GROSSETO. Quando Gianni Lamioni si toglie giacca e cravatta chiudendo porte e finestre agli affari, subisce una trasformazione molto vicina al duo Clark Kent – Nembo Kid. Il diplomatico imprenditore, dunque, lascia il posto al tifoso, quello che vede viola ovunque, gigli in ogni angolo, la curva Fiesole all’orizzonte, lo stadio Franchi in ogni nuvola. E, sarà un caso, la figlia si chiami Viola.
Il patron biancorosso ha anche una voce diversa quando parla della Fiorentina, ci si riconoscono sfumature di calcio antico dal saporito retrogusto di moderno.
A quando risale la sua prima esperienza sulle tribune?
«La prima partita che ho visto allo stadio è stata Fiorentina – Cagliari 0-1. Era il novembre del 1969, avevo 6 anni. Indimenticabile, rimasi affascinato da quel colore viola, e lo sono anche adesso che di anni ne ho 60. Ma l’amore per questa squadra e il calcio non ha età».
Come vive le partite della Fiore?
«Quando la partita che guardo è in bilico non riesco a contenere la tensione. Allora mi alzo, cammino, mi fermo, riparto, mi siedo e mi rialzo. Un calvario. Se la Viola perde sto malissimo almeno due giorni. Se il risultato è stato positivo non vado mai a a dormire. Guardo e ascolto qualsiasi tipo di trasmissione, rivedo le reti, registro mentalmente le voci dei protagonisti. Insomma mi godo la vittoria fino allo stremo. Per 20 anni ho fatto l’abbonamento per la Fiore e continuo a frequentare il Franchi. L’unico motivo che mi impedisce di esserci è il Grosseto. Scelgo sempre e comunque il Grifone».
Lamioni, un “adolescente” in tribuna
Praticamente un adolescente…
«Sicuro! È un comportamento da ragazzi. Con l’età certe passioni dovrebbero affievolirsi, indebolirsi. Nel mio caso è l’inverso e mi aiuta molto la vicinanza di mio figlio. Ha 22 anni, in pratica ci auto-alimentiamo di viola. Il 19 agosto saremo al Ferraris a vedere Genoa – Fiorentina per l’esordio in campionato. Quindi è lapalissiano quanto sia gratificato dal fatto di essere sponsor della viola con la mia Holding. A volte i sogni diventano realtà».
Comunque tifare prima di tutto significa dover patire
«È la prima regola. Al ritorno da Praga, dove avevamo perso la finale di Conference League contro il West Ham in maniera atroce, mio figlio ha detto “Babbo, la Fiorentina ha perso la coppa, con il Grosseto abbiamo sofferto le pene dell’inferno per salvarci, che ne dici se iniziamo a vincere con entrambi?”. La mia risposta la lascio alla vostra fantasia».

70 anni, ho viaggiato sulla carta stampata, ho parlato alla radio e alla televisione.
Ora ho la fortuna e il privilegio di scrivere online su maremmaoggi.net.
Come lavagna uso il cielo.
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