CASTIGLIONE DELLA PESCAIA. Dall’inizio del mese di ottobre (e per 30 giorni), implacabilmente, è scattato il fermo biologico per i pescatori professionisti, quelli delle “paranze”, dei pescherecci e la pesca a strascico.
Quando fu introdotto, circa 30 anni fa, lo stop aveva uno scopo preciso: quello di regolare la pesca durante i periodi riproduttivi dei principali organismi marini oggetto di commercializzazione, fermando appunto le barche.
Un modo per avere una “riserva” e una riproduzione che aiutasse proprio la pesca alla ripresa costante del pescato.
Nei decenni però qualcosa è cambiato proprio per chi fa il pescatore un mestiere bello ma usurante: la riduzione drastica delle “paranze” è evidente in tutta Italia, e anche per la flotta maremmana è stata una decimazione. Chiaro che cambiano di conseguenza le condizioni.
Dubbi sui risultati del fermo
A Castiglione si contavano quasi 20 barche, ora ne sono rimaste una manciata. Chi però resiste per passione e ovviamente perché lo fa da tutta la vita, ha molti dubbi sui reali risultati che un fermo lungo, associato poi alle tante giornate che i pescatori devono rimanere in banchina per “i giorni di stop forzato”, anche questi voluti per legge, che sono stati allungati da 30 a 55 giorni lavorativi e possono arrivare addirittura a 65 giorni.
Uno degli armatori-pescatori che non vuole mollare e anzi lotta per far capire a chi comanda, anche l’Unione Europea, che così non si può andare avanti a lungo, è Giuseppe Temperani che insieme al fratello Vincenzo da quarant’anni con il loro MareBlu, (che festeggia i 60 anni dalla costruzione), tutti i giorni va in mare. Ora la barca e in alaggio a Punta Ala per la manutenzione.
«La situazione per noi pescatori – spiega – è brutta. E non lo dico per lamentarmi. Le problematiche che dobbiamo affrontare sono sempre le stesse e ora sono ancora più difficili. Non solo il fermo pesca, a cui ci siamo purtroppo abituati, ma ci metto soprattutto il caro gasolio, gli ulteriori giorni di stop che durante l’anno ci costringono a prevedere come farli guardando in continuazione il calendario e le condizioni meteo. Insomma non andiamo a lavorare sempre sereni».
Per quasi la metà dell’anno, i pescatori sono costretti a stare fermi. «Oltre ai 30 giorni di fermo biologico, adesso ci sono in totale 55 giorni in cui dobbiamo rimanere fermi all’ormeggio e l’indicazione è addirittura di aumentarli a 65 – dice – In pratica possiamo lavorare dai 160 ai 170 giorni all’anno. Contando i festivi, le domeniche e i giorni di cattivo tempo, una situazione paradossale. Oltre al danno una vera beffa».
La proposta al sottosegretario
«Proprio qualche settimana fa abbiamo avuto un incontro a Castiglione della Pescaia – spiega Temperani – con il sottosegretario alle politiche agricole alimentari, forestali e che si occupa della pesca il senatore Patrizio La Pietra, dove insieme alle nostre associazioni abbiamo nuovamente esposto le problematiche del settore. Due sul tavolo le nostre proposte: 200 giornate minimo di lavoro e calmierare in tutti i modi il prezzo del gasolio».
Una proposta che parte da una constatazione ben precisa: quella sul costo di una giornata in mare, costo che ovviamente sostengono gli imprenditori. «È presto detto – dice infatti Temperani – Le nostre uscite prevedono circa 40 miglia nautiche, con 4 calate delle reti a 3,5 miglia all’ora per circa 15 ore di lavoro. Solo per il gasolio servono 600/700 euro, oltre ovviamente al costo della nostra “mano d’opera”».
L’impatto del fermo biologico sugli stipendi
Il fermo biologico, quindi, impatta sugli stipendi? «Altrochè – è la risposta – I rimborsi del fermo poi sono irrisori, si aggirano intorno a 400/500 euro, e vengono sempre pagati almeno un paio di anni dopo. Poi c’è considerare che se viene fatto un verbale per qualsiasi cosa, il rimborso decade. Altro danno oltre alla solita beffa».
E le previsioni per il futuro non sono delle migliori… «Immaginarsi un cambiamento in meglio è difficile. Purtroppo, e lo dico con un pizzico di rabbia in corpo – spiega – siamo rimasti in pochi a fare il pescatore e la maggioranza di noi ha oltre cinquant’anni. I giovani non si avvicinano proprio e farli imbarcare è praticamente impossibile. Se non cambia qualcosa il nostro sarà un mestiere che scomparirà presto. Basta vedere quello che era solo la nostra marineria e forza lavoro in un paese come Castiglione della Pescaia, dove abbiamo più che dimezzato la flotta. Ma forse è quello che vogliono in Europa».
Cosa vuole la Comunità Europea
Il fermo biologico per le paranze, e la pesca a strascico, è un argomento molto dibattuto, soprattutto a livello Europeo. Le associazioni di categoria protestano, ma pensare di poter cambiare qualcosa sembra davvero un’utopia.
«Il fermo cade quest’anno in un momento difficile – il pensiero di Coldiretti Impresapesca – con la spada di Damocle delle nuove linee di indirizzo del Commissario alla Pesca ed all’Ambiente dell’Unione Europea Virginijus Sinkevicius che pende sulla flotta delle marinerie d’Italia. La misura più clamorosa e dirompente sarà il divieto del sistema di pesca a strascico: le nuove linee prevedono anche la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30% di quelle attuali, con scadenze ravvicinate nel 2024, 2027 per concludersi nel 2030. Senza dimenticarsi del fermo pesca 2023, che non risponde ancora alle esigenze delle aziende né a quelle di sostenibilità delle principali specie della pesca nazionale. Il fermo non deve essere una mera restrizione dei tempi di pesca, misure già abusate dai regolamenti comunitari, ma deve avere come obiettivo quello di tutelare le risorse delle specie nelle fasi biologiche più importanti».
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Giornalista di MaremmaOggi. Ho iniziato a scrivere a 17 anni in un quotidiano. E da allora non mi sono mai fermato, collaborando con molte testate: sport, cronaca, politica, l’importante è esagerare! Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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