MASSA MARITTIMA. Insegnava francese con lo stesso amore col quale parlava con gli studenti quotidianamente. Davanti a lui, infatti per molti anni al liceo Rosmini di Grosseto ci sono stati spesso gli occhi dei suoi studenti. Anche di quelli che amavano meno la sua materia, ma che riconoscevano nel prof. Carlo Petri una figura autorevole, ma mai autoritaria: un insegnante che ha sempre saputo dimostrare il volto umano della sua professione.
La figlia Cinzia e il genero Rossano Tacconi, disorientati dall’improvvisa perdita di lunedì 6 giugno, lo raccontano come un esempio dentro e fuori della scuola, riconosciuto spesso dai suoi ex studenti coi quali si salutavano col “lei”, e che lo fermavano per strada condividendo con lui i ricordi di classe, desiderosi di sapere come stesse il loro professore.
Il ricordo della famiglia
Rossano e Cinzia lo ricordano come una insegnante vero amante del suo mestiere, ma sempre molto coinvolto anche in altre attività sul suo territorio. «Condivideva la passione della caccia con la squadra di Prata, siamo anche andati a pesca in barca insieme molte volte, è sempre stato uno studioso e molto presente nelle attività di suo interesse» racconta Rossano.
Il professor Petri, laureato a Pisa aveva insegnato italiano a Parigi prima di approdare a Grosseto divenendo uno degli insenanti di francese più in vista della città. «Ha vissuto una vita ricca, densa di incontri e stimoli, faceva parte anche delle commissioni che valutano le guide turistiche» raccontano Cinzia e Rossano.
Gli occhi dei suoi ex studenti, che lo fermavano per strada anche per sapere solo come stesse, riflettevano sempre un’immagine di un insegnante giusto, corretto, una delle anime che ha contribuito a far crescere l’onore e la rispettabilità del Rosmini.
Il professor Petri era andato in pensione nei primi anni 2000, avrebbe fatto 75 anni questo ottobre. I familiari, sgomenti, hanno partecipato alle esequie oggi 8 giugno, alle 15.30 al cimitero di Prata, dove è stato sepolto.
Nato a Grosseto, pare abbia scelto quasi da subito di fare l’astronauta, poi qualcosa deve essere cambiato. Pallino fisso, invece, è sempre rimasto quello della scrittura. In redazione mi hanno offerto una sedia che a volte assomiglia all’Apollo 11. Qui scrivo, e scopro.
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