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L’appello del Pd: «Fermate la festa di Casapound»

L’Unione comunale dei democratici stigmatizza l’accondiscendenza della giunta nei confronti dell’associazione: «Contenuti che riportano direttamente al fascismo»
Una passata edizione della festa di Casapound

GROSSETO. Puntuale, ogni anno arriva la festa nazionale di Casapound. E ogni anno, la manifestazione porta con sé polemiche e proteste. Questa volta è l’Unione comunale del Pd a intervenire sul raduno. 

«Ormai da qualche anno il nostro territorio è il luogo dove si svolge il raduno nazionale di Casapound – si legge nella nota dell’Unione comunale del Pd – un’associazione che già da tempo ha mostrato di richiamarsi al periodo più buio della storia del nostro Paese. L’esibizione di contenuti che riportano direttamente al fascismo, il richiamo antidemocratico ad idee di sopraffazione e violenza deve trovare una condanna unanime da parte di tutti i partiti dell’arco costituzionale».

L’accondiscendenza della giunta

«Intolleranza, violenza, prevaricazione sono gli pseudovalori di questa sedicente associazione – dicono ancora i democratici – che proprio in questi giorni balza agli onori delle cronache per aver aggredito un giornalista che svolgeva il proprio lavoro. Non è accettabile che detto movimento non sia fuorilegge, non è accettabile che la giunta di Grosseto, in passato ma anche oggi, abbia un comportamento accondiscendente verso tali soggetti che hanno (pseudo) valori incompatibili con la democrazia. Non è accettabile che il fine di una associazione sia la violenza».

La libertà di manifestazione del pensiero è un valore assoluto ma che non può prescindere dal rispetto dei valori costituzionali «ed il fascismo, in tutte le sue forme – scrive l’Unione comunale del Pd – è contrario ai contenuti della nostra Costituzione: non può essere un valore la negazione della democrazia e per questo ci impegneremo perché quella manifestazione non si tenga. Auspichiamo una netta presa di posizione da parte della società civile per far capire chiaramente che i fascisti non hanno diritto di cittadinanza nel nostro Paese».

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