GAVORRANO. Sono passati quasi tre anni, ma il ricordo di quei colpi dati con il machete sulla fiancata della sua Apecar è ancora vivo nella mente di un ragazzo di 26 anni. Quel giorno c’era lui alla guida del ciclomotore, quando il titolare della ditta dalla quale si era licenziato, lo aveva affiancato con l’auto per poi colpire più e più volte la fiancata destra dell’Ape.
Martedì 20 settembre, in tribunale, di fronte al giudice Adolfo Di Zenzo, il ragazzo ha ripercorso quello che era successo il 13 ottobre di tre anni fa.
La lite cominciata nel cantiere
Il ragazzo era amico del figlio del titolare di un’impresa edile. Lavorava come fabbro ed era stato assunto dall’uomo, un cinquantenne originario della provincia di Benevento. Il 13 ottobre, era scoppiata la lite nel cantiere. «Era sull’impalcatura – ha raccontato il ragazzo, interrogato dal vice procuratore onorario Leonardo Brogi – quando ha cominciato a urlare “oggi vado in galera”, “ti ammazzo”, “ammazzo te, la tua donna e il tuo figliolo”. Brandiva un arnese. Io gli ho detto di scendere a dirmele in faccia quelle cose, ma quando ho sentito che minacciava mio figlio, mi sono alzato e me ne sono andato».
Dopo qualche giorno, il giovane aveva chiesto il pagamento dello stipendio. «Mi ha dato quanto mi doveva – dice – ma poi me lo sono trovato dietro con l’auto, mentre io ero con l’Ape. Mi sono fermato, ho chiesto cosa volesse. Lui aveva un machete e con quello ha cominciato a colpire l’Ape».
Il cinquantenne, difeso dall’avvocato Alessandro Giraudo, è a processo con l’accusa di porto abusivo di oggetti atti ad offendere, ovvero per aver portato fuori da casa una piccozza da muratore e il machete, di danneggiamento e minacce.
Il giovane, assistito dall’avvocato Davide Novelli, salì di corsa sull’Ape e scappò impaurito. «Ero bianco lattato – racconta – sulla strada ho incontrato mio padre e gli ho raccontato tutto, dopo aver telefonato anche a mia mamma». Il padre del ragazzo, un uomo di 65 anni originario della provincia di Napoli, andò subito ad affrontare l’uomo. E anche lui, oggi, si trova imputato nello stesso processo.
Interviene il padre del ragazzo e si mette nei guai
Il 65enne, padre del ragazzo, con il suo furgone riuscì trovare il titolare dell’azienda e con il suo furgone, gli sbarrò la strada costringendolo a scendere. Per questo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di violenza privata. Ma anche di danneggiamento: perché una volta fermato il furgone dell’uomo, colpì, ammaccandolo, lo sportello sinistro del furgone con un grosso ramo, lungo un metro e largo 10 centimetri.
Il sessantacinquenne, sentito questa mattina in aula come testimone, è accusato anche di minacce nei confronti dell’impresario e di suo figlio: avrebbe infatti cercato di colpire l’uomo con il ramo utilizzato per ammaccare lo sportello dell’auto.
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Redattrice di MaremmaOggi. Da bambina avevo un sogno, quello di soddisfare la mia curiosità. E l'ho realizzato facendo questo lavoro, quello della cronista, sulle pagine di MaremmaOggi Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
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