SCANSANO. «Ho fatto la quinta elementare e l’esame di ammissione alle medie, poi mi stufai e dissi a mia mamma che volevo smettere. Lei non fece una piega, c’era già mio fratello che studiava, e mi mandò a imparare a cucire». Luciana Bellini, pluripremiata “scrittrice contadina”, autrice vulcanica in dialetto, autentico fenomeno della cultura popolare si racconta così, con disarmante semplicità e autoironia.
Come se tutti quei premi li avesse vinti qualcun altro, come se i suoi pezzi non venissero rappresentati in teatro, come se non fosse stata oggetto di tesi di laurea, intervistata da Carmen Lasorella e non si fosse confrontata con Piera Degli Esposti.
E in questa straordinaria schiettezza c’è tutta la sua forza esplosiva.
«Il diploma di terza media poi l’ho preso – continua – ma alle scuole serali, dopo che mi ero sposata e tanto per fare. Infatti, a chi me lo chiede, dico che ho la quinta elementare.

Il “mestiere finito” e il salto dalla terra alla penna
76 anni, nata a Scansano, da 35 anni vive con il marito Elvo in un podere dell’Ente Maremma a Pomonte, in mezzo alle colline del Morellino. Tre figli, cinque nipoti, una vita intera dedicata alla famiglia e al lavoro. Ignara di avere tanto talento, fantasia e memoria per ricordarsi le storie che ha sentito raccontare e che a sua volte regala ai lettori, ha iniziato a scrivere per caso.
«A un certo punto mi sono trovata a 50 anni suonati – riprende Luciana – con i figli grandi e il “mestiere finito” (che è il titolo di un suo libro, ndr), ovvero meno lavoro, anche se in campagna c’è sempre da fare. Ho cominciato così a buttare giù pensieri e ricordi, tanti, scrivendo a mano. Le parole venivano da sole come un fiume e senza saperlo mi sono psicoanalizzata. Dentro ai miei racconti ho messo tutti i miei ricordi, belli e brutti, momenti di gioia e di dolore, come la morte di mio padre quando ero poco più che una bambina».
E soprattutto tante storie di vita vera, vissuta, raccontate dalla mamma, dalla nonna, scritte quasi esclusivamente in dialetto maremmano. Il suo primo libro “Racconti raccontati”, pubblicato da Morelli editore 25 anni fa, fu subito un successo. E Luciana, che lo aveva scritto a penna, lo dettò parola per parola a una ragazza che lavorava per la casa editrice.
Il “maremmano” lingua madre
Luciana scrive come parla, come ha sempre parlato: in maremmano. «Mica posso mettere -are, -ere, -ire in bocca ai miei personaggi – dice – che sono per lo più persone di campagna e di paese, anziani vissuti prima di me che sono anziana. Scrivere i loro dialoghi in italiano non avrebbe senso. Io scrivo d’istinto». E pubblica storie incredibili, Luciana, che hanno trasformato i suoi libri in un continuo successo, locale prima, nazionale poi, tanto da vincere un premio dopo l’altro.
E arrivare anche in teatro, grazie all’interesse del Teatro studio, la compagnia grossetana che ha rappresentato tante delle sue storie e che l’ha spinta a scrivere ancora. Di recente un’altra compagnia la Ensarte ha portato in scena, al teatro del Costone, a Siena, uno spettacolo intitolato “Per una manciata di donne e terra”. Tutto ispirato ai racconti della raccolta “La terra delle donne” pubblicato nel 2004 da Stampa alternativa. E che sarà rappresentato di nuovo tra qualche mese a Scansano.
«I libri mi hanno aperto un mondo»
Il rapporto di Luciana con i libri è molto stretto, lei stessa è un’accanita lettrice. Li compra, li prende in prestito alla biblioteca, ama averli in casa, rigorosamente di carta. L’Ultimo che ha letto è “Cambiare l’acqua ai fiori” di Valerie Perrin.
«Mi è sempre piaciuto leggere, ma in casa mia di libri ce n’erano pochi. Quando a mio fratello regalarono “I promessi sposi”, lui nemmeno lo aprì, ma io, che avevo 10-11 anni, lo lessi tutto. I libri mi hanno aperto un mondo, ho viaggiato con loro, pur non a allontanandomi mai dalla Maremma».
Così scrivere è diventato naturale come leggere. E infatti dopo le prime fatiche scritte e penna, Luciana si è dotata di un computer usato e ha imparato a battere sulla testiera. Ha aperto i cassetti pieni di manoscritti, poesie e racconti inediti, che hanno visto la luce per la prima volta sul finire degli anni ’80, sul mensile “Tutto Maremma” edito da Carlo Morelli e diretto dalla giornalista Claudia Cencini.

Dopo quel primo “Racconti raccontati” del 1998, sono arrivati:
- C’è una volta la Maremma (Stampa Alternativa, Viterbo, 2001)
- La Capitana (Stampa Alternativa, Viterbo, 2003)
- La terra delle donne (Stampa Alternativa, Viterbo, 2004)
- Bellini queste lettere (Stampa Alternativa, Viterbo, 2005)
- Detti e Ridetti (Stampa Alternativa, Viterbo, 2007)
- La cittina (Stampa Alternativa, Viterbo, 2009)
- Il mestiere finito (Editrice Laurum, Pitigliano, 2012)
- Tre pezzi 100 lire (C&P Adver Effigi, Arcidosso, 2013)
- Parole senza capo né coda (C&P Adver Effigi, Arcidosso, 2017)
- Donne di Maremma (C&P Adver Effigi, Arcidosso, 2021).
Il premio La Ginestra di Firenze, per “Donne di Maremma
Praticamente un libro ogni due anni, fino all’ultima fatica, fresca di terzo posto al premio letterario La Ginestra di Firenze. E anche questa volta, sono protagoniste le donne.

Ma c’è in cantiere anche un’altra opera, che ha un titolo e che è in parte già scritta: “La buon’anima di Meco”, «le chiacchiere tra paesani durante una veglia funebre, che svelano poco a poco storie, aneddoti e anche lati nascosti del morto», spiega Luciana: Meco appunto.
I libri di Luciana fanno ridere, fanno piangere, fanno pensare. Ma lei è rimasta quella di sempre. Una piccola grande donna nata scrittrice senza saperlo.

Redattrice di MaremmaOggi
Laurea in Lettere moderne, giornalista dal 1995. Dopo 20 anni di ufficio stampa e altre esperienze nel campo dell’informazione, sono tornata alle “origini” prima sulla carta stampata, poi sulle pagine di MaremmaOggi
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