma sequestrata infatti, non era perfettamente funzionante: dopo il primo colpo, quello sparato contro la bottiglia sdraiata per provare il fucile, l’impiegato 50enne difeso dall’avvocato Lorenzo Mascagni, avrebbe caricato a mano di nuovo il fucile – operazione che, ha spiegato il perito, poteva essere fatta in due minuti al massimo – e avrebbe sparato questa volta contro Dakir.

La corte di assise del processo
La corte di assise del processo

Al fucile mancava la maniglia di armamento: dopo il primo colpo, l’arma si sarebbe inceppata. E Guerra, non avrebbe nemmeno potuto ricaricare l’arma dal basso, come aveva sostenuto in aula durante il processo. «Sarebbe stato troppo complicato farlo – dice il Gentile – Per fare quell’operazione ci vogliono almeno venti minuti». Due restano quindi le ipotesi plausibili: o Guerra ha utilizzato qualcosa per riprodurre la manetta d’armamento (ad esempio un mini cacciavite) oppure ha ricaricato a mano il fucile. 

«È impossibile che abbia sparato il secondo colpo inavvertitamente – aggiunge Balzi – l’asse della canna del fucile era rivolta verso il volto dell’uomo, il colpo è stato sparato da destra. Se l’arma fosse stata in mano a Dakir, come raccontato da Guerra, e lui dopo averlo disarmato aveva ripreso il fucile, non sarebbe riuscito a ricaricarlo. Ha spiegato di aver avuto paura ma se questo fosse stato vero, non avrebbe messo un’altra cartuccia in canna. Ciò significa che quel colpo è stato sparato volontariamente». 

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