Omicidio Del Rio, riaperta la “gabbia” dopo 30 anni | MaremmaOggi Skip to content

Omicidio Del Rio, riaperta la “gabbia” dopo 30 anni

In aula d’assise la ricostruzione delle ultime ore del corriere ucciso. Silenzi, cellulari spenti e un’auto che scompare
Gli agenti della polizia penitenziaria davanti alla gabbia dove sono stati fatti sistemare i detenuti

GROSSETO. L’aria nell’aula d’assise è pesante, quasi sospesa. Per la prima volta dopo più di trent’anni il personale del tribunale ha aperto la “gabbia” degli imputati: non accadeva dalla fine degli anni ’80, dai giorni del processo per il sequestro di Esteranne Ricca.

Oggi quelle sbarre sono tornate a chiudersi davanti a tre uomini accusati di aver tolto la vita a Nicolas Matias Del Rio, il corriere ucciso il 23 maggio scorso.

Nicolas Matias Del Rio alla guida di un furgone

Il padre dell’uomo, Aldo Eduardo Aguero, siede dall’altra parte dell’aula. È venuto per ascoltare ogni parola, per provare a capire come e perché il figlio non sia più tornato a casa. In quell’aula la giustizia deve ancora scrivere le sue conclusioni. Ma per chi ha perso un figlio, ogni udienza è una ferita che si riapre

 

I tre imputati in silenzio, il padre di Del Rio a un passo da loro

Arrivano scortati dalla polizia penitenziaria i tre imputati, accusati della rapina, dell’omicidio, dell’occultamento del cadavere. In aula, di fronte alla corte d’assise (Sergio Compagnucci presidente,  Agnieska Karpinska, giudice ci sono i sostituti procuratori Valeria Lazzarini e Giovanni De Marco. Sul telo dove vengono proiettate le immagini della relazione degli investigatori, campeggia il salvaschermo di un pc: una foto ritrae due pappagallini. Sono un salvavita per tutti quelli che sono dentro all’aula al primo piano del tribunale. La bellezza contro l’orrore di un’omicidio compiuto, dirà l’accusa, solo per trovare i soldi e pagare un debito di droga.

A sinistra il padre di Nicolas

Davanti ai giudici popolari e ai togati ci sono gli avvocati. I difensori dei tre imputati, dietro quelli di parte civile. Non c’è spazio a quel lungo banco che occupa orizzontalmente quasi tutta l’aula per i tre arrestati. Per questo, dopo trent’anni, gli agenti della polizia penitenziaria che gli hanno scortati in aula chiedono che venga riaperta la gabbia. Non succedeva da trent’anni.

Separati, immobili, distanti

Si siedono separati, immobili Klodjan Gjonj, difeso dagli avvocati Riccardo Lottini e Alessio Bianchini, Emre Kaja, difeso da Romano Lombardi e Ozgur Bozgur difeso dall’avvocato Massimiliano Arcioni e Claudio Cardoso. Le regole sono chiare: non possono parlare tra loro.

Gjoni è in prima fila, per la prima volta in aula: resta chino in avanti per tutta l’udienza, ascolta, guarda. Bozkurt invece è a braccia conserte, Emre è seduto dietro di loro. Fuori dalla gabbia, accanto a lui, l’interprete: il ragazzo, il più giovane dei tre, non parla italiano. 

La corte d’assise del processo

Pochi metri li separano dal dolore di una famiglia distrutta. Dal padre di Nicolas Matias Del Rio, che ascolta il controesame del luogotenente carica speciale della prima sezione investigativa dei carabinieri di Grosseto Giampiero Bagnati. Durante l’ultima udienza, era toccato a lui raccontare l’orrore, il ritrovamento del cadavere, far vedere le immagini di quello strazio senza fine.

Mercoledì 29 ottobre tocca di nuovo a lui specificare, entrare nel dettaglio, spiegare, rispondere ai dubbi rimasti agli avvocati degli imputati e a quelli della parte civile, oltre che ai giudici. 

 

Quelle ore buie del 23 maggio: cellulari spenti e auto nascosta

Nell’udienza del 29 ottobre è ripreso il controesame di Giampiero Bagnati, che ha ripercorso minuziosamente elementi già emersi nelle precedenti ricostruzioni. Come le immagini restituite dalla telecamere di videosorveglianza che si trovano lungo le strade percorse dai tre, o l’utilizzo che hanno fatto gli imputati dei telefoni. 

Del Rio sarebbe stato ucciso il 23 maggio. L’inizio della fine sarebbe cominciato, dopo l’incontro tra i tre in un bar sull’Amiata, quando Gjonj, Bozkurt e Kaja hanno spento i loro telefoni. Oppure li hanno messi in modalità aerea. 

Il pick up in uso a Gjonj viene visto da un testimone a Case Sallustri, nella villetta in cui il corriere è tenuto prigioniero. Il veicolo viene nascosto. «I tabulati non restituiscono nessun aggancio cella. Lo hanno ammesso: i telefoni erano in modalità aerea», ribadisce Bagnati.

 

Nicolas immobilizzato, imbavagliato e ucciso per asfissia

Di nuovo, dopo la dettagliata ricostruzione dell’ultima udienza, in aula si riaprono ferite che non smetteranno più di bruciare. Nicolas Matias Del rio, quando è stato ritrovato in fondo al pozzo, aveva tre copricapi in testa. 

Gli avvocati Alessio Bianchini, Riccardo Lottini e Romano Lombardi con i pm Valeria Lazzarini e Giovanni De Marco

Sotto, un nastro da pacchi avvolto intorno alla testa, messo per coprirgli la bocca. È morto soffocato.

Una fine atroce, che ancora oggi chi ama Nicolas Matias Del Rio fa fatica anche solo a immaginare.

Tra droga, debiti e la paura di chi doveva restituire soldi

Secondo la procura, il movente sarebbe legato alla fame di soldi dei tre imputati. Klodjan Gjoni aveva debiti per droga, debiti per diverse migliaia di euro. Debiti li aveva anche Ozgur Bozkurt, anche perché doveva mantenere due famiglie. Ed Emre Kaia era sempre alla ricerca di soldi, come ammetterà lui stesso ai carabinieri.

Le telecamere riprendono gli imputati il 22 maggio in via Toscana, luogo di frequenti incontri.
Il 23 maggio rimangono lì per 48 minuti: un buco nero nella ricostruzione. 

I tre, che avevano rapinato il corriere quarantenne, padre di tre figli, portando via un carico di borse e accessori griffati per un valore di 622mila euro, cambiano anche le schede sim dei loro telefoni.

I telefoni cambiati, quello di Klodjan scomparso

Bozkurt ed Emre si scambiano il cellulare, Klodjan si libera del suo telefono, mai più ritrovato, neppure all’aeroporto di Fiumicino quando è stato arrestato.

Nelle intercettazioni, quelle tra l’albanese Gjonj e i suoi familiari, si parla solo delle borse. Su Del Rio, sulla sua morte, su una tragedia che ha fatto tremare l’Amiata come se il vulcano dal quale il monte si è originato fosse ancora attivo, non una parola. 

Autore

Riproduzione riservata ©

pubblicità

Condividi su

Articoli correlati

© 2021 PARMEDIA SRL – Via Cesare Battisti 85, 58100 – Grosseto – P.I.V.A. 01697040531
Tutti i diritti riservati.