GROSSETO. Venticinque nomi di migranti contenuti in una cartella indicata sul pc con il nome di “agricolo 2”. Pdf con i documenti di 25 persone, provenienti 23 di loro dal Bangladesh, uno dall’Egitto e uno dall’India e inseriti con i relativi documenti nel portale del Ministero del Lavoro ed estratti poi dalla Prefettura di Livorno.
Lavoratori che sarebbero stati richiesti da un’azienda agricola di Castagneto Carducci, senza però che il titolare, ne sapesse nulla. Altri 23 lavoratori, sarebbero invece stati richiesti dall’azienda agricola Ornellaia e Masseto, azienda blasonata che non ha bisogno di presentazioni. Ma anche in questo caso, quelle richieste non erano vere. False, come i documenti che erano stati presentati.
In cinque ai domiciliari
Sono cinque le persone finite ai domiciliari: nella mattinata di mercoledì 4 giugno i carabinieri del comando provinciale di Livorno, in collaborazione con il nucleo carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro e dall’Arma territoriale, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nelle province di Napoli e Grosseto.
Le cinque persone sono accusate, a vario titolo, di concorso aggravato in favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sostituzione di persona e falsità materiale commessa da privato.
A finire ai domiciliari sono Mario Ferrara, 49 anni di Palma Campana, difeso dall’avvocata Maria Ferrara, Umberto Saviano, 42 anni di Palma Campana, difeso dall’avvocato Andrea Ladogana, Angelo Prisco, 51enne di San Giuseppe Vesuviano, difeso dall’avvocato Enrico Ranieri, Antonietta Sorrentino, anche lei di San Giuseppe Vesuviano, 34 anni, difesa dall’avvocato Andrea Ladogana e Consiglia Esposito, 51 anni di Grosseto, difesa dall’avvocato Alessio Ciampini.
Non solo le due aziende di Castagneto. I carabinieri, durante un anno di indagini, hanno trovato e sequestrato documenti e files che riguardavano decine di aziende agricole del Piombinese.
Da San Vincenzo a Campiglia Marittima, fino a Riotorto e Sassetta. In totale sono 500 le aziende coinvolte, a loro insaputa, in tutta Italia delle quali 24 operanti in tutta la provincia di Livorno impegnate nell’agricoltura e nell’edilizia, ovvero i settori dove si impiegano più facilmente i lavoratori stagionali.
Le denunce dei titolari delle aziende
Sono stati due imprenditori del vino della zona di Castagneto a presentarsi, un anno fa, ai carabinieri della locale stazione per denunciare il fatto che a nome delle loro aziende, erano stati richiesti permessi di soggiorno per un totale di 48 migranti durante il click day.
Richieste però, che le loro aziende non avevano inserito nel sistema.
I cinque indagati si erano divisi in due gruppi, ciascuno dei quali si sarebbe interessato di una ventina di migranti da far entrare in Italia in maniera irregolare. Irregolare perché non c’era una vera richiesta da parte delle aziende agricole ma anche perché i documenti che sono stati presentati alla prefettura sono poi risultati contraffatti.
Un caf abusivo per presentare migliaia di domande d’ingresso
I cinque avevano creato un vero e proprio caf abusivo attraverso il quale hanno presentato migliaia di domande di ingresso in Italia. Domande che avrebbero consentito a lavoratori provenienti dal Bangladesh ma anche di paesi del Nord Africa e dell’India di entrare nel nostro Paese.
Il gruppo avrebbe utilizzato una “scappatoia”: una volta decorso infatti il termine previsto, l’istanza presentata al ministero passava, grazie al sistema del silenzio assenso. Era allora che il gruppo richiedeva il visto lavorativo per arrivare in Italia.
False assunzioni sfruttando il “decreto flussi”
Tra giugno e gennaio, gli investigatori hanno portato avanti una delicata indagine, partita appunto con le denunce dei titolari delle due aziende e proseguita con le intercettazioni e le analisi tecniche.
Anche la prefettura di Livorno si era accorta di alcune anomalie: per accedere al portale venivano utilizzate credenziali ed email non usuali, alcune delle quali intestate a persone ignare dell’attività dei cinque.
Documenti, quelli che venivano presentati dalle cinque persone, che erano palesemente falsi. I carabinieri hanno sequestrato ben 70 device (pc, dispositivi di archiviazione digitale e smartphone per complessivi 17 terabyte di dati e file da analizzare), timbri clonati di amministrazioni comunali e professionisti (commercialisti e consulenti del lavoro), centinaia di documenti di identità falsificati e digitalizzati, nonché voluminosa documentazione cartacea e digitale contraffatta. Durante le perquisizioni sono stati trovati anche degli appunti riferiti ad anticipi effettuati o somme ancora da versare. I migranti, per entrare in Italia quindi, pagavano quei documenti contraffatti.
Su richiesta della sostituta procuratrice Alessandra Fera, che ha coordinato le indagini dei carabinieri, il giudice Gianfranco Petralia ha disposto i domiciliari per le cinque persone indagate. Con divieto assoluto di avere contatti con l’esterno. Nonostante i sequestri, infatti, gli indagati sono stati intercettati mentre spiegavano che al momento non avrebbero potuto fare nulla, ma che presto, si sarebbero riorganizzati.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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