«Free Fyras» sulla panchina sotto casa dell’avvocato pestato: la città dei ragazzi violenti | MaremmaOggi Skip to content

«Free Fyras» sulla panchina sotto casa dell’avvocato pestato: la città dei ragazzi violenti

La scritta è comparsa nel parco in via Orazio Coclite dopo l’arresto di Fyras Otay, il diciottenne accusato del brutale pestaggio dell’avvocato Andrea Fabbri. Una provocazione che racconta una generazione sempre più attratta dalla violenza
La panchina con la scritta Free Fyras

GROSSETO. Domenica mattina, 16 novembre, via Orazio Coclite si è svegliata con un’immagine che ha gelato molti residenti. Su una panchina, in bella evidenza, la scritta: «Free Fyras», «Fyras libero».
Non un gesto casuale: la panchina si trova proprio davanti al terrazzo dell’abitazione dell’avvocato Andrea Fabbri, il professionista massacrato di botte il 1° ottobre.

La frase inneggia a Fyras Otay, il diciottenne arrestato dalla squadra mobile con l’accusa di aver pestato selvaggiamente il legale. Quella notte era insieme a due ragazze minorenni e a un altro amico. L’avvocato lo aveva redarguito perché stava urinando su una siepe. La reazione è stata un pugno in faccia, poi una scarpata quando il professionista era a terra. 

Il pentimento in carcere e lo sfregio in strada

Da dietro le sbarre, Fyras ha detto ai magistrati di essere dispiaciuto, di aver capito troppo tardi la gravità delle sue azioni. Davanti al giudice ha pianto e ha promesso di voler risarcire.
Ma mentre lui parla di rimorso, fuori, qualcuno – amici o semplicemente ragazzi che nemmeno lo conoscono – lancia un messaggio opposto: lo sostiene, lo esalta, lo difende.

La scritta è un segnale chiaro: una provocazione, un modo per ribaltare le responsabilità e mettere pressione su chi ha subito, non su chi ha picchiato.

Una generazione che normalizza la violenza

Quello che inquieta non è solo il gesto. È il contesto. È una città in cui ragazzini poco più che maggiorenni diventano protagonisti di un crescendo di brutalità.

Gli esempi, purtroppo, non mancano: ragazze che aggrediscono una coetanea brandendo i tirapugni, risse improvvisate nelle strade, coltelli che circolano nelle tasche come fossero accessori qualunque, danneggiamenti, atti gratuiti.

Un clima in cui il confine tra provocazione e reato scompare, sostituito dal bisogno di apparire, di farsi notare, di dominare.

Il caso Fabbri e il peso di una scritta

Il pestaggio dell’avvocato Fabbri ha segnato uno spartiacque. Un professionista stimato, picchiato senza pietà da un ragazzino. Una violenza tanto inspiegabile quanto feroce.

E adesso quella scritta.
Un’altra ferita, l’ennesimo sfregio, comparso proprio nel luogo simbolo della vicenda: la casa dell’uomo aggredito.

Un messaggio che non parla soltanto di Fyras, ma di un disagio più vasto. Di una generazione che fatica a riconoscere i limiti, a distinguere il bene dal male, a comprendere le conseguenze delle proprie azioni.

Dentro il carcere e fuori: due mondi che non si parlano

Mentre Fyras forse comincia a rendersi conto della sua responsabilità, fuori qualcuno inneggia.
Due mondi che sembrano non conoscersi: quello delle scuse e del rimorso, e quello della idolatria distorta che trasforma un pestaggio in un atto da difendere.

Una distanza che spiega più di tante analisi. Una distanza che spaventa.

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