Balneari, tutti colpevoli e nessun innocente: decenni di silenzi e convenienze | MaremmaOggi Skip to content

Balneari, tutti colpevoli e nessun innocente: decenni di silenzi e convenienze

Per anni tutti sapevano che su terreno demaniale non si potevano costruire opere fisse: imprenditori, Comuni, tecnici e Stato. Ora la legge presenta il conto. La sentenza del Consiglio di stato non è un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di decenni di scelte e convenienze condivise
Uno stabilimento balneare in Maremma, ora la sentenza del Consiglio di Stato ribadisce cosa prevede la legge
Uno stabilimento balneare in Maremma, ora la sentenza del Consiglio di Stato ribadisce cosa prevede la legge

GROSSETO. Ora che il Consiglio di stato ha messo il punto finale — entro il 2027 le concessioni scadono e le strutture non amovibili passeranno gratis allo Stato — sembra che tutti cadano dalle nuvole.

Eppure la legge era chiara da sempre: su terreno demaniale non si potevano costruire opere fisse. Nessuna sorpresa, dunque.

Il problema è che per decenni si è fatto finta di non vedere.

Gli imprenditori hanno investito, costruito, ampliato. I Comuni hanno dato i permessi, i tecnici hanno asseverato i progetti, e il sistema ha funzionato così — tollerato da tutti — fino a quando l’Europa ha imposto di guardare in faccia la realtà.

Tutti sapevano, nessuno ha fermato il meccanismo

Non parliamo di abusi improvvisi: molti stabilimenti sono lì da mezzo secolo. Alcuni anche da più tempo. Intere famiglie hanno costruito la loro vita su quei metri di sabbia, pagando tasse, canoni e contributi.

Un’economia intera — dalla Toscana al resto d’Italia — è cresciuta attorno ai bagni: fornitori, artigiani, stagionali, ristoranti, turismo. Una filiera che oggi rischia di essere travolta da un colpo di diritto.

Ma anche qui va detto: i Comuni hanno firmato i permessi e incassato i canoni; i professionisti hanno certificato ogni lavoro; le istituzioni hanno chiuso un occhio, spesso due. Chi oggi grida allo scandalo, per anni ha beneficiato di un sistema che tutti sapevano provvisorio, ma nessuno ha avuto il coraggio di cambiare.

Canoni ridicoli, valori milionari

A rendere il quadro ancora più paradossale c’è un dato: i canoni demaniali pagati dagli stabilimenti sono in molti casi irrisori rispetto al reale valore delle strutture e dell’area occupata.

In zone dove un ristorante fronte mare pagherebbe affitti astronomici, molti bagni versano poche migliaia di euro all’anno per un bene che vale milioni.

Un’anomalia evidente, ma mai affrontata per paura di toccare un equilibrio economico fragile e, spesso, politicamente sensibile.

Un sistema da rifondare, non da distruggere

La sentenza del Consiglio di stato applica la legge, ma non risolve il problema sociale.

Il rischio è di spazzare via famiglie e imprese che hanno lavorato onestamente, creando un turismo che ha fatto scuola nel Mediterraneo. Ora l’hanno copiato tutti, dalla Grecia, alla Spagna, alla Tunisia. C’è così tanta concorrenza che il sistema mare non basta più a far prosperare il settore, anche se in molti, specialmente dalle nostre parti, fanno fatica a capirlo.

Però l’Italia non può limitarsi a “fare l’Europa” sulla pelle di chi ha costruito un modello di successo. Serve una riforma vera, che riconosca i diritti acquisiti ma riporti equità, regole e trasparenza.

Perché la verità, oggi, è scomoda ma semplice: siamo tutti un po’ colpevoli, dallo Stato ai Comuni, dai tecnici agli imprenditori.

E nessuno può davvero dirsi innocente.

Autore

Riproduzione riservata ©

pubblicità

Condividi su

Articoli correlati

© 2021 PARMEDIA SRL – Via Cesare Battisti 85, 58100 – Grosseto – P.I.V.A. 01697040531
Tutti i diritti riservati.