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La città piange il suo “Donatello”

Il pm ha disposto l’autopsia sulla salma di Alessandro Luschi, il 70enne ex calciatore e tifoso della Juve, trovato morto nell’Ombrone
Una bella immagine di Alessandro Luschi

GROSSETO. Non c’è alcun segno di violenza sul corpo di Alessandro Luschi, il 70enne trovato domenica 17 luglio nell’Ombrone, ormai morto da giorni. L’ispezione cadaverica disposta dalla procura sul corpo dell’uomo non è bastata a chiarire le cause del suo decesso. Per questo il magistrato di turno, ha disposto l’autopsia che sarà effettuata nei prossimi giorni. 

Il mistero della morte di Luschi

Il corpo di Alessandro Luschi è stato trovato domenica mattina nella prima golena dell’Ombrone. Sono stati alcuni pescatori a notarlo e a dare l’allarme ai carabinieri che sono intervenuti immediatamente insieme ai vigili del fuoco e alle guardie del Parco. 

Dopo i primi accertamenti, la salma del settantenne, che era rimasto vedovo da poco, è stata portata all’obitorio. La notizia della sua morte ha fatto il giro della città e in tanti, da domenica sera, hanno cominciato a ricordare aneddoti che riguardavano quell’uomo sempre allegro, che da ragazzo aveva giocato a calcio nel Roselle del presidente Mazzieri. Era un bomber di razza, un grandissimo tifoso della Juventus, un appassionato di calcio che quando poteva, nonostante fossero passati decenni da quando aveva indossato per l’ultima volta le scarpette, mostrava tutto fiero i suoi polpacci da calciatore. 

La vita con lui non è stata generosa: pochi anni fa gli aveva portato via la moglie e lui, che non aveva figli, era rimasto da solo nel suo appartamento. Aveva parenti, due sorelle più anziane, i nipoti, persone che lo amavano moltissimo. Ma la sera che non ha fatto ritorno nella sua abitazione, non c’era nessuno che potesse dare l’allarme. 

Ora sul suo corpo, rimasto in acqua alcuni giorni, sarà fatta l’autopsia. 

Il proverbiale sorriso del settantenne

Il suo sorriso lo precedeva. Come lo precedevano le sue battute, la sua ironia. A lungo Luschi aveva lavorato come fabbro, prima di essere assunto dall’impresa che si occupa delle pulizie dell’ospedale. Che si chiamasse Alessandro, però, lo sapevano soltanto gli amici più stretti. Perché per tutti, lui, era Donatello. Era quello il nome con il quale lo chiamavano ed era quello con il quale era conosciuto da tantissime persone, in città. 

«È stato un colpo duro – dice Riccardo, un amico dell’uomo – Lo conoscevano in tanti e tutti gli volevano bene. Siamo in tanti oggi a piangerlo». 

Luschi non aveva né l’auto e nemmeno lo scooter. Quasi sicuramente è caduto nell’acqua dell’Ombrone probabilmente in una zona più vicina alla città, che avrebbe potuto raggiungere a piedi. O forse è arrivato fino a un certo punto in autobus, prima che succedesse la tragedia. Prima che le acque dell’Ombrone lo inghiottissero e lo trascinassero, probabilmente per chilometri, finché un pescatore, alle 10 di domenica mattina, lo ha visto a pancia in giù galleggiare nel fiume. 

Era scalzo, non aveva la maglietta, indossava solo i pantaloni. Ma era irriconoscibile, quando è stato tirato fuori dai vigili del fuoco che gli hanno trovato in tasca i documenti. 

Ora toccherà aspettare l’esito dell’autopsia per capire cosa abbia ucciso l’uomo che tutti chiamavano Donatello: se si sia trattato di un malore o di una caduta, visto che sul corpo non sarebbero stati trovati segni di violenza. 

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