Dose di morfina 10 volte superiore: «Non è stata la causa di morte» Skip to content

Dose di morfina 10 volte superiore: «Non è stata la causa di morte»

Indagata un’infermiera, la donna è accusata di omicidio colposo: il paziente che seguiva morì. Ma la perizia medico legale esclude il nesso tra la somministrazione e il decesso
Il tribunale di Grosseto @maremmaoggi
Il tribunale di Grosseto

PORTO SANTO STEFANO. Una dose di morfina dieci volte superiore a quella prescritta e un paziente di 76 anni morto il giorno dopo: per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, il nome di un’infermiera orbetellana di 64 anni, è stato iscritto nel registro degli indagati. Ma ora la perizia medico-legale, depositata in tribunale, scagionerebbe la donna.

Perché, scrivono i consulenti nominati dalla Procura, non ci sarebbe un nesso tra la somministrazione di quella dose di morfina e la morte dell’uomo, che era in gravissime condizioni di salute.

La ricostruzione della tragedia

Sono stati i medici Paolo Romagnoli, ordinario di Istologia all’Università di Firenze, il tossicologo Francesco Ruffa e l’oncologa Laura Doni, a rispondere alle domande del giudice Sergio Compagnucci. Lunedì 26 settembre, i consulenti sarebbero stati sentiti in tribunale, per discutere l’esito della perizia, all’incidente probatorio fissato di fronte al giudice. Ma il maltempo, che ha causato il guasto all’impianto elettrico del palazzo di giustizia, ha fatto slittare di un mese l’udienza.

L’infermiera, difesa dall’avvocato Riccardo Lottini, era stata denunciata dalla figlia dell’uomo deceduto il 18 novembre nella sua abitazione. La querela era stata presentata un mese dopo: la salma dell’uomo, però, era già stata cremata e la Procura non ha potuto disporre l’autopsia.

I carabinieri di Orbetello avevano svolto una lunga e delicata indagine e avevano sentito tutti coloro che avevano visto il paziente negli ultimi giorni. Il pm aveva chiesto l’archiviazione, ritenendo che, dopo la cremazione del corpo dell’uomo e senza che fosse stato conservato anche l’elastometro nel quale sarebbero state inserite le fiale eccedenti di morfina. La figlia dell’uomo però, aveva presentato opposizione all’archiviazione e così la vicenda è finita di fronte al giudice Compagnucci, che ha disposto la perizia.

Perizia che ora escluderebbe che le dosi di morfina somministrate dall’infermiera siano state la causa della morte dell’uomo.

L’annotazione sul diario

La figlia del 76enne consegnò ai carabinieri un’immagine del diario integrato nel quale si leggeva che la dose di morfina somministrata nella 48 ore all’anziano, era stata di dieci volte superiore a quella prescritta.

L’anziano, dopo che l’infermiera aveva caricato l’elastometro con le 20 dosi di morfina per 48 ore, si era alzato da solo da letto e aveva mangiato in cucina. Poi si era appisolato sulla poltrona. Dopo un paio d’ore, quando la figlia e la moglie avevano provato a svegliarlo, si accorse che aveva le pupille completamente dilatate e così chiamarono il 118: l’elastometro fu sfilato e all’uomo fu somministrato un antagonista della morfina.

Il 20 novembre, l’uomo morì.

I consulenti del tribunale, dopo aver ricostruito il caso e valutati tutti gli elementi a disposizione hanno però stabilito che tra la somministrazione della morfina e la morte dell’anziano non ci sarebbe stata correlazione.

Secondo i periti, l’uomo doveva essere seguito a casa, e la somministrazione di morfina sarebbe servita per recare sollievo all’uomo. L’infermiera avrebbe preparato un elastometro per 48 ore con 200 mg di morfina anziché con 20 mg, ma su questo punto, non ci sarebbero dati tecnici disponibili: l’elastometro è stato infatti distrutto e il cadavere dell’uomo cremato.
«Non è stimabile, neppure in termini probabilistici, che la dose di morfina somministrata il 19.11.2020 sia stata antecedente necessario (causa o concausa) del decesso di quest’ultimo – scrivono i periti – il comportamento del personale del servizio 118 nei suoi tre interventi a favore del paziente nei giorni 19 e 20.11.2020 è da stimare corretto e adeguato alle condizioni del paziente».

Secondo i consulenti, «non si può affermare che la quota di morfina somministrata al paziente e quella residua circolante dopo la sospensione della somministrazione – si legge nella perizia – abbiano potuto causare di per sé dolore o sofferenza fisica o psichica, perché l’azione del farmaco è antagonista di tali evenienze. Non si ha prova che la mancata idratazione del paziente dopo la
sospensione della somministrazione farmaceutica mediante elastomero abbia concorso – al di là di oliguria – a determinare il decesso».

Autore

  • Francesca Gori

    Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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