Crollo del mercato del grano, tanti i rischi dei produttori | MaremmaOggi Skip to content

Crollo del mercato del grano, tanti i rischi dei produttori

Le preoccupazioni di Confagricoltura. Il direttore del Consorzio agrario Lombardi: «È un momento davvero duro per tutto il settore»
Grano stoccato in un magazzino

GROSSETO. Le proteste delle scorse settimane degli agricoltori, con i tanti trattori in piazza, non hanno al momento cambiato la situazione. Prova ne è il crollo del prezzo del grano, con il grido d’allarme lanciato da Confagricoltura.

Prezzo deli cerali in caduta libera

«Il prezzo all’origine dei cereali sta crollando e senza un’inversione di tendenza la prossima disponibilità dei nuovi raccolti può avere effetti devastanti sulla continuità produttiva delle imprese».

Il presidente di Confagricoltura Grosseto Attilio Tocchi lancia l’allarme e spiega come la contrazione delle produzioni sia da correlare con l’eccezionale aumento delle importazioni da paesi terzi, che non sono tra i tradizionali fornitori del mercato italiano.

Atttilio Tocchi

«I dati Istat relativi al periodo gennaio-novembre dello scorso anno – dice Tocchi – certificano che le importazioni di grano duro dalla Federazione Russa sono aumentate di oltre il 1.100% e allo stesso tempo, il grano duro proveniente dalla Turchia è arrivato ad incidere per poco meno del 40% sul totale delle importazioni italiane. Sul tenero invece, continuano a salire le esportazioni dall’Ucraina verso la UE. Stando ai dati della Commissione europea, da gennaio a ottobre 2023 l’aumento è stato del 40% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Ovvio quindi che sia necessaria un’azione di tutela marcata delle nostre produzioni da una vera e propria montagna di grano che potrebbe riversarsi nel nostro paese, con effetti devastanti per il prezzo all’origine pagato agli agricoltori».

Mercati dunque squilibrati che secondo Attilio Tocchi imporrebbero da parte dell’Italia una serie di azioni volte a contrastare questo crollo dei prezzi della materia prima nostrana.

«Come Confagricoltura – aggiunge ancora Tocchi – nell’ambito delle discussioni in corso sul rinnovo delle sospensione dei dazi e dei contingenti sulle importazioni dall’Ucraina, abbiamo chiesto e ottenuto di includere cereali e semi oleosi nella lista dei prodotti sensibili, per i quali è previsto il ripristino dei dazi in caso di superamento di massimali prefissati, ma non basta, perché è necessario estendere, senza riserve, le sanzioni ai prodotti agroalimentari russi».

Puntare sulla qualità del prodotto

«Se vogliamo che la cerealicoltura maremmana sopravviva, senza farsi spazzare via dall’ingresso di cereali stranieri, è prioritario perseguire la qualità. Dobbiamo cambiare approccio culturale – conclude Tocchi – e compiere un salto epocale. Del resto, noi abbiamo una storia millenaria in fatto di coltivazione cerealicola. Dobbiamo partire da qui per aggiungere valore e vendere il grano ad un prezzo ampiamente remunerativo. Oggi secondo i dati forniti da Coagri, il nostro consorzio di produttori, il prezzo medio a quintale del grano duro si attesta sui 32 euro a fronte di quasi 33 euro di spesa per produrlo. Si capisce bene che non si può continuare a considerare chi lavora in agricoltura come semplicemente un volontario-custode. In primis deve esserci un ritorno economico e nel caso delle coltivazioni di grano questo non c’è più da tempo. Pertanto, soprattutto in Maremma, la stella polare deve essere la qualità per riversare valore aggiunto sul mondo produttivo». 

 Lombardi: «Forti importazioni mettono in crisi i nostri produttori»

«Le forti importazioni di grano duro dalla Turchia, con le recenti aste degli ultimi giorni, e del grano tenero e gli altri cereali minori dall’est Europa – spiega Lombardi, direttore del consorzio Agrario di Grosseto – e dopo le proteste scoppiate degli agricoltori, il grano duro per esempio ha perso di valore circa 7-7,5 euro al quintale. Questo significa che c’è un mondo separato dalle esigenze di chi produce al mercato globalizzato. Dobbiamo reagire in modo differente».

Fabio Lombardi

«Serve reagire in modo differente. Innovare con l’agricoltura 4.0 e soprattutto con i contratti di filiera e coltivazione che il Cai Consorzio agrario del Tirreno sta promuovendo – spiega Lombardi – già dalla fase di semina con un prezzo minimo garantito e prestabilito. In modo da tutelare e proteggere l’agricoltore dalle speculazioni. E’ un momento molto duro, ma solo facendo una battaglia comune con le proposte concrete, possiamo uscire da questa crisi. Cosa che il Cai Consorzio agrario del Tirreno sta cercando di fare».

 

 

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