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Habemus Papam: la dimensione pop del sacro che scivola nel profano

Con i cellulari di fronte alla salma di papa Francesco per un ultimo selfie, il Conclave trasformato in una puntata del GF e l’elezione di Leone XIV: guardiamo con attenta fiducia al nuovo pontefice
A sinistra, il selfie davanti alla salma di papa Francesco, a destra papa Leone XIV

di Vanna Francesca Bertoncelli

GROSSETO. C’è bisogno di sacro in questo mondo. Per gli uomini. Ed il sacro non può essere visto. Non si può palesare in forma diretta ma attraverso il simbolo. In ogni forma religiosa è stato così. Da sempre. Il mistero, l’arcano, ciò che è segreto e l’ineffabile, l’indicibile, ciò che non è descrivibile sono un bisogno primario dell’Uomo. Non c’è relazione diretta tra l’umano ed il sacro. Il rapporto è mediato da una figura dedicata al sacro che, attraverso il rito e la simbologia mette in rapporto l’Uomo con Dio.

Vedere piazza san Pietro in diverse occasioni pullulare di gente con i cellulari in mano, come ai concerti e alle partite è deprimente. È il segno di un’umanità vuota di valori che si attacca a quel che resta puntando tutto sul sociale. Ma i ministri del culto non sono assistenti sociali. Il loro scopo e la loro funzione sono ben altra cosa.

Il selfie con la salma di papa Francesco

Uno degli esempi recenti è stata la cerimonia funebre per Papa Francesco, detto familiarmente Franci. Uno spettacolo! La salma in balìa di sedicenti credenti armati di cellulari a far riprese di ogni tipo e da ogni angolazione.

Il Conclave poi, uno spasso. Cardinali pedinati giorno e notte, incalzati con una serie di domande banali: cosa mangiano, quanto bevono, con chi dormono. Chiacchiere da social con loro e con i familiari spacciate per interviste. E loro? Ci stanno. Già prede della visibilità. Questo è il punto. I media con gli operatori dell’informazione hanno un obiettivo: fare audience. Come? Incuriosendo il pubblico. La gente. Cioè noi. È l’informazione fondata sulla logica mediatica. L’informazione-spettacolo va giù duro.

Alcuni giornalisti di punta, in questi giorni, hanno accennato, più o meno timidamente a questo stesso argomento: esequie Papa Francesco e Conclave modello San Remo/San Siro, casa del Grande Fratello con gli inquilini della casa osservati a 360° e a seguire.

Sacro e profano: una barriera assottigliata

La tifoseria nostrana dell’Islam sa cosa significhi la parola Islam? Sottomissione. Sottomissione alla volontà di Dio. Concetto impegnativo da vivere nel quotidiano. Ed il pellegrinaggio alla Mecca, la città santa, con i rituali che accompagnano questa pratica religiosa, non si fa brandendo cellulari per foto da inviare a parenti ed amici come invece avviene a Roma, in piazza san Pietro e nelle nostre chiese durante le celebrazioni eucaristiche come pure ai battesimi, ai matrimoni, ai funerali. Perché? Perché nell’Islam resiste ancora l’idea di sacro e si dà spazio e tempo alla divinità. Si da se stessi alla divinità. 

Anche chi non è credente si è reso conto che, nella cultura occidentale la barriera tra il sacro ed il profano si è pericolosamente assottigliata. Da qua ormai si intravvede di là, il sancta sanctorum.

Il Concilio Vaticano II, anche nell’illusione di reclutare forze nuove, nuovi fedeli, insomma “far cassa”, ha praticamente annullato la distanza tra l’umano ed il divino. Lo ha fatto modificando qua e là, cambiando cose alcune delle quali sostanziali a caratterizzare il sacro. La società civile poi ha fatto la sua parte. Passo dopo passo si è arrivati alla umanizzazione del sacro. Dove al posto di Dio è stato messo l’Uomo. L’Altro. Importante, certamente. Grande quanto si vuole ma che niente ha a che vedere con il concetto di sacro. A seguire la banalizzazione e la  spettacolarizzazione del sacro. È da mo’ che boccheggiamo nella dimensione pop.

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