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Miele: ci sono più apicoltori ma crolla la produzione

La stagione prometteva bene ma il maltempo ha fatto lievitare i costi di gestione, tagliando la produzione di aprile-maggio fino all’80%
Miele
Un barattolo di miele

GROSSETO. L’apicoltura cresce in Maremma e la stagione era promettente con fioriture belle, abbondanti e profumate. Ma gli effetti dei cambiamenti climatici stanno determinando una riduzione della produzione e un aumento dei costi di gestione.

Il freddo, il vento, la grandine e la pioggia che sono calate a maggio sulle campagne hanno rimesso tutto in discussione. Per l’acacia e per le raccolte primaverili si stima una perdita di produzione tra aprile e maggio anche del’80%.

Crescono i produttori di miele ma non la produzione

A lanciare l’allarme è Coldiretti Grosseto, preoccupata per il clima pazzo che ha moltiplicato gli eventi estremi tagliando la produzione di miele. «Il settore cresce e questo è decisamente un buon segnale ma deve anche fare i conti con l’andamento instabile delle produzioni, molto legato al cambiamento climatico. Senza produzione la sostenibilità economica delle aziende è in pericolo. – spiega l’associazione di settore – L’avvio della stagione delle fioriture è stato promettente, poi è arrivato il passo falso della primavera e l’abbassamento delle temperature proprio quando le api stavano raccogliendo il nettare».

«La combinazione di siccità, gelate tardive ed eventi estremi stanno avendo effetti negativi sul prossimo raccolto e quindi sulle imprese agricole che non producono solo miele, polline, propoli ma sono presidi fondamentali per la salvaguardia della biodiversità» precisa Coldiretti Grosseto. 

Api al lavoro miele
Api al lavoro

Le api in difficoltà sono un rischio grave per la biodiversità: quelle domestiche e quelle selvatiche sono responsabili del 70% della riproduzione di tutte le specie vegetali. Sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e aiutano il lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. «Infatti – prosegue Coldiretti Grosseto – ben 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api. Tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni secondo la Fao».

Freddo e pioggia: le api hanno iniziato a mangiare le scorte

Il ritorno del freddo ad aprile, seguito dalla lunga ondata di perturbazioni con piogge abbondanti e diffuse hanno rovinato i fiori e rallentato la vita nell’alveare.

Le api, scoraggiate nell’andare a caccia di fiori e nettare, hanno iniziato a cibarsi delle scorte. Costringendo gli apicoltori ad intervenire con la nutrizione di emergenza per evitarne la morte.

«L’acacia è la fioritura che è stata più penalizzata – spiega Silvia Ferri, apicoltrice di Pitigliano che dal 2016 insieme alle due sorelle gestisce l’azienda FraTenuti – Non potendo uscire a causa della pioggia le api hanno dovuto consumare il miele presente nel melario per sopravvivere. La produzione fino a qui è scarsa: il 70% in meno rispetto allo scorso anno. Ma c’è ancora margine per recuperare almeno in parte la stagione».

Miele d'acacia uno dei più diffusi
Miele d’acacia uno dei più diffusi

Anche vicino alla laguna di Orbetello la stagione del miele è tutta da scrivere. Anche se nella zona costiera l’andamento sembra migliore per il miele erica, millefiori a base di erica o altre fioriture di macchia mediterranea. «È una stagione potenzialmente buona nella mia zona – spiega Sergio Stipa de La Fattoria Il Poggiolo che aderisce alla rete di Campagna Amica – Quello che sto notando è una sciamatura inusuale che si vede ogni dieci anni e che complica la gestione degli apiari. Punto tutto sulle fioriture di giugno e luglio come il millefiori, il trifoglio, il girasole e il castagno per una buona produzione di miele».

Attenzione alle etichette

Nonostante i numeri dei produttori siano in forte aumento (750 apicoltori nel 2023 contro i 409 nel 2016) e i 1.637 apiari censiti dal sistema informativo veterinario, il miele in Italia continua a essere scarso. Questo costringe nostro Paese ad importarne grandi quantità dall’estero in particolare da Ungheria, Argentina, Spagna e Cina. «Per evitare di portare in tavola prodotti esteri, spesso di bassa qualità – consiglia Coldiretti Grosseto – è bene fare attenzione all’origine in etichetta. Oppure ugnnou può rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica».

Miele: attenzione alle etichette
Attenzione alle etichette

«Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti – dice l’associazione – La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione europea, l’etichetta – continua Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei singoli Paesi»

«Se invece proviene da Paesi extracomunitari – precisa Coldiretti Grosseto – deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi». 

Acacia e millefiori le varietà di miele più diffuse

In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api. «Dal miele di acacia al millefiori, che è tra i più diffusi – dice Coldiretti Grosseto – da quello di arancia a quello di castagno più scuro e amarognolo, dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino».

«Nel nostro paese si stima un consumo pro-capite annuo di 500 gr – conclude Coldiretti – il 35% in meno della media europea secondo Ismea, ma ben il 40% in più di quello che gli italiani consumavano negli anni ’80».

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