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Il prezzo del grano duro è fermo da 10 anni

Seriamente a rischio la coltivazione e la produzione poi della pasta. La Maremma è il granaio della Toscana, l’allarme del presidente di Confagricoltura Tocchi

GROSSETO. È a rischio la produzione del grano duro, quello che serve per fare la farina e la pasta. A lanciare l’allarme la confederazione degli agricoltori, che spiega come il prezzo sia fermo da 10 anni.

Il presidente Tocchi: «La Maremma è una provincia a rischio»

«Se la quotazione del grano duro non salirà si rischia di non produrre più la materia prima del piatto tipo dell’eccellenza gastronomica italiana: la pasta». Così si è espresso Attilio Tocchi presidente di Confagricoltura Grosseto, visto che la Maremma è letteralmente il granaio della Toscana.

Un quintale di cereale “duro” costa come due pizze al tavolo

«Quella del grano duro – spiega Tocchi – è un’equazione che non torna. Il prezzo d’acquisto è lo stesso del 2015, pari a 31 euro al quintale, l’equivalente di due pizze al tavolo o dieci gelati ai listini attuali; di contro i costi sono letteralmente lievitati. Il prezzo dell’urea, uno dei fertilizzanti più utilizzati, è cresciuto di oltre il 146%, il nitrato di ammonio dell’81% e il gasolio agricolo del 42%. E’ pur vero che la domanda è inferiore all’offerta, ma questo non giustifica comunque una differenza troppo macroscopica con conseguente incentivo all’abbandono della coltivazione di questo cereale».

Un campo coltivato a grano duro

Come affrontare il problema

Per Tocchi non esiste altra strada che – “dare maggiore valore alle nostre produzioni, altrimenti si rischia il tracollo del grano duro».

Al 28 maggio la borsa merci della Camera di Commercio di Foggia, la più importante per i cereali in Italia, quotava 31 euro al quintale e secondo i dati Ismea elaborati da Confagricoltura, si tratta della medesima cifra del 2015, mentre nel 2016 toccò il minimo con 17 euro al quintale per poi passare ai 18 del 2017, 19 del 2018 e una lieve crescita fino al 2021; il picco fu raggiunto nel 2022 con 54,6 euro, poi di nuovo una discesa senza fine. L’attesa adesso è per la nuova campagna, che sia più aderente alla realtà. Ma il pericolo è concreto.

La diminuzione delle coltivazioni

Il rischio è quello di vedere la pasta italiana prodotta con cerali in arrivo dall’estero, un danno enorme per gli imprenditori italiani.

«Già nell’ultimo anno a livello italiano si è registrata una contrazione delle superfici coltivate compresa tra il 6 e l’8% – spiega Tocchi – bilanciata da un valore delle importazioni dai Paesi esteri, di circa 1,2 milioni di tonnellate, capaci di incidere nelle dinamiche di prezzo del grano duro e in palese concorrenza sleale a causa del mancato rispetto degli standard di produzione italiani. Il risultato è sconcertante e va a pesare sulle spalle dei nostri agricoltori il cui ricavato dalla vendita del grano duro non permette neppure di recuperare appieno i costi di produzione. Vi pare giusto? L’unica soluzione – conclude Tocchi – è garantire un introito minimo al quintale che sia capace di contemplare gli aumenti dei costi di produzione. Il rischio reale è che la pasta italiana sia presto prodotta con soli grani esteri, producendo un danno enorme agli imprenditori agricoli, in primis maremmani, e ai consumatori italiani».

 

Autore

  • Giornalista di MaremmaOggi. Ho iniziato a scrivere a 17 anni in un quotidiano. E da allora non mi sono mai fermato, collaborando con molte testate: sport, cronaca, politica, l’importante è esagerare! Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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