GROSSETO. Un lungo documento scritto nel 2005 da Luciana Rocchi, allora direttrice dell’Isgrec, metteva nero su bianco perché intitolare una via ad Almirante è «una scelta scellerata». Anche venti anni, fa, infatti, era stata proposta la stessa modifica alla toponomastica. «Il documento di Rocchi dovrebbe (QUI il testo del documento) suggerire a chiunque abbia rispetto per la Costituzione e la prassi democratica di abbandonare ogni incertezza sull’opportunità di una simile scellerata scelta.
Per l’Isgrec Almirante «non è un personaggio da proporre come esempio per le nuove generazioni, se il razzismo è ancora da considerarsi una piaga orrenda e terribilmente attuale. Né è accettabile proporre quella di Almirante come memoria in cui possa identificarsi la coscienza civile dei grossetani. La sua ostinata fedeltà alle idee ed alla pratica politica di modello fascista, nella sua versione più intransigente, lunga una non piccola parte della sua vita politica, attraverso gli ultimi anni del regime fascista e il periodo della Rsi, con oscure propaggini nell’Italia repubblicana, non può essere cancellata in alcun modo e si presta a far esplodere conflitti della memoria, non certo a spingere gli italiani a fare serenamente i conti con la propria storia».
Il Pci: «Negare la memoria è giustiziare ancora le vittime del fascismo»
Anche Daniele Gasperi segretario del Pci Colline Metallifere, insieme alla segreteria provinciale di Grosseto, esprimono «la netta contrarietà all’intitolazione di una via a quello che definiscono un boia servo del regime fascista e ricostruiscono quei fatti che qualcuno vuole mistificare riscrivendo una storia e dimenticando i martiri di quei drammatici giorni.
Gaperi ricostruisce la storia, evidenziando le responsabilità di Almirante:
«Il 17 maggio 1944, Giorgio Almirante firmava a nome del Ministro Mezzasomma un manifesto con il quale si ordinava agli “sbandati” di presentarsi ai comandi italiani e tedeschi, altrimenti sarebbero stati sommariamente fucilati alla schiena”. Nessuno rispose all’ultimatum e mentre aumentavano le fila delle formazioni partigiane, a distanza di poco più di un mese, venne compiuta una feroce vendetta. La miniera fu circondata da tedeschi e repubblichini, 6 lavoratori vennero assassinati sul posto e circa 150 trascinati a Castelnuovo Val di Cecina dove in 77 settantasette vennero trucidati con le mitraglie in una valletta e 21 deportati in Germania.
Da allora molti i tentativi di negare i fatti accusando dirigenti socialisti e comunisti, testimoni della strage e persino il giornale l’Unità di avere addirittura costruito prove per accusare il segretario missino.
Il tentativo di dare una versione falsa di quei tragici eventi è stato però sconfessato dai tribunali con prove schiaccianti. Per la memoria di quei giorni vogliamo, come PCI, ricordare oltre alle vittime chi si è battuto per affermare la verità, non negarla, non riscrivere le pagine di una storia scritta con il sangue delle vittime che folli carnefici hanno voluto si versasse. Un ricordo al Sindaco Rizzago Radi che nel gennaio 1972 depositò il manifesto originale e il registro di protocollo del comune, al numero 4913, oltre ad altre schiaccianti prove, presso il Tribunale di Roma, dove inchiodò alle sue responsabilità il segretario missino.
Un ricordo ai familiari e congiunti che il 10 giugno 1972 vollero che la verità fosse riaffermata denunciando, assistiti dall’avvocato Morante di Grosseto, il caporione missino Giorgio Almirante con l’accusa di complicità nel massacro, uno fra i più orrendi commessi da tedeschi e “repubblichini” nella Maremma.
Facciamo nostre quelle voci che affermavano al Procuratore di Roma che “dopo tanti anni gli eventuali reati che possono essere addebitati all’on. Giorgio Almirante sono stati coperti da condoni e amnistie. Ma nel nome della giustizia, nel ricordo dei nostri Caduti Le chiediamo di procedere egualmente perché anche questo responsabile del nostro dolore conosca le sanzioni della legge”.
Da quei fatti e quella storia, il ricordo, la memoria per chi sa e sa informarsi doverosamente non conosce pause, ma rimane viva, come viva è la contemporaneità di rigurgiti nazifascisti che si presentano ogni qualvolta vi è in giro una data che ricorda una strage o una barbarie.
Condanniamo il revisionismo atto a distorcere ciò che è successo, anche questa è ferocia.
Negare o mistificare la memoria è giustiziare ancora le vittime e i caduti di quei giorni, di quella follia. Ci sono colpe e responsabilità che devono essere ammesse. Quel ventennio non è stato un passaggio parlamentare ma una dittatura spietata che ha negato con la violenza libertà e diritti che va condannato senza se e senza ma. Esso deve servire a risvegliare le coscienze ad ogni ricorrenza perché quella storia non si ripeta». conclude Gasperi.
Potere al popolo: «Almirante è stato un razzista, un antisemita, un fucilatore di partigiani»
Durissima anche la reazione del gruppo politico Potere al popolo, che in alcuni passaggi ricorda la storia del leader dell’Msi e «chiama a raccolta tutta la cittadinanza che si riconosce nei valori antifascisti per opporsi a questa spregevole iniziativa. Non vogliamo una via alla memoria di questo sgradito individuo. La storia non si dimentica», chiude l’associazione.
Sinistra italiana: «sindaco fuori luogo»
«C’è cascato di nuovo, ancora una volta il primo cittadino pur di conquistare momenti di notorietà, sconvolge la storia, distruggendo a livello nazionale l’immagine della nostra città compromettendone la credibilità sotto tutti i punti di vista. Se il suo intento era quello di arrivare ad una pacificazione storica il sindaco Vivarelli Colonna dovrebbe prima di tutto metterla in atto con se stesso», scrive Sinistra italiana.
Un sindaco totalmente fuoriluogo, che, utilizzando in modo improprio il suo ruolo istituzionale, espone la città di Grosseto ad ogni genere di critiche.
Intestare una via a Almirante è un atto che va contro la storia del nostro territorio. Decidere di intestare due vie parallele, una al fascista Almirante e l’altra ad Enrico Berlinguer è una provocazione inaccettabile che nulla ha a che vedere con la cosiddetta “pacificazione nazionale”, ma che rischia di scatenare il contrario, inquinando con questo gesto una delle figure più belle e lungimirante della storia repubblicana, come Enrico Berlinguer. Invitiamo pertanto il sindaco di ripensare a questo gesto insensato, soprattutto in onore di tutti coloro che durante il fascismo si sono sacrificati con la loro vita, affinché fossimo liberi».
Simiani e Renai: «L’ultima provocazione del sindaco Vivarelli Colonna»
Per i deputati Pd Simiani e Renai, questa è «un’operazione che si è palesemente rivelata una forzatura e che non tiene conto della storia del territorio. Nella nostra provincia Giorgio Almirante non è soltanto il fondatore del Msi, è soprattutto il capo di gabinetto del ministero della Cultura popolare che nel 1944 proclamò un ignobile bando pubblico per la immediata fucilazione di chi non collaborava con il regime nazista.
Un atto riconosciuto veritiero anche da una successiva inchiesta giudiziaria. Ancora una volta il sindaco dimostra di non conoscere gli eventi passati e di non avere alcuna sensibilità politica e istituzionale necessaria per rappresentare l’intera comunità. Ci opporremo con forza a questa decisione», dichiarano i deputati Pd.
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