PIOMBINO. A Piombino si continua a discutere del rigassificatore come se fossimo ancora nella primavera del 2023, quando l’arrivo della Golar Tundra, poi ribattezzata Italis Lng, fu presentato come una parentesi di tre anni, una soluzione temporanea per far fronte all’emergenza energetica.
Ma la realtà è che quel tempo è finito. O forse non c’è mai stato, perché opere imponenti come quelle che sono state realizzate per collegare la nave alla rete non si fanno per “soli” tre anni.
Lo si è visto nel consiglio comunale aperto del 2 dicembre: la politica nazionale e regionale non si è presentata. Non c’erano il ministro Pichetto Fratin, non c’era il commissario Eugenio Giani, che poi ha mandato una nota tardiva, a frittata ormai fatta. In aula c’erano solo tecnici e dirigenti, gli unici che potevano parlare senza compromettere decisioni che ormai sono state delineate altrove.
Il messaggio dietro quelle assenze, dietro quel silenzio, è chiaro: la decisione non è più se il rigassificatore resterà a Piombino, ma come comunicarlo e quando farlo.
La politica sgomita, ma la linea è già scritta
Destra e sinistra si attaccano e si difendono, una ha il sindaco e il ministro, l’altra il commissario, ognuna a caccia di una posizione spendibile sul territorio: c’è chi invoca il rispetto della scadenza del 2026, chi parla di emergenza energetica, chi punta sul tema delle compensazioni, chi prova a mostrare coerenza dopo aver cambiato idea e anche chi rivendica una contrarietà mai sopita.
Ma, al di là delle bandiere, tutti si stanno muovendo su un terreno che ormai non lascia spazio a sorprese.
Lo ha confermato la direttrice del Mase nel consiglio: «l’infrastruttura è strategica per almeno dieci anni». Lo hanno confermato i dati di Snam: slot saturi, domanda crescente di Gnl, rete nazionale impostata su Piombino come tassello essenziale. Lo ha confermato il metanodotto (di Snam) che è in corso di realizzazione, anche quando comporta tagli e attraversamenti complessi, come quello degli ulivi di San Vincenzo: un’opera che non avrebbe senso se l’impianto dovesse chiudere tra meno di un anno.
E infatti nessuna alternativa concreta è mai stata individuata: non a Vado Ligure, non altrove.
Chi conosce il settore sa che una Fsru la sposti solo se hai già pronto un nuovo porto attrezzato e autorizzato, e oggi nessun porto italiano ha quelle condizioni.
Anche gli oppositori iniziano a vederlo
Il fronte del no, fino a ieri compatto nel rivendicare la scadenza del 2026, sta reagendo agli eventi.
Gli interventi del Comitato salute pubblica e della Rete mostrano un crescente nervosismo: si chiedono ricorsi, si chiede ai sindaci di andare a Roma, si chiede di parlare direttamente con la presidente del consiglio. Segno evidente che la percezione sta cambiando.
Dall’altra parte, gruppi come Appello per il lavoro non nascondono più la loro posizione: per loro l’impianto è utile, anzi necessario; porta risorse al porto, garantisce lavoro, sostiene un settore industriale che, per quanto destinato a ripartire, almeno con Metinvest Adria, su Jsw qualche dubbio resta, non ripartirà domani mattina.
Lo si voglia o no, anche chi è contrario inizia a capire che la strada è tracciata. Giusto o no che sia e a dispetto anche di una sentenza del Tar, che un decreto potrebbe saltare in agilità come Nino Castelnuovo nella vecchia pubblicità dell’olio Cuore.
Piombino è un porto industriale: la strategia energetica nazionale lo ha riportato al centro
C’è un altro punto che merita di essere detto con chiarezza. Piombino non è solo una città: è un porto industriale, uno dei pochi della costa toscana con acque profonde, collegamenti rapidi e spazi logistici adeguati.
La sua posizione – lo hanno ripetuto tutti i tecnici – è strategica, e lo è sempre stata: per la siderurgia, per la logistica, per il traffico merci e oggi per il Gnl.
Se il rigassificatore non restasse qui, dove andrebbe? La risposta, oggi, non esiste.
E proprio per questo la permanenza a Piombino è l’unica soluzione realistica.
Il futuro? Ufficializzare ciò che è già chiaro
C’è chi attacca la politica per le sue assenze, chi la critica per incoerenza, chi la accusa di avere due facce, chi la invita a battersi fino all’ultimo. Ma la verità è più semplice e più complessa allo stesso tempo: il rigassificatore resterà a Piombino perché il sistema energetico italiano non può farne a meno.
E la politica – tutta, a destra e a sinistra – lo sa perfettamente.
Stanno solo cercando di arrivare al momento dell’annuncio nel modo meno doloroso possibile, per sé e per il territorio.
In questa fase, dunque, la domanda non è più: «Il rigassificatore se ne andrà nel 2026?»
La domanda è: «Come verrà gestita la permanenza? Con quali compensazioni? Con quali investimenti? E con quale visione per il porto e per la città?»
Domande cruciali, perché una cosa è ormai sicura: Piombino dovrà convivere con il rigassificatore.
E la sfida, oggi, non è evitarlo. È governarlo.