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L’allarme dell’attore: «Salviamo i pini»

Grossetano, vive a Bruxelles da 20 anni ma è innamorato di Marina di Grosseto. «Dopo l’incendio, in pineta c’è ancora il vuoto»
I pini a Marina di Grosseto
I pini a Marina di Grosseto

MARINA DI GROSSETO. «I pini di Marina di Grosseto stanno morendo. Sono vent’anni che li vediamo ammalarsi, agonizzare e morire. La causa? Un parassita, ci hanno detto, che li uccide, come una peste». Sono queste le parole dell’attore grossetano Francesco Italiano che vive e lavora a Bruxelles da 20 anni e che trascorre ogni anno le vacanze a Marina di Grosseto. Il suo è un grido d’allarme, per salvare la pineta. 

Francesco Italiano
Francesco Italiano

Attore di teatro, Francesco ha studiato al liceo classico Carducci Ricasoli. Ha una laurea in Lettere moderne conseguita a Roma Tre ed è diplomato alla scuola di teatro del Piccolo di Milano.

Edilizia selvaggia e rispetto della natura

Zona nord di Marina di Grosseto. È dalla parte di cittadina balneare che si trova tra il campeggio Rosmarina e viale Montecristo che parte l’allarme lanciato da Italiano. «È una zona che dagli anni Novanta è stata vittima di progetti edilizi sproporzionati: palazzine di decine di miniappartamenti hanno preso il posto di abitazioni più modeste – scrive –  Tuttora gran parte di questi appartamentini restano sfitti durante tutto il periodo estivo. Invece, laddove l’edilizia è stata più rispettosa della vegetazione e i pini restano più fitti, la “peste” non è ancora arrivata, ha meno presa in ogni caso, come se l’unione (dei pini) facesse la forza».

È nelle strade dove sono stati tagliati i tronchi, in alcuni casi ricoperti dall’asfalto, che si hanno i problemi maggiori. «Non c’è più nemmeno la memoria di dove fossero situati i vecchi pini e i privati cercano di arrangiarsi come possono piantando al loro posto nuove essenze – dice –  In Francia questo genere di pino lo chiamano “Pin parasol”, una sorta di ombrellone naturale, maestoso, che ci protegge dal sole, che ospita certo le cicale, i cui decibel, se ti ci abitui, conciliano la pennichella pomeridiana. Sui cui rami non era raro vedere anche ghiandaie, scoiattoli e, la notte, udire i richiami dell’assiolo».

L’appello alle istituzioni: «Investite nel ripristino»

Ora, nelle case dei marinesi, ci sono tende, ventilatori, ombrelloni. «Tutti “made in China” – aggiunge – e il rumore delle cicale si fa sempre più lontano, coperto, si fa per dire, dal grugare della tortora. Insomma, ormai sembra più di stare a Grosseto-città che a Marina. Cosa dire delle radici sporgenti? Sono antipatiche certo perché rompono asfalto e muretti, ma non posso non vederci una sorta di metafora di una natura che si ribella contro la cementificazione scriteriata. Ormai sono dieci anni che una grande porzione di pineta è bruciata all’entrata di Marina. Al suo posto, dopo dieci anni, c’è ancora il vuoto, una radura triste, come una cicatrice mai rimarginata. Un patrimonio del genere che si lascia deperire non è solo una perdita estetica, affettiva e paesaggistica ma anche una peculiarità ambientale che rappresenta per queste località balneari un vero valore aggiunto. Cosa aspettano le autorità locali a stanziare fondi per contenere questo processo degenerativo, per finanziare studi approfonditi e attuare politiche ambiziose di tutela, di prevenzione e di ripristino quanto mai urgenti in quest’epoca in cui i cittadini sono sempre più sensibili ai problemi legati all’azione devastante dei cambiamenti climatici? Beninteso, parlo da profano, non sono un esperto di botanica né di urbanistica, sono un semplice “stagionale”, un grossetano emigrato all’estero fedele a Marina. Quello che vorrei è solamente più ambizione per la mia terra. Sento infatti che l’inerzia che circonda questo problema sa di rassegnazione e rassegnarsi costituisce oggi, per me, un errore politico oltre che un atteggiamento anacronistico e irresponsabile».

 

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