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Il saluto dei Ceri: «Ci ha fregato la LegaPro»

Mario e Simone, che si commuove: «Non era più possibile andare avanti, questo non è calcio che fa per noi»
Mario Ceri (a sinistra) e Simone Ceri

GROSSETO. Le lacrime di Simone Ceri, il pragmatismo di Mario Ceri. Ma in entrambi una consapevolezza: non potevano più andare avanti, tanto che c’era il rischio concreto, l’anno prossimo, di non iscrivere la squadra al campionato.

Troppo grosso il macigno dei debiti accumulati in una stagione e mezzo di LegaPro, 390mila l’anno scorso, quasi 200mila di rosso anche in questa stagione. Per portare avanti un sogno, per coccolare un figlio tanto amato, c’era il rischio di mettere a repentaglio l’azienda, i patrimoni, anche i dipendenti. Hanno retto, finché non ce l’hanno fatta più.

Non si nascondono dietro un dito i due Ceri, dietro a una cessione forzata, non voluta, ma necessaria, oltre al covid, c’è una grande imputata: la LegaPro. Un campionato che non consente di far quadrare i conti, nonostante gli incentivi per chi fa giocare i giovani. In sostanza: se sei piccolo devi stare di sotto. Se ci finisci, per caso o quasi, come è successo l’anno scorso, devi fare di tutto per salire ancora. A meno che non tu abbia un patrimonio da buttare nel calcio.

Oppure accetti giochetti di bilancio che drogano i numeri a fine anno, ma che ti costringono a entrare nella spirale che sta trasformando il calcio in una bolla: «Noi siamo persone perbene – dice Simone Ceri – queste cose non le abbiamo mai volute fare».

Simone Ceri: «Questo calcio non fa per noi»

Parla chiaro Simone Ceri: «La LegaPro non fa per noi, ce ne siamo resi conto mese dopo mese. Né dal punto di vista ambientale, né da quello economico. Abbiamo subito le pressioni del nostro commercialista (Paolo Prisciandaro, ndr) che, da buon professionista, si era allarmato. L’anno scorso abbiamo perso 399mila euro e a settembre quasi altri 200mila. Il passo era obbligatorio, non è stata una scelta. Nelle altre trattative avevamo sempre la speranza di stare in piedi. Ma ci siamo schiantati sulla LegaPro».

«Ci siamo andati nella stagione del covid, abbiamo rinunciato al pubblico, vissuto lo stress della pandemia. Ci hanno ridotto i soldi per i minutaggi dei giovani. Abbiamo dovuto cambiare la ragione sociale e il campo sportivo è stato messo a bilancio anche come quota di ammortamento. Alla fine non ce la potevamo permettere. Ringrazio i tifosi, abbiamo fatto una bella cavalcata, ma ora eravamo in qualcosa più grande di noi. Mi restano dentro le promozioni, la vittoria nel derby, il grande rapporto con Massimo Tassi, Massimo Angelucci, Roberto Bongini. Per me è un dolore, siamo dentro con una piccola quota, ma io non resterò in società». Poi la commozione, le lacrime.

Mario Ceri: «Lasciamo un Grifone senza un debito»

Mario Ceri conferma gli stessi concetti di Simone: «Per lui era come un figlio, ma anche per me non è stato facile trovarmi a dover vendere. Però una cosa voglio dirla: lasciamo un Grifone pulito, senza un debito. Quelli che c’erano sono stati sottratti dalla cifra per la cessione. Abbiamo pagato tutti i fornitori. Lasciamo dopo quattro anni e mezzo una società che ha tutto per ripartire. Cosa penso dei nuovi? Mi auguro che portino il Grosseto in B, i soldi li hanno. Io andrò comunque sempre allo stadio».

LE PAROLE DI MARIO CERI

Le lacrime di Simone sono le nostre

di Giancarlo Mallarini

Le lacrime di Simone.

Finisce così il miraggio del “calcio a modo nostro”, si chiude così lo sforzo immane di spostare questo sport sul terreno umano, di metterlo a nudo spogliandolo di quelle infrastrutture, che lo inchiodano senza farlo respirare, di prenderlo per mano con delicatezza per condurlo tra i boschi della gente. Le lacrime di Simone. La fine dell’avventura arriva repentinamente, ma viene da lontano condita da mille dubbi, incertezze, calcoli, ragionamenti, irrazionalità. E sincerità.

Le lacrime di Simone. In fondo alla strada il cancello è sbarrato, il cartello parla chiaro. Fare un passo indietro è d’obbligo, il vuoto è a un passo. Le lacrime di Simone. Quello che resta, comunque, non sono macerie e nemmeno antiquariato. Viceversa è concretezza, successi, crescita, tanto orgoglio. Passione allo stato pure e semplice, non c’è traccia di personalismo, tanto meno di egoismo.

Le lacrime di Simone Ceri sono le nostre.

 

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