SAN VINCENZO. Sono scappati con 3 milioni 82mila 754 euro i banditi che il 28 marzo, alle 18.15 sull’Aurelia, tra l’ingresso di San Vincenzo nord e San Vincenzo sud hanno assaltato il portavalori della Btv, con a bordo due equipaggi di guardie giurate grossetane e che da lunedì 19 maggio sono in carcere.
Sul furgone portavalori, il cui caveau è stato fatto esplodere con una carica fissata sulla paratia di accesso, c’erano 4 milioni 683mila 785 euro, soldi che sarebbero dovuti arrivare al deposito di Grosseto. Quei soldi, servivano per il pagamento delle pensioni. Ad oggi, non sono ancora stati ritrovati.
A ricostruire l’assalto del commando sull’Aurelia, gli spostamenti della banda e i viaggi (tanti) tra la Sardegna e la terraferma, sono le 90 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Antonio Del Forno.
Undici gli arresti: a finire in carcere sono stati Alberto Mura, 40 anni, di Ottana, Antonio Moni, 46 anni, di Castelnuovo Val di Cecina, Francesco Palmas, 45 anni, di Jerzu, Francesco Rocca, 47 anni, di Orotelli, Franco Piras, 46 anni, di Bari Sardo, Giovanni Columbu, 40 anni, di Ollolai, Marco Sulis, 36 anni, di Villagrande Strisaili, Nicola Fois, 33 anni, di Girasole, Renzo Cherchi, 39 anni, di Irgoli, Salvatore Campus, 51 anni, di Olzai Salvatore Giovanni Antonio Tilocca, 45 anni, di Ozieri.
Indagato a piede libero Antonio Stochino, 47 anni, di Arzana.
Le due notti del rapinatore tra Grosseto e Campagnatico
Un commando armato di kalashnikov, fucili, pistole semiautomatiche. Con il volto coperto da scaldacollo neri e passamontagna, vestiti con abiti mimetici. Uno, con grandi occhi azzurri. Un altro, con un paio di occhiali da vista sotto al passamontagna.
Sono stati pochi i dettagli che le guardie giurate della Btv Battistolli di Grosseto hanno potuto consegnare ai carabinieri del nucleo investigativo di Livorno, che subito dopo l’assalto si sono messi al lavoro per dare un nome e un volto a quegli uomini incappucciati. Un indizio, su tutti. L’accento sardo, scoperto quando uno dei banditi ha gridato: «Tutti siamo? Ajo! Andiamo».
Il lavoro degli investigatori ha permesso di ricostruire tutti i movimenti fatti dai componenti della banda, composta da 8 uomini che hanno materialmente dato l’assalto al portavalori e da tre che si sono occupati della logistica. Uno degli assaltatori, Marco Sulis, a febbraio, poco più di un mese prima della rapina, ha trascorso due notti tra Grosseto e Campagnatico.
Arrivato al porto di Livorno il 24 febbraio insieme a Franco Piras, il telefono cellulare dell’uomo viene intercettato nella zona tra Grosseto e Campagnatico. Resta qui fino al 26 mattina, quando si sposta di nuovo e insieme a Piras prende il traghetto per Olbia in partenza alle 22 dal porto di Livorno.
Le indagini dei carabinieri non sono finite con l’arresto degli undici. Probabilmente, anche la presenza di uno dei rapinatori in Maremma verrà scandagliata.
Lo “spumablock” che non parte sul furgone pieno di soldi
Prima i colpi di mitra, poi quelli di fucile diretti verso le guardie giurate che riescono a dare l’allarme premendo il pulsante antirapina installato sui due furgoni, grazie al quale la segnalazione di quanto stava avvenendo arriva alla centrale di Roma.
Sui due furgoni portavalori però, c’è anche un altro pulsante che il personale dell’equipaggio aveva attivato: lo “spumablock” che serve a far uscire una schiuma che si solidifica e rende inutilizzabili i soldi.
Il dispositivo, il 28 marzo, è entrato in funzione sul furgone che non conteneva soldi e non su quello sul quale viaggiavano più di quattro milioni e mezzo di euro.
Non è stato possibile attivarlo né manualmente e nemmeno da remoto, quando l’allarme è arrivata alla centrale operativa della società che invece è riuscita a farlo funzionare sul furgone di scorta.
I video amatoriali e il pizzino nel capannone
Centrali per la ricostruzione dell’assalto al portavalori, sottolinea il giudice per le indagini preliminari sulla scorta dei risultati delle indagini dei carabinieri del comando provinciale di Livorno, sono stati i video ripresi dalle persone che si trovavano lungo l’Aurelia. Soprattutto quelli che hanno assistito alla scena dal cavalcavia di San Vincenzo.
I carabinieri, che hanno imboccato subito la pista sarda, la notte della rapina hanno fatto un sopralluogo nel podere San Paolo di Antonio Moni, considerato il basista dell’operazione e anche lui finito in carcere. Tra Pomarance e Castelnuovo Val di Cecina, vicino a un capannone dove già la notte precedente i militari avevano trovato il proprietario che dormiva in auto e Piras e Palmas dentro al fabbricato, pronti – hanno spiegato – per andare il giorno successivo a Bastia Umbra ad acquistare un macchinario agricolo da portare in Sardegna, i carabinieri hanno trovato il “pizzino” dove erano segnati due numeri di telefono, intestati a due uomini che vivono in Sardegna. Numeri che erano stati attivati sui “burner phone”, vecchi Nokia 106 che non possono essere intercettati. E che sono stati bruciati dopo il colpo proprio nel podere di Moni.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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