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In causa da 30 anni, ora la Cassazione gli dà ragione

Ha passato quasi metà della sua vita nelle aule dei tribunali lottando per la sua casa. La vittoria amara di Bruno Falzea: «Non ho nemmeno potuto salutare mio padre né farmi una famiglia. Nessun risarcimento basterà per quello che ho subito»
Bruno Falzea

GROSSETO. La parola fine non è ancora stata scritta ma la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, ha dato ragione a Bruno Falzea, 68 anni, che per 30 ha lottato per vedersi riconoscere il diritto di pagare la sua abitazione il prezzo pattuito. 

Sarà ora la Corte d’appello di Firenze a dover stabilire le spese del giudizio, dopo che la sentenza emessa nel 2018 è stata cassata. Falzea, dopo 30 anni di lotte nelle aule del tribunale, ha finalmente avuto ragione. «Quando l’avvocato mi ha chiamato – dice – non ci potevo credere. Ancora sono stordito, confuso, incredulo, non so se continuo a sognare o se è una bellissima realtà».

40 milioni di vecchie lire in più per la casa

È una vicenda che si perde nei decenni, quella che ha visto protagonista Bruno Falzea. Calabrese d’origine, l’uomo nel 1991 decise di acquistare un modesto alloggio popolare nell’area Peep dell’Alberino, che stava nascendo proprio in quegli anni. 

Nell’atto preliminare, aveva convenuto il pagamento del prezzo dell’abitazione. Ma l’impresa costruttrice, in corso di causa, gli aveva chiesto circa 40 milioni di vecchie lire in più.  

Nel 2002, quando Falzea era già in causa con l’impresa Biemme Costruzioni, era subentrata la Curatela fallimentare che pretendeva lo stesso prezzo della ditta di costruzioni. In più, la curatela voleva sciogliere l’atto preliminare di compravendita.

«Ma non aveva alcuna legittimità di subentrare all’impresa – spiega Falzea – perché il Comune avrebbe dovuto, in seguito al fallimento, risolvere la convenzione». La Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza stabilendo che il prezzo era quello convenuto nell’atto preliminare ed inoltre ha condannato la curatela fallimentare alle spese legali.

Assistito dall’avvocato Francesco Morcavallo, Falzea dopo 30 anni ha avuto ragione: il prezzo della sua abitazione era quello concordato fin dall’inizio. «Quest’ultimo ricorso – dice Falzea – era difficile da vincere. Per tutta la vita ho dovuto combattere nonostante che le leggi che regolano il settore dell’edilizia popolare siano ferree. Nel mio caso, però, sono state disattese. La causa che avevo intentato in tribunale a Grosseto sarebbe dovuta durare 2 anni al massimo. Sono rimasto in ballo per 30 anni e la mia vita è stata completamente rovinata». 

Centinaia di udienze tra proteste e sciopero della fame

Un vero e proprio calvario, quello che il sessantottenne ha vissuto negli ultimi trent’anni della sua vita. Calvario che ha attraversato 8 amministrazioni comunali diverse, che lo ha spinto a incatenarsi davanti al Comune e a fare, dal 15 al 29 maggio 2007 lo sciopero della fame. Falzea oggi porta con sé le conseguenze di una vita passata a combattere, anche contro se stesso. «Sono una persona molto riservata per carattere – dice – ma per ottenere giustizia mi sono dovuto snaturare». 

Un calvario, fatto di ricordi dolorosi. Come quando il 68enne non è riuscito a salutare suo padre prima che morisse. «Stava male, si era rotto il femore – ricorda con la voce rotta dall’emozione – Gli avevo detto al telefono che il giorno dopo sarei partito per andarlo a trovare dopo l’ennesima udienza. Doveva comparire in aula il geometra dell’impresa che per tre volte non si era presentato. Erano andati i carabinieri a prenderlo a casa per portarlo in tribunale. Volevo essere presente a quell’udienza». Era il 18 novembre 2005. Falzea, appena finita l’udienza partì per Reggio Calabria, ma non riuscì a salutare suo padre Rosario. Se n’era andato quel giorno, poco prima che l’uomo arrivasse a casa dei genitori. 

Una vita spesa per ottenere giustizia

Una vicenda che si sarebbe dovuta risolvere velocemente ma che invece si è trascinata per trent’anni. Anni che Falzea ha perso nelle aule dei tribunali, da Grosseto a Firenze, a Roma, passando per il Tar e per il Consiglio di Stato.

Tutti i gradi di giudizio, dal primo all’ultimo, bussando sempre alla porta del Comune di Grosseto. «Anche l’ultima amministrazione mi aveva promesso sostegno – dice Falzea – per sanare la situazione. L’unica cosa che però ha fatto è stato rettificare i certificati che dal 1995 al 2002 dichiaravano che il prezzo di 40 milioni in più era dovuto dal fatto che l’appartamento misurava 130 metri quadrati quando invece ne misura 100». 

Falzea avrebbe voluto tanto avere una famiglia e dei figli. «Ci tenevo a formarmi una famiglia – dice – ma dal 2002 la curatela fallimentare pretendeva solo di buttarmi fuori di casa chiedendo lo scioglimento dell’atto preliminare. Ma l’immobile non era di proprietà della ditta  che aveva solo una concessione di diritto di superficie. Quando è stato dichiarato il fallimento, il Comune avrebbe dovuto togliere la concessione. Io ero da solo a lottare, la mia situazione era come quella che sta vivendo chi ha acquistato una casa al Peep Pizzetti. Ma lì sono tanti, io invece ero da solo». 

Dopo la telefonata arrivata dall’avvocato, Falzea, che è un fervido credente, è andato in Duomo a ringraziare la Madonna delle grazie e san Lorenzo. «Dietro di me c’era l’ex dirigente del Comune che aveva redatto i certificati che hanno ostacolato tutto il mio cammino – dice – Le ho detto che la Cassazione mi aveva dato ragione, lei mi ha risposto che le faceva piacere per me. Ora ho 68 anni, molti problemi di salute. Nessun risarcimento mi restituirà quello che mi è stato tolto in 30 anni di lotta». 

Autore

  • Francesca Gori

    Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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