SCARLINO. Il biossido di titanio per il suo alto indice di rifrazione è usato principalmente come pigmento bianco nelle vernici, nelle materie plastiche e nel cemento da costruzione, oltre ad essere ampiamente impiegato anche nel settore farmaceutico e in quello alimentare.
La sua fortuna è stata però altalenante nel tempo, tanto che nel 2019 il comitato per la valutazione dei rischi dell’agenzia europea per le sostanze chimiche, l’Echa, sospettava che tale sostanza fosse cancerogena per l’uomo.
Oggi una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea mette un punto sulla questione, confermando l’annullamento della classificazione del biossido di titanio in polvere, sotto alcune forme, come sostanza cancerogena.
La notizia interessa in modo particolare la zona delle Colline Metallifere proprio perché lo stabilimento di Scarlino – attivo dal 1972 e oggi fermo come produzione – era diventato un punto di riferimento come produttore e distributore globale di prodotti chimici comprendenti un’ampia gamma di pigmenti e additivi, tra cui, appunto, anche il biossido di titanio.
«Si tratta di una notizia importante che va a smentire le tante falsità pronunciate nei confronti di questo prodotto – afferma il Emanuele Cascioli, rappresentate Rsu per la Femca Cisl – Affermazioni che hanno contribuito a creare problematiche alla nostra azienda e al polo industriale. Speriamo – conclude – che non sia ormai troppo tardi».
I sospetti sull’additivo bianco
Nel 2016 l’Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail (agenzia nazionale per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro; ANSES, Francia) ha presentato all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) una proposta di classificazione del biossido di titanio come sostanza cancerogena per inalazione.
L’anno seguente, il comitato per la valutazione dei rischi (Committee for Risk Assessment, RAC) dell’ECHA ha adottato un parere secondo il quale era giustificato classificare tale sostanza. Sulla base di tale parere, nel 2019 la Commissione europea ha adottato un regolamento con il quale ha proceduto alla classificazione e all’etichettatura del biossido di titanio.
Più precisamente, secondo la Commissione, si sospettava che tale sostanza fosse cancerogena per l’uomo, per inalazione, in forma di polvere contenente l’1% o più di particelle di diametro inferiore o uguale a 10 millesimi di millimetro.
La protesta in tribunale
Diversi fabbricanti, importatori, utilizzatori a valle e fornitori di biossido di titanio hanno contestato la classificazione e l’etichettatura in questione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. Con sentenza del 23 novembre 2022, il Tribunale ha annullato la classificazione e l’etichettatura controverse.
Il Tribunale ha constatato, in particolare che la Commissione era incorsa in un errore manifesto nella valutazione dell’accettabilità e dell’affidabilità di uno studio scientifico sul quale era stata basata la classificazione. La Francia e la Commissione hanno impugnato la sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia. Con la sua sentenza odierna, la Corte respinge tali impugnazioni, confermando così la sentenza del Tribunale nonché l’annullamento della classificazione controversa del biossido di titanio come cancerogeno.
Secondo la Corte, anche se il Tribunale ha ecceduto i limiti del suo controllo giurisdizionale, l’annullamento della classificazione e dell’etichettatura controverse è comunque giustificato. Infatti, il Tribunale ha correttamente dichiarato che il RAC non aveva preso in considerazione tutti gli elementi pertinenti ai fini della valutazione dello studio scientifico di cui trattasi.




