GROSSETO. Una lettera di una pagina di quadernone a righe di terza elementare, scritta in stampatello, con una calligrafia chiara e firmata, in calce, dall’imprenditore umbro Davide Pecorelli. Per avvertire il giudice della corte d’appello di Tirana Dritan Hasani, che aveva appena cominciato lo sciopero della fame.
Le condizioni detentive – scrive Pecorelli – sono disumane: dall’8 maggio l’uomo è rinchiuso nella prigione 313, in una cella di 16 metri quadrati che divide con altri 8 uomini.
Topi in cella e niente acqua
Pecorelli, che è stato estradato a maggio dopo una condanna a 4 anni per aver inscenato la sua morte, ha indirizzato la sua lettera al giudice, oltre che al console italiano e alla sua vice non solo per denunciare le condizioni inumane nelle quali si trova a vivere. Ma soprattutto perché ancora oggi non sono state depositate le motivazioni dell’arresto. Cosa questa, che non gli permettere di presentare appello.
«Non sono a scrivere questa lettera per lamentare che dall’8 maggio, giorno del mio arresto, vivo in una camera di 16 metri quadrati con 8 persone, topi in bagno e senza acqua corrente – si legge – In data 9 maggio la sua corte d’appello ha convalidato il mio arresto e ad oggi, da oltre due mesi, non sono state depositate le motivazioni dell’arresto, negandomi di fatto il diritto di appellarmi».
È su questo punto, infatti, che insistono gli avvocati dell’imprenditore umbro scomparso in Albania, dove aveva inscenato la sua morte per ricomparire mesi dopo naufrago a Montecristo.
Sull’isola dell’Arcipelago, ha sempre sostenuto Pecorelli, era arrivato per trovare il tesoro di Montecristo. Ma con il gommone noleggiato all’isola del Giglio sotto falso nome, non era riuscito a raggiungere l’isola.
Fa lo sciopero della fame
L’ultimo capitolo della vita da romanzo di Pecorelli è stato scritto l’8 maggio, quando l’imprenditore umbro ed ex arbitro di calcio è stato estradato.
La televisione albanese, per dare la notizia dell’arresto di Pecorelli, aveva anche interrotto il collegamento con il Giro d’Italia. In Albania dovrà scontare 4 anni per truffa aggravata, distruzione di proprietà tramite incendio, attraversamento illegale del confine di Stato.
Durante la sua scomparsa, al di là dell’Adriatico, aveva infatti inscenato la sua morte, facendo ritrovare l’auto presa a noleggio all’aeroporto in un burrone, incendiata. Dentro c’erano ossa umane trafugate da una tomba al cimitero.
Ora, la scelta più estrema: quella dello sciopero della fame. «Le comunico – scrive ancora Pecorelli al giudice – che con decorrenza immediata entrerò in sciopero della fame finché non verranno depositate le motivazioni dell’arresto». Firmato: il detenuto 234 Davide Pecorelli.



