Agrivoltaico in Maremma, l'invasione degli specchi in campagna | MaremmaOggi Skip to content

Agrivoltaico in Maremma, l’invasione degli specchi in campagna

Un miliardo di incentivi per gli impianti agrivoltaici e pochi vincoli sull’installazione. Sindaci preoccupati: «Si stravolgono economia e paesaggio»
Un impianto agrivoltaico
Un impianto agrivoltaico, i sindaci temono rischi per la Maremma

GROSSETO. È un’invasione silenziosa quella dell’agrivoltaico in Maremma. Un’invasione di specchi (rialzati dal terreno) che rischia di cambiare il paesaggio della terra più bella del mondo.

E non solo in Maremma, perché sta accadendo in tutta Italia, ma in certi territori, la Maremma appunto, ma anche Montalcino e la Val d’Orcia e altre zone della Toscana sono in fibrillazione, i timori per cosa potrà accadere, e in parte sta già accadendo, calano un’ombra sui vantaggi che la produzione di energia da fonti rinnovabili possa portare al sistema energetico del nostro Paese.

Al punto che già nel maggio scorso 25 sindaci toscani, fra i quali anche Elena Nappi di Castiglione della Pescaia e Bice Ginesi di Scansano, hanno scritto una lettera al ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida e all’assessora regionale Stefania Saccardi, per denunciare l’eccessivo consumo di suolo e il rischio per paesaggi unici al mondo.

La lettera del maggio scorso è firmata dai primi cittadini di Altopascio, Bibbona, Calcinaia, Campiglia, Capannoli, Cascina, Castellina, Castiglione della Pescaia, Cecina, Chianni,  Collesalvetti, Guardistallo, Lajatico, Montecatini Val di Cecina,  Monteverdi,  Orciano Pisano,  Palaia, Pieve Fosciana, Riparbella, Santa Luce, San Vincenzo,  Sassetta, Scansano, Suvereto, Terricciola e Volterra.

Documento subito contestato da Legambiente che, con il responsabile agricoltura, il maremmano Angelo Gentili, e il presidente toscano Fausto Ferruzza, parlano di scarsa conoscenza della materia.

«La lettera fa capire che sull’agrivoltaico c’è ancora pochissima conoscenza e ancor meno consapevolezza. Parlare di rischi per i territori rurali, in particolar modo per quelli di pregio agricolo, ambientale e paesaggistico, derivanti dalla diffusione dell’agrivoltaico sui suoli agricoli, fa ben capire quanto ancora non sia chiara la portata epocale della svolta verso l’agrivoltaico che, per definizione, è in grado di coniugare agricoltura e produzione di energia pulita, senza consumo di suolo e soprattutto senza alcun genere d’impatto sull’attività agricola».

C’è da dire che, con la crisi del mondo agricolo di questo periodo, l’agrivoltaico potrebbe rappresentare una forma di reddito importante per tante aziende agricole in difficoltà.

Agrivoltaico: il decreto energia, la legge 34, il decreto legge 13/2023

Per capire di cosa stiamo parlando va fatto un passo indietro, partendo dal decreto energia, convertito nella legge 34/2022, che, vista la crisi energetica generata dall’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, fra le altre cose dà una spinta sul piano normativo all’installazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili.

Il decreto 13/2023, poi, ha introdotto le novità per il settore agricolo sia in materia di installazione di impianti fotovoltaici, sia di impianti agrivoltaici.

Al tempo stesso nei giorni scorsi (13 febbraio 2024) Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto per promuovere la realizzazione di impianti agrivoltaici innovativi. Obiettivo dell’intervento, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, è installare almeno 1,04 GW di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026.

Ma una cosa manca, e non è di poco conto. Manca un decreto attuativo che individui le zone “vocate” e le zone “non vocate”. In sostanza, dove si possono fare gli impianti e dove non si possono fare. 

E, al nuovo contesto, non è applicabile la legge regionale 11/2011 con la quale sono state individuate limitazioni per gli impianti fotovoltaici a terra, in particolare nelle aree agricole o di valore storico-paesaggistico, ovvero le “aree non idonee” all’installazione e le distanze minime dagli altri impianti fotovoltaici.

Al momento quindi c’è un sostanziale via libera all’installazione degli impianti in gran parte del territorio, sono in arrivo gli incentivi, ma manca una mappa delle zone.

Per gli incentivi è stato stanziato oltre un miliardo di euro (1.098.992.050,96 euro per la precisione). Si tratta di una bella montagna di soldi, tanto che ai Comuni stanno arrivando le prime richieste e non ci sono strumenti normativi per opporsi da parte delle Amministrazioni.

Limiti agli agricoltori, non alle società “con” agricoltori. Vietate solo le aree a vincolo

Se per il singolo agricoltore l’installazione è consentita (fino a 1 MW di potenza), purché non diventi attività prevalente, non ci sono vincoli per le associazioni temporanee di imprese composte da almeno un soggetto del comparto agricolo per impianti di qualsiasi potenza.

In sostanza, una società che produce energia, oppure costituita proprio per questo scopo, ne sono nate tantissime negli ultimi mesi, tutte con “green” da qualche parte nel nome, basta che si unisca anche in modo temporaneo con un imprenditore agricolo e, di fatto, non ha vincoli.

Se gli euro fossero verdi come i dollari, forse quel green avrebbe più senso.

In questi casi la formula può essere quella della cessione d’azienda o del ramo di azienda (l’impianto stesso) da parte dell’imprenditore agricolo, che avrà poi la gestione, a parte gli aspetti tecnici, riservati al produttore di energia. All’agricoltore, poi, sarà in carico anche lo smaltimento dei pannelli, altro aspetto da non sottovalutare.

Sono vietate solo le aree a vincolo. Quindi non sarà possibile installare gli impianti nelle aree protette, nelle aree della Rete Natura 2000 e in aree soggette a vincoli paesaggistici diretti o indiretti. La fascia di rispetto da queste aree, peraltro, scende da 1km a 500 metri.

Un altro limite è legato alla Sau (superficie agricola utilizzata): la superficie minima destinata all’attività agricola deve essere pari almeno al 70% della superficie totale del sistema agrivoltaico. Quindi un’azienda di 10 ettari può destinarne al massimo 3 all’impianto.

Un miliardo per l’agrivoltaico, con moduli rialzati da terra e monitoraggio

Come detto, per gli incentivi sono stati stanziati 1.098.992.050,96 euro.

Per agrivoltaico il decreto che fissa gli incentivi intende moduli elevati da terra, anche ruotanti, così da non compromettere la continuità delle attività agricola e pastorale. E un impianto con sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse colture, la continuità delle attività delle aziende agricole.

Pannelli ruotanti in un impianto agrivoltaico
Pannelli ruotanti in un impianto agrivoltaico

Il decreto ministeriale prevede  il riconoscimento di un incentivo composto da un contributo in conto capitale nella misura massima del 40% dei costi ammissibili e una tariffa incentivante a valere sulla quota di energia elettrica prodotta e immessa in rete. Ad essere sostenute saranno in particolare soluzioni costruttive innovative, prevalentemente a struttura verticale e con moduli ad alta efficienza.  

Gestore dell’intera misura e dell’accesso al meccanismo incentivante è il Gestore Servizi Energetici (Gse).

Le ricadute dell’agrivoltaico sull’agricoltura

Un sistema agrivoltaico è un sistema complesso, essendo allo stesso tempo un sistema energetico ed agronomico.

In generale, la prestazione legata al fotovoltaico e quella legata alle attività agricole risultano in opposizione, poiché le soluzioni ottimizzate per la massima captazione solare da parte del fotovoltaico possono generare condizioni meno favorevoli per l’agricoltura e viceversa.

Ad esempio, un eccessivo ombreggiamento sulle piante può generare ricadute negative sull’efficienza fotosintetica e, dunque, sulla produzione; o anche le ridotte distanze spaziali tra i moduli e tra i moduli ed il terreno possono interferire con l’impiego di strumenti e mezzi meccanici in genere in uso in agricoltura.

Ciò significa che una soluzione che privilegi solo una delle due componenti – fotovoltaico o agricoltura – è passibile di presentare effetti negativi sull’altra.

Semplificando ancora, ci sono cinque livelli diversi di compatibilità.

  1. Colture non adatte. Sono le piante con un elevato fabbisogno di luce, per le quali anche modeste densità di copertura determinano una forte riduzione della resa come ad es. frumento, farro, mais, alberi da frutto, girasole, ecc…
  2. Colture poco adatte. Sono per esempio cavolfiore, barbabietola da zucchero, barbabietola rossa.
  3. Colture adatte. Sono quelle per le quali un’ombreggiatura moderata non ha quasi alcun effetto sulle rese (segale, orzo, avena, cavolo verde, colza, piselli, asparago, carota, ravanello, porro, sedano, finocchio, tabacco).
  4. Colture mediamente adatte. Sono cipolle, fagioli, cetrioli, zucchine.
  5. Colture molto adatte. Sono quelle per le quali l’ombreggiatura ha effetti positivi sulle rese quantitative come ad es. patata, luppolo, spinaci, insalata, fave.
Colture sotto a un impianto agrivoltaico
Colture sotto a un impianto agrivoltaico

I sindaci: «Servono regole e limiti. La Regione prenda posizione»

La sostanziale assenza di vincoli per l’agrivoltaico, tolte le zone protette, preoccupa molti sindaci toscani.

«Siamo in attesa di avere chiarimenti e qualche regola – dice Maria Bice Ginesi, sindaca di Scansano -. Peraltro siamo in fase di definizione del nuovo piano operativo del Comune e vorremmo sapere come muoverci. Non mi preoccupa l’agrivoltaico in sé, mi preoccupa che si possa fare ovunque. Qui siamo nella terra del Morellino, vi immaginate le vigne sotto ai pannelli? O le distese di specchi nel nostro paesaggio?».

Peraltro Scansano ha un vantaggio, chiamiamolo così, per chi volesse percorrere questo investimento.

«Sotto alle pale eoliche di Murci abbiamo una cabina elettrica primaria enorme, con una grandissima capacità. Per questo già molte aziende si stanno informando. Sono preoccupata che un territorio meraviglioso possa essere stravolto. La Regione non sta prendendo posizione su questo, già a maggio avevamo scritto all’assessora Saccardi. Spero che ci dicano come possiamo muoverci».

Elena Nappi, sindaca di Castiglione della Pescaia, sottolinea vari aspetti che la preoccupano, pur dicendo di essere favorevole alle rinnovabili.

«Ho visto la risposta di Legambiente alla nostra lettera di maggio – dice la sindaca -, ma deve essere chiaro che io sono favorevolissima alle rinnovabili, compreso fotovoltaico e agrivoltaico. Chiedo solo che ci siano dei vincoli, delle tutele, per il nostro paesaggio. Che poi è uno dei principali motivi per cui i turisti scelgono la nostra zona e la Maremma in generale. Penso ai campi di girasole dalla Badiola al paese, ma non solo».

«Come Comune stiamo lavorando a una mappa che indichi le zone da proteggere, anche fuori da quelle a vincolo».

«Peraltro – aggiunge Elena Nappi – il nostro territorio è sulle rotte dell’agrifauna della Zps (zona a protezione speciale) e i riflessi degli specchi confondono l’orientamento degli uccelli».

Molto preoccupato anche Silvio Franceschelli, sindaco di Montalcino (che è anche senatore Pd).

«Noi siamo nel parco della Val d’Orcia – dice – quindi per fortuna abbiamo molte zone vincolate. Ma il tema non è solo questo e non riguarda solo noi. Il problema vero è che manca una disciplina su quelle che sono le aree idonee e quelle non idonee. E il secondo tema è che non si possono scavalcare le programmazioni dei territori».

«Per capirci – aggiunge – il nostro è un territorio particolare, con una vocazione conosciuta in tutto il mondo e, per di più, collinare. Non siamo pianeggianti, qui da una collina vedi fino al mare, l’impatto è diverso. Quindi una valutazione va delegata anche ai singoli Comuni».

Infine Franceschelli punta il dito sulle possibile speculazioni: «È chiaro poi che vanno evitate le speculazioni. Non si consuma il suolo in territori come il nostro per questo».

Sulla stessa linea Romina Sani, sindaca di Cinigiano.

«Ci vorrebbero delle pianificazioni con i territori. I Comuni non hanno purtroppo alcun potere di programmazione. Tutto viene superato a livello nazionale. Quelle che erano definite a livello regionale aree non idonee, diventano idonee. Ad esempio l’area di Santa Rita. E non abbiamo alcuno strumento per fermare gli impianti».

Legambiente non ci sta: «Preconcetti evidenti, è una rivoluzione»

La posizione dei sindaci, come detto, è contestata da Legambiente, con il responsabile agricoltura, Angelo Gentili, e il presidente toscano Fausto Ferruzza.

«Quando si parla di agrivoltaico non si fa riferimento a distese di fotovoltaico a terra bensì a pannelli mobili a inseguimento solare posizionati nei campi con altezze e secondo geometrie che consentono le lavorazioni agricole con i mezzi meccanici e il pascolo».

«Appare chiaro, dunque, che ci troviamo di fronte a una forma di convivenza particolarmente interessante per la decarbonizzazione del nostro sistema energetico, ma anche per la sostenibilità del sistema agricolo e la redditività a lungo termine delle aziende del settore che devono essere protagoniste di questa rivoluzione».

«Con l’agrivoltaico, la resa agricola è garantita e l’energia viene prodotta senza consumo di suolo ed emissioni inquinanti in atmosfera. Secondo le sperimentazioni più avanzate, attraverso l’agrivoltaico si crea inoltre una sinergia positiva tra produzione agricola e produzione energetica grazie all’ombreggiamento che consente di aumentare la resa di alcune colture».

«Conciliare agricoltura, produzione di energia e sostenibilità ambientale è pertanto possibile, a patto che venga presto colmato il vuoto legislativo esistente, vengano definite linee guida e vengano scongiurati i preconcetti evidenti che potrebbero rallentarne lo sviluppo».

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