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Prigionieri dello schermo, lo smartphone abbassa il QI

Dalla dopamina all’ansia: come l’uso compulsivo del telefono abbassa le capacità cognitive e logora le emozioni. Ma esiste anche un uso responsabile
Qualcuno che usa il telefono e nel riquadro Ioana Alexandra Marin
Qualcuno che usa il telefono e nel riquadro Ioana Alexandra Marin

GROSSETO. Quante volte capita di staccarsi dallo schermo del telefono e guardarsi intorno? E in quel momento notare altre persone incollate a uno schermo, incapaci di godersi l’attimo. Persone che controllano compulsivamente storie, post e l’ennesimo video virale. Una condizione che può rendere il cervello più pigro, nato per risolvere problemi complessi e non per fare “swipe”.

Eppure, più se ne parla, più è difficile gestire la dipendenza da smartphone. Una dipendenza che nasce dalla produzione di dopamina, lo stesso neurotrasmettitore attivato dal gioco d’azzardo. Ma non solo: i cellulari stanno modificando anche il modo di relazionarsi. Il classico esempio è quello dei “leoni da tastiera”, che dietro uno schermo si sentono deresponsabilizzati dalle proprie parole.

«Online ci perdiamo tante informazioni, come il tono della voce o l’espressione del volto, e ci vuole più tempo per costruire rapporti intimi – spiega la psicoterapeuta Ioana Alexandra Marin – L’anonimato e la distanza fisica ci rendono più disinibiti: questo può aiutare chi soffre di ansia sociale, ma facilita anche cyberbullismo e comportamenti estremi che normalmente sarebbero frenati dalla paura della reazione altrui».

Capacità cognitive e smartphone

Uno studio dell’Università di Chicago mostra che la vicinanza al cellulare riduce le capacità cognitive. Gli studiosi sono arrivati a questa conclusione dopo due esperimenti.

Nel primo, 520 studenti universitari sono stati divisi in tre gruppi: uno con il telefono sul tavolo, uno con il telefono in tasca o nello zaino e uno con il telefono in un’altra stanza. Dopo alcuni test di memoria e intelligenza fluida, i migliori risultati sono arrivati da chi aveva il telefono in un’altra stanza, i peggiori da chi lo aveva sul tavolo.

Il secondo esperimento, su 275 studenti, ha confermato i risultati: anche con i telefoni spenti o in silenzioso, con l’aggiunta che più è alta la dipendenza più si abbassano le capacità cognitive.

«Il problema sembra legato al carico cognitivo: il cervello ha risorse limitate e fare troppe cose insieme lo mette a dura prova – dice Marin – L’uso intensivo dello smartphone in multitasking aumenta la distrazione e peggiora le prestazioni».

La socialità che si adatta

Gli studi mostrano come la società stia preferendo le interazioni online a quelle reali. Se da un lato questo può aiutare chi soffre di ansia sociale, dall’altro amplifica problemi come depressione, ansia e disturbi del sonno. Anche se, per fortuna, cresce l’attenzione alla salute mentale.

«Molti usano il telefono anche durante le interazioni reali: si parla di “phubbing”, quando si “snobba” l’altro per guardare lo schermo – spiega Marin – Sappiamo tutti che non è carino, ma uno studio dell’Università di Princeton mostra che se lo facciamo noi ci giustifichiamo, mentre se lo fanno gli altri pensiamo che siano maleducati o disinteressati».

Lo smartphone, però, può avere anche un ruolo positivo, ad esempio per mantenere i contatti con amici e familiari.

«La sfida è trovare un equilibrio fra vita online e reale, senza che una prenda il sopravvento sull’altra. A volte lo usiamo come scudo emotivo contro noia, tristezza o paura del giudizio – dice la psicoterapeuta – Altre volte per alimentare rabbia e invidia. Sta a noi usarlo in modo consapevole: è come un coltellino svizzero affilatissimo, pieno di strumenti utili, ma da maneggiare con cura».

Ansia e depressione

Sempre più studi sociologici e psicologici analizzano l’impatto dei telefoni su socialità ed emozioni, con un ruolo centrale giocato dagli algoritmi, che propongono contenuti su misura anche in base alle nostre insicurezze.

«Il problema non sono i social in sé, ma il modo in cui li usiamo – spiega Marin – Se abbiamo insicurezze fisiche e il feed ci mostra solo corpi perfetti, finiremo per valutare negativamente il nostro corpo. Se per evitare l’ansia da lavoro passo ore a scrollare, avrò solo più ansia. In questi casi serve lavorare su autostima e gestione dell’ansia».

Le ricerche evidenziano un legame fra smartphone, ansia, depressione e disturbi del sonno, legato non solo all’uso del telefono ma anche a meccanismi interni come la disregolazione della dopamina, il confronto sociale, la paura di essere esclusi e la mancanza di sonno.

«Negli adolescenti, che stanno imparando a gestire le emozioni, non ci sono prove chiare dell’effetto diretto del cellulare – conclude Marin – Ma il crescente disagio dei giovani è il risultato di molti fattori complessi. Il nostro compito come adulti è insegnare un uso corretto della tecnologia, dando tempo e qualità alle relazioni».

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