GROSSETO. Un anno e cinque mesi di reclusione con la sospensione condizionale subordinata, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, al pagamento del risarcimento all’ex moglie di 10.000 euro.
È questa la sentenza emessa dal giudice Marco Bilisari, durante l’udienza che vedeva sul banco degli imputati un esponente politico maremmano di 55 anni, difeso dall’avvocato Carlo De Martis. In aula il vice procuratore onorario Massimiliano Tozzi.
Di lui non pubblichiamo il nome, per tutelare l’identità dell’ex moglie, con la quale è stato sposato a lungo. La coppia ha un figlio.
L’ex moglie del 55enne, assistita dall’avvocata Patrizia Pagano, si era costituita parte civile.
«Noi, donne vittime due volte»
Si erano frequentati per un anno, prima di sposarsi. Ma da subito, il cinquantacinquenne aveva cominciato a controllarla. Un controllo ossessivo, sugli orari di spostamento e i turni di lavoro, sui rapporti interpersonali privati. Guardava con chi parlava sul suo cellulare, a chi inviava i messaggi. Voleva sapere cosa dicesse ai suoi familiari, agli amici e ai parenti. A casa poi, aveva installato una web cam. Atteggiamenti ai quali si affiancavano, sempre più spesso, minacce e umiliazioni, anche davanti ad altre persone.
Bastava che il bucato in lavatrice non fosse perfetto per farlo infuriare. Dalle minacce, poi, il cinquantacinquenne era passato ai fatti. Tra il 2011 e il 2018, la procura aveva contestato all’uomo tre episodi di violenza: un trauma alla piramide nasale a causa di uno schiaffo, uno alla colonna dorsale per averla sbattuta contro un armadio, uno strattonamento violento. Atti ai quali spesso si accompagnavano frasi d’amore.
Una situazione andata avanti dal 2011 al 2017, che peggiorava in estate, quando i due, che mandavano avanti un’attività insieme, vedevano il lavoro aumentare.
«40 anni, laurea, un lavoro di tutto rispetto, maltrattamenti e violenze domestiche da oltre 10 anni, una separazione difficile ancora non conclusa, un figlio piccolo tra gli 8 e i 12 anni: è questo purtroppo l’ identikit della donna maltrattata italiana secondo l’ultima interrogazione parlamentare portata all’ attenzione dell’onorevole Amato. Donne vittime due volte, della violenza fisica ma soprattutto psicologica dei propri ex e purtroppo di un sistema che non riconosce ancora i diritti di chi cerca di scappare dalla violenza, specialmente se ci sono minori di mezzo. Tutto questo ha un nome: vittimizzazione secondaria». Sono le parole della donna, dopo la sentenza.
Parole che non parlano di lei e della sua vicenda, ma di tutte le donne vittime di violenza. Vittime due volte: vittima delle botte, ma anche dell’idea che quella violenza fosse un gesto quasi di affetto. Lei lo aveva pensato: aveva raccontato quelle violenze al medico dell’ospedale che l’aveva visitata, cinque anni prima di chiedere la separazione. Si era poi rivolta al Centro antiviolenza Olympia de Gouges, ma senza denunciarlo. Era tornata dai suoi genitori ma poi aveva fatto marcia indietro: era innamorata e credeva che lui potesse cambiare.
«Le botte passano, l’umiliazione no»
Umiliazioni continue. Andate avanti per anni, prima in casa, poi in aula. «La strada è ancora lunga, ancora c’è da affrontare la separazione – dice la donna – e soprattutto il rapporto con nostro figlio, ma ad una donna maltrattata non importano pena o risarcimento: vogliono solo essere lasciate in pace di poter vivere liberamente e dignitosamente la propria vita. Perché le botte, le ferite col tempo passano, sono quelle psicologiche che ti rimangono per sempre nell’ anima».
La donna, ha affrontato tutto questo, grazie al supporto del centro anti violenza di Grosseto. «Non ce l’avrei mai fatta senza l’aiuto del centro antiviolenza Olympia de Gouges, senza l’aiuto della mia famiglia, di tutti i miei amici, le associazioni presenti sul territorio e il sostegno della mia avvocata, Patrizia Pagano che mi ha assistita sia nel civile che nel penale – aggiunge – perché purtroppo la realtà è questa: anche se sei tu la vittima devi continuare a difenderti dalle accuse che ti vengono fatte, perché loro sono bravi a ribaltare la realtà anche di fronte a chi dovrebbe in primis tutelarti e difendere te e i tuoi figli».
Ora, il primo grado di giudizio si è concluso: «Alle donne che subiscono ancora quello che ho passato io mi sento di dire – aggiunge – non vergognatevi di parlare di ciò che subite, non sentitevi in colpa, non è vostra la colpa ma di chi vi tratta così, il percorso è lungo e sofferto ma alla fine la verità viene sempre a galla».
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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