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Baccinello salva grazie anche alla sua gente

Gli agricoltori hanno creato altre cesse e hanno ripulito i terreni per togliere carburante al fuoco evitando così il peggio
Il giorno dopo l’incendio di Baccinello

BACCINELLO. Il paese si è salvato anche grazie a loro. Grazie agli agricoltori, agli abitanti delle campagne vicine, più e meno giovani, che in una giornata d’inferno si sono rimboccati le maniche e hanno deciso di non arrendersi al frustare delle fiamme. L’incendio che ha costretto l’evacuazione di alcuni poderi il primo agosto ha minacciato numerose aree, e molti sono concordi sul fatto che il peggio sia stato scongiurato proprio dall’attività senza sosta degli agricoltori. Durante il pomeriggio, alcuni anche di notte, hanno continuato a ripulire i campi, lasciando sempre meno “carburante” al fuoco.

In queste situazioni forse non c’è un metro giusto per misurare le azioni di queste persone che hanno messo a repentaglio la propria vita per salvare quella degli altri insieme alla loro attività. A metà tra l’improvvido e l’eroico, a loro va sicuramente il merito di aver aiutato le operazioni di spegnimento, e tutti, da chi li stava aiutando a chi non si è visto la casa bruciare grazie a loro, non può fare a meno di ringraziarli.

La campagna salva il borgo

Tra i numerosi che la sera si sono dati da fare c’è Andrea Valurta che ha una attività agricola. «Faccio sempre cesse antifuoco – racconta Andrea – quando sono tornato da Grosseto ho visto che c’erano le fiamme e ho rimesso gli animali (vacche da carne), ho iniziato a farne altre».  Così è salito sul suo trattore, ha messo in moto e con frangizolle e ruspa ha iniziato a rompere il terreno in superficie in modo da mettere tra le fiamme e la vegetazione una striscia di terra ben chiara. «Ho iniziato alle 17 e ho smesso alle 21 – dice Andrea – altri hanno proseguito anche fino ora tarda, aprendo anche il passaggio ai vigili del fuoco».

Andrea Valurta il giorno dopo l’incendio nel campo col suo trattore (foto di Luisella Meozzi)

Le fiamme sembrerebbero avere avuto origine nella stessa zona, forse poco controllata, in cui anni fa prese piede un altro incendio: «In quel fazzoletto di terra sul letto del torrente Trasubbie – racconta Valurta – il fuoco era già partito una decina di anni fa circa, la zona è sempre quella. Anche i lavori di ripristino dell’alveo non vengono fatti da anni, non riceve alcuna manutenzione. Noi abbiamo fatto il possibile, sembrava ci volessero far evacuare tutti, siamo rimasti e abbiamo provato a salvare il salvabile.

Il carburante dell’incendio: i campi incolti

Tra gli agricoltori che si sono dati da fare c’è anche Massimiliano Ottaviani, che ha un’azienda biologica dove produce olio, vino e cereali accanto ad un allevamento di pecore da latte. «Con i miei figli abbiamo preso 3 trattori, con frangizolle a seguito e abbiamo iniziato a fare delle cesse antifuoco. Col trattore più grande abbiamo cercato di buttare terra dove era possibile. Per anticipare le fiamme chi è intervenuto lo ha fatto andando anche in campi di altri, non potevamo aspettare che bruciasse tutto».

Come precisa Massimiliano con un po’ di amarezza, il problema primario sono le persone che innescano l’incendio, ma non solo «L’altro grande problema è quello dei campi incolti – dice – C’è chi per anni ha preso contributi della Pac (politica agricola comune) dai terreni senza coltivarli. Allo stesso modo in cui li prende chi invece sui terreni ci suda, lavorandoli. Chi li tiene incolti, specialmente nelle stagioni siccitose, non avendo da raccoglierci nulla lascia i campi con una vegetazione alta che poi secca, ed è facile preda delle fiamme. Sono riuscito a fermare il fuoco anche grazie ai campi lavorati: non avevano vegetazione secca. Se ce ne fossero stati di più di campi incolti, non saremmo riusciti a strappare terreno all’incendio: si alimentava proprio in quelle zone lasciate a sé stesse».

«Gli agricoltori che hanno salvato il territorio e le campagne quella sera – ci tiene a precisare Massimiliano – sono soprattutto persone che hanno aziende agrarie e rischiano di non portare a casa un bilancio in positivo benché lavorino la terra e producano. Mantenendo i terreni incolti si mette a rischio il territorio».

Tante le persone che hanno aiutato

Uno degli uomini che si sono impegnati a contrastare le fiamme la sera del primo agosto, racconta di quante persone del luogo si siano date da fare, aiutandosi a vicenda: «Usavo il trattore del mio amico – dice – e con noi c’erano tanti ragazzi che ci seguivano anche facendoci luce, indicandoci dove andare, ognuno ha fatto quello ha potuto, al meglio delle proprie possibilità. C’è davvero da ringraziare tutti quelli che sono intervenuti quella sera».

«Il fuoco faceva salti di 50 metri: uno scenario agghiacciante»

Tra loro anche Sergio Fontani, che abita nella zona «Sinceramente non mi ero accorto subito delle fiamme – racconta – Sono uscito e mi è sembrato ci fosse un’aria strana, poi sono andato da Andrea (Valurta) e mi sono reso conto di quello che stava succedendo. Abbiamo visto che il fuoco si dirigeva verso un agriturismo di amici che erano assenti da qualche giorno. Siamo andati e abbiamo spento il fuoco che gli era arrivato davanti a casa, poco prima dei vigili, che poco dopo sono arrivati presidiando la zona. I carabinieri forestali hanno consigliato di allontanarci e siamo andati a casa di Andrea per fare quello che potevamo fare. L’agriturismo è salvo, è solo bruciata la parte sottostante. Il porticato era in travi di legno, abbiamo temuto il peggio. Il fuoco faceva dei salti di 50 metri: uno scenario agghiacciante».

In uno scenario davvero infernale, quello che si è aiutato sembra essere un vero gruppo di amici e amanti del territorio «Molti di noi sono amici da anni. Credo si possa dire che siamo un gruppo di amici che nel momento del bisogno si è ritrovato e si è aiutato – racconta Sergio – C’è chi ha aperto siepi interrompendo la striscia di fuoco, chi si è girato campi interi. Due ragazzi sono andati avanti fino a notte fonda a fare delle cesse e ad aiutarsi con la ruspa».

Autore

  • Federico Catocci

    Nato a Grosseto, pare abbia scelto quasi da subito di fare l’astronauta, poi qualcosa deve essere cambiato. Pallino fisso, invece, è sempre rimasto quello della scrittura. In redazione mi hanno offerto una sedia che a volte assomiglia all’Apollo 11. Qui scrivo, e scopro. Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma

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