STICCIANO. È deceduto oggi, 15 dicembre, a 90 anni, dopo 61 di sacerdozio trascorsi quasi interamente nella diocesi di Grosseto. Don Giovanni Bernardelli era stato ordinato a Pisa il 3 settembre 1961. La morte lo ha raggiunto nella casa canonica della parrocchia degli Olmini a Sticciano, dove don Giovanni ha speso tutta la vita fin dal suo arrivo in Maremma, nella seconda metà degli anni ’60.
La parrocchia, infatti, era stata voluta dal vescovo Galeazzi sul finire degli anni ’50, in seguito alla riforma agraria dell’Ente Maremma, quando sembrava che quella zona avrebbe avuto un grande sviluppo in termini di densità abitativa. Fu eretta staccandone il territorio dalle parrocchie confinanti di Ribolla, Montemassi e Montepescali.
Le esequie di Don Giovanni saranno celebrate domani, venerdì 16 dicembre, alle ore 15, nella chiesa parrocchiale di Ribolla, presiedute dal vescovo Giovanni.
Da Mantova alla Maremma
Nato a Motteggiana, nel Mantovano, il 22 novembre 1932, era diventato prete a 29 anni. Personalità complessa, dotato di grande cultura e affascinato dalla sapienza della civiltà greca e bizantina, aveva anche nei tratti esteriori un qualcosa che richiamava proprio quelle realtà: barba lunga, capelli lasciati crescere sulle spalle, tonaca sempre indosso anche dopo la riforma del Concilio, amava molto studiare e pregare in greco antico. Così come amava dipingere. Il suo progetto, mai completato, era quello di abbellire la chiesa degli Olmini con affreschi alle pareti rimasti pressoché allo stato di bozzetti.
Oltre alla parrocchia, un ambito che ha visto don Bernardelli molto impegnato è stato quello dell’insegnamento della religione nelle scuole superiori di Grosseto. In modo particolare al liceo scientifico “Marconi” e al liceo-ginnasio “Carducci-Ricasoli”, dove poté soddisfare la sua passione per il greco antico, che propinava ai suoi studenti con dotte citazioni tratte dal Vangelo. Era anche solito imbastire delle simpatiche gare tra alunni, con tanto di premio ai vincitori, che consisteva solitamente in snack al cioccolato, con cui riempiva il grande borsone che portava con sé.
Don Bernardelli non aveva la patente di guida, per cui si spostava in sella alla sua bicicletta, con la quale di tanto in tanto – grazie anche all’indulgenza dei conducenti – saliva anche sui bus di linea. In alternativa non disdegnava neppure l’autostop.
Colpivano in lui gli occhi cerulei e lo sguardo acuto, penetrante. In Diocesi non ha mai ricoperto incarichi di particolare rilievo anche per il suo essere schivo, riservato, poco portato per le linee pastorali che si erano affermate dopo il Concilio e talvolta persino guardingo nelle sue relazioni.
Viveva in canonica con la sorella, ex insegnante elementare
«Ho conosciuto pochissimo don Bernardelli. Andai a trovarlo agli Olmini nel settembre 2021, a poche settimane dal mio ingresso in Diocesi, per portargli gli auguri della Chiesa di Grosseto in occasione del 60° di sacerdozio», dice il vescovo Giovanni.
«Ci sono ritornato successivamente e avevo già calendarizzato una visita nella settimana prenatalizia per fargli gli auguri di Natale. Purtroppo non è stato possibile. Quel che posso dire è che, pur cogliendo tratti di simpatica eccentricità nella sua figura umana, ho ravvisato in lui la sapienza di chi ha cercato Dio con cuore sincero per tutta la vita, amandolo e servendolo con le doti che Dio stesso gli ha concesso. Parlando con alcuni suoi ex studenti – va avanti il Vescovo – ho colto nelle loro parole espressioni di simpatia e di affetto: aveva lasciato un buon ricordo. Desidero ringraziare coloro che in questi anni si sono presi cura di lui e della sorella: alcune parrocchiane che davvero con straordinaria premura li hanno accompagnati in questi ultimi anni, così come i badanti che lo hanno assistito».

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