GROSSETO. Grosseto ha sempre avuto un cuore diviso. Da una parte le Mura medicee, la città antica, raccolta come in un abbraccio di pietra. Dall’altra i quartieri nuovi, nati nel dopoguerra, spinti verso il mare, da Barbanella a Gorarella. In mezzo, come una ferita che separa e al tempo stesso unisce, corre la ferrovia Tirrenica. Dal 1864 i treni fischiano attraverso la città, costringendo per decenni generazioni di grossetani a soste forzate davanti a una sbarra abbassata, a incrociare i propri destini al ritmo dei convogli. Per più di un secolo la vita quotidiana è passata anche da lì: tre passaggi a livello, poche vie per attraversare, e la consapevolezza che Grosseto era una città sospesa tra due lati, due anime, due velocità.
Poi sono arrivati i sottopassi, 4 (più uno pedonale), a tagliare quella barriera che pareva invalicabile, sostituendo uno a uno i passaggi a livello, dalle Quattro Strade, a sud, fino a Barbanella, a nord, l’ultimo arrivato, all’inizio degli anni ’90, dopo incessanti pressioni politiche, a partire da Nedo Barzanti, combattivo parlamentare del Pci di Monterotondo, che presentava un’interrogazione dopo l’altra, finché nel 1987, Ferrovie e Comune approvarono il progetto per “la soppressione del passaggio a livello al km 188+620 della linea Grosseto-Vada posto nel quartiere di Barbanella”.
Eppure i sottopassi, che avrebbero dovuto mettere fine a ogni disagio, sono diventati a loro volta protagonisti di piccole cronache cittadine. Quelli più bassi – appena tre metri d’altezza – hanno fatto la “collezione” di camion e furgoni rimasti incastrati come tappi di sughero, con l’autista incredulo e i passanti divertiti a immortalare la scena col telefonino. Quando poi la pioggia scende copiosa, le auto che si avventurano senza prudenza finiscono a galleggiare come barchette improvvisate: spettacoli tragicomici che i grossetani raccontano con un sorriso, mescolando al fastidio un pizzico di ironia. Perché pare impossibile, ma ogni volta che piove qualcuno finisce per fare il bagno là sotto.
I tre passaggi a livello
Nel secolo scorso la vita a Grosseto era scandita, e divisa, da tre passaggi a livello.
A sud c’era il passaggio a livello delle Quattro Strade, che portava alla fattoria di Gorarella, o fattoria Ricasoli, ora trasformata in zona residenziale e alle Collacchie, verso Marina. Il sottopasso viene quindi realizzato a cavallo tra la fine degli anni ’60 e i primissimi anni ’70, in parallelo al grande sviluppo di Gorarella e del polo scolastico sportivo, quando si doveva garantire un collegamento diretto senza interferire con la ferrovia.
Fu decisivo per il piano regolatore di Luigi Piccinato del 1971, al quale si deve la conformazione urbana costituita dall’area centrale delimitata dalla ferrovia, dal canale diversivo e dell’argine dell’Ombrone, e i tre grandi quartieri di Barbanella (nord-ovest), Gorarella (sud-ovest) e Sugherella (nord-est).
Subito sotto alla stazione c’era il passaggio a livello fra via Nazario Sauro e via Matteotti. Che aveva un difetto non da poco, era sempre chiuso, o quasi. Perché essendo così vicino alla stazione era attraversato da numerosi binari, anche di servizio. Fu soppresso, sostituendolo con un sottopasso solo pedonale.
A nord, infine, c’era il passaggio a livello di Barbanella, che caratterizzava il quartiere e che, essendo rimasto fino a 35 anni fa, ancora tutti ricordano. È l’unico del quale si trovano anche foto a colori.

Arrivano i sottopassi, ma c’era un problema
Come detto, a uno a uno i passaggi a livello sono stati eliminati, sostituiti da 5 sottopassi (Quattro strade, piazza Lamarmora, dove in origine c’era un piccolo passaggio pedonale, via Sauro, ponte dei Macelli in via Telamonio, il primo realizzato, con struttura in mattoni e non in cemento armato, e Barbanella).
I quali però, essendo stati realizzati in zone attraversate in particolare dai tubi dell’acquedotto, che impedirono di andare troppo a fondo, sono tutti con altezze che vanno da 3 metri a 4,50, con i problemi che tutti conosciamo.
Barbanella escluso, ma questo, scavato a fondo, ha il problema degli allagamenti. Non c’è mai pace, in sostanza.
Il sottopasso di via Aurelia Sud
Fra piazza Risorgimento, via Brigate partigiane e via Caravaggio, ha un’altezza di 3,90 metri. Ma questo non ha impedito, nel tempo, a qualche Tir di restarci incastrato.
Il sottopasso di piazza Lamarmora
È il più basso dei 4, solo 3 metri, una trappola anche per i furgoni, non solo per i tir. Negli ultimi anni sono stati parecchi i casi di mezzi distrutti dall’impatto. E qualche mese fa ci restò incastrato anche un autobus a metano, costringendo le Ferrovie a interrompere a lungo la linea.

L’ultimo caso è di venerdì 19 settembre 2025.
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Camion incastrato nel sottopasso, traffico rallentato
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Autobus a metano incastrato sotto al ponte, chiusa la ferrovia
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Si incastra nel sottopasso e spacca il camion in due
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Furgone incastrato nel sottopasso
Il sottopasso dello stadio
Alto 3,90 metri, è in corrispondenza dell’unico semaforo rimasto sul territorio di Grosseto, pur consentendo la svolta libera a sinistra. Anche questo, nel tempo, ha visto qualche mezzo pesante incastrato. E non è mancato chi ci è rimasto bloccato con l’auto per la pioggia.

Il sottopasso di via Telamonio, il ponte dei Macelli
Uno dei primi realizzati, lo testimonia la struttura in mattoni e non in cemento armato, è conosciuto come ponte dei Macelli che si trovavano, appunto, in via dei Macelli, la zona fra le attuali via Anco Marzio, via Fabio Massimo e via Muzio Scevola.

Alto 4,50 metri, con un buon drenaggio, è quello che dà meno problemi.

Il sottopasso di Barbanella
L’ultimo realizzato, siamo fra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Qui non ci sono mai stati problemi di tir incastrati, l’altezza (peraltro non indicata da alcun cartello) è superiore alle altre.
E, a dire il vero, i camion neppure ci potrebbero passare. Perché su via Monte Labro, poche decine di metri prima del sottopasso, ci sarebbe, anche se in pochi lo rispettano, un cartello che impone il divieto di transito ai mezzi pesanti.

Ma il sottopasso di Barbanella, proprio perché scavato a fondo rispetto agli altri, è quello che quando piove forte, e succede spesso negli ultimi anni, si allaga diventando una trappola per le auto. Ma ogni inverno una o due ci provano, con risultati non esaltanti, va detto.
Il progetto (abortito) del cavalcaferrovia fra via della Pace e via Collodi
Una soluzione alla città divisa in due era stata individuata alla fine degli anni ’90, con Alessandro Antichi sindaco e Andrea Agresti vice e assessore ai lavori pubblici. Erano anni di grande trasformazione urbanistica, una variante importante fu adottata nella zona della stazione, ma anche di poderosa crescita demografica, la città aumentava al ritmo di 1000 residenti all’anno, crescita che da una decina di anni si è arrestata.
Il progetto prevedeva di realizzare un cavalcaferrovia fra la rotonda di via della Pace e via Collodi, al di là della stazione, a Barbanella. Fu l’ex presidente degli ingegneri, Liciano Lotti, a fare un progetto di massima. Ma, come spesso accade, le buone intenzioni si scontrarono con la mancanza di soldi.
Il progetto sarebbe ancora attuale, ma l’area sottostante dovrebbe, ma il condizionale è d’obbligo, ospitare un nuovo supermercato, tanto in città ce ne sono pochi…, di Esselunga. Operazione bloccata da vari problemi, non ultima la vicinanza con il cimitero della Misericordia.
Un progetto che potrebbe essere ritirato fuori dal cassetto, a patto che si trovino i finanziamenti. E che risolverebbe tanti problemi al traffico cittadino.
La ferrovia resta un confine
Oggi i sottopassi hanno accorciato le distanze, la sbarra non scandisce più il tempo della città come un metronomo inflessibile.
Ma la ferrovia resta lì, linea di confine e di memoria, a ricordare a Grosseto la sua doppia anima: l’abbraccio antico delle Mura e l’apertura verso il mare dei quartieri nuovi. Una città che ha imparato a vivere con un solco nel mezzo, trasformandolo da barriera a segno d’identità, da ferita a cicatrice che racconta la sua storia.











