Nuova legge sul consenso, cosa cambia davvero: «Nessun modulo scritto, il principio era già in vigore» | MaremmaOggi Skip to content

Nuova legge sul consenso, cosa cambia davvero: «Nessun modulo scritto, il principio era già in vigore»

Consenso sessuale: l’avvocata Francesca Carnicelli, vice presidente della camera penale di Grosseto, spiega perché la riforma ha valore più politico che penalistico
L’avvocata Francesca Carnicelli, vice presidente della Camera penale

GROSSETO. Negli ultimi giorni, sui social, la nuova legge sul consenso ha scatenato ironie, semplificazioni e vere e proprie distorsioni. Una su tutte: l’idea che, per provare il consenso in un rapporto sessuale, serva un modulo scritto o una dichiarazione formale.

Non è così. La norma appena approvata alla Camera non introduce alcun obbligo di questo tipo. Piuttosto, rafforza un principio che nelle aule di giustizia era già riconosciuto e applicato: il consenso deve essere libero, attuale e valido per tutta la durata del rapporto.

A chiarirlo è Francesca Carnicelli, avvocata penalista e vice presidente della Camera penale di Grosseto, che ha analizzato la portata reale della riforma.

«Una norma politica prima che penalistica»

Secondo Carnicelli, la modifica ha una natura soprattutto politica, più che giuridica: «Rivendica un principio che era già nel codice e già rispettato dalla giurisprudenza. Nelle aule di giustizia il consenso libero e attuale c’era anche prima e veniva valutato durante i processi. Ora se ne afferma politicamente la validità».

Sui social, però, la norma è stata ridotta a una caricatura: «Qualcuno ha fatto ironia. È stata semplificata per spiegarla al grande pubblico e, nel momento in cui la si semplifica troppo, si disinnesca lo scopo della norma».

Il nodo della prova: «Il sistema già funzionava»

Il problema della prova del consenso, ricorda Carnicelli, «è sempre passato dalle dichiarazioni della persona offesa». Il legislatore oggi rafforza un principio già esistente,  «giusto e corretto», spiega l’avvocata. Ma il rischio, se la norma viene mal interpretata, è quello di creare confusione sulle regole del processo.

«C’è chi pensa che serva una certificazione scritta del consenso, ma non è così – dice ancora Carnicelli – Se una persona non era d’accordo nel proseguire, l’imputato non veniva assolto neppure prima. Il sistema già prevedeva tutti gli strumenti affinché il giudice potesse valutare, con serenità, cosa fosse accaduto prima, durante e dopo il rapporto».

«Non riguarda solo le donne: vale per tutti»

La riforma viene spesso descritta come una tutela maggiore per le donne. Ma il reato di violenza sessuale si applica, ovviamente, indiscriminatamente agli uomini e alle donne.

«In realtà riguarda chiunque: anche gli uomini possono essere vittime di abuso sessuale», spiega Carnicelli. Quelli sessuali poi, sono reati senza testimoni, che possono emergere dopo molto tempo e che presuppongono un’attendibilità rafforzata della persona offesa.

Per questo, secondo la penalista, la nuova legge ha più la funzione di un messaggio: «Più che un avviso al predatore sessuale, è una linea rivolta ai giudici su come valutare la prova – dice ancora – Un messaggio sociale e politico, che ribadisce un principio già esistente».

Il momento più doloroso in aula: «La valutazione del consenso»

Nel processo penale, l’analisi del consenso è  «uno dei momenti più dolorosi e che più facilmente porta alla vittimizzazione secondaria», spiega la vice presidente della Camera penale.

Il consenso è sempre stato vagliato «con grande attenzione dai magistrati», ma la norma può essere utile quando la percezione del “no” non è immediata né chiara.

«Ci sono casi in cui la valutazione dell’elemento del consenso e la sua effettiva percezione da parte dell’indagato o dell’imputato è davvero dubbia – spiega – La norma vuole richiamare chi deve giudicare a prestare ancora più cura nel valutare le dichiarazioni della persona offesa e se il consenso sia perdurato per tutto il rapporto».

Un principio ribadito, non una rivoluzione

La nuova legge sul consenso, dunque, non introduce moduli né formalismi, ma ribadisce un principio già applicato: il consenso deve essere chiaro, libero e presente in ogni fase del rapporto.

Il sistema processuale italiano, ricorda Carnicelli, già conteneva gli strumenti per valutarlo. La novità, oggi, è soprattutto politica e sociale: riaffermare con forza ciò che in tribunale è già realtà.

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