PIOMBINO. Il rigassificatore deve lasciare Piombino entro il 2026. Non è uno slogan, ma un impegno formale assunto dallo Stato, dalla Regione e dagli enti competenti. A ribadirlo con toni durissimi è il Comitato salute pubblica di Piombino e della Val di Cornia, che ha scritto alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica chiedendo un pronunciamento immediato sul trasferimento della nave rigassificatrice dal porto cittadino.
Per conoscenza, la lettera è stata inviata anche al commissario regionale Eugenio Giani e al sindaco di Piombino, Francesco Ferrari. Al centro dell’appello, un punto fermo: la permanenza dell’impianto è stata autorizzata solo in via temporanea e ogni ipotesi di proroga rappresenterebbe una violazione degli atti amministrativi.
«Impianto a rischio incidente rilevante in un porto urbano»
Nella lettera il Comitato ricorda di essersi opposto fin dall’inizio alla collocazione della nave rigassificatrice (ex Golar Tundra, oggi Italis LNG) all’interno di un porto piccolo, trafficato e densamente abitato, a ridosso della stazione marittima, dei traghetti per le isole, delle abitazioni e delle principali infrastrutture viarie.
Un impianto classificato come a rischio di incidente rilevante, sottolineano i firmatari, mai sottoposto a Valutazione di impatto ambientale (VIA) perché autorizzato con procedura d’urgenza. Un’anomalia giustificata, allora, esclusivamente dalla durata limitata a tre anni, dal 2023 al 2026.
Autorizzazioni tutte legate alla scadenza del 2026
Il Comitato ripercorre punto per punto gli atti ufficiali: la Regione Toscana ha espresso l’intesa facendo esplicito riferimento alla durata triennale, il commissario straordinario ha autorizzato l’opera solo per tre anni, e l’Autorizzazione integrata ambientale del Mase prevede tre anni dall’entrata in esercizio.
Anche i pareri sanitari, in particolare quello dell’Istituto superiore di sanità, richiamano la temporaneità dell’esposizione della popolazione a inquinanti come biossido di azoto, polveri sottili, IPA, metalli pesanti e formaldeide.
Un elemento decisivo anche per il Tar del Lazio, che ha respinto i ricorsi proprio perché la nave è destinata a lasciare Piombino nel 2026, pena l’inattività.
Trasferimento fermo, procedure bloccate
Il problema, evidenzia il Comitato, è che la procedura di trasferimento off-shore in Liguria risulta ferma al 2024.
Non risultano infatti l’attivazione formale del progetto di dismissione, l’indicazione di siti alternativi e la la nomina di un nuovo commissario per il trasferimento.
Una situazione che alimenta il timore di un silenzio amministrativo incompatibile con una scadenza definita e vincolante.
«Rischi per salute, mare ed economia del porto»
Nel documento si sottolinea come la collocazione di Piombino sia totalmente diversa da quella di altri rigassificatori, come quello di Livorno, posto a 24 chilometri dalla costa. Nel caso piombinese, l’area di danno è praticamente sovrapposta alla nave e, nello scenario più grave, l’area letale arriva a 189 metri.
Preoccupazioni che riguardano in primo luogo la salute della popolazione e degli operatori portuali, le emissioni in atmosfera se protratte nel tempo, le quantità di ipoclorito rilasciate in mare e il blocco allo sviluppo del porto, del turismo crocieristico, della cantieristica e delle attività ittiche
A tutto questo si aggiunge una criticità strutturale: Piombino ha un’unica via di accesso, congestionata soprattutto nei mesi estivi dal traffico verso l’Elba e le altre isole.
Oltre 3 mila firme: «La città chiede rispetto»
Nelle scorse settimane il Comitato ha raccolto oltre 3 mila firme, insieme all’adesione di 12 sindaci della costa, già inviate alla Presidenza del Consiglio. Finora, però, nessuna risposta.
«Questa città chiede rispetto», scrivono i firmatari, chiedendo al Governo di rispettare gli atti emessi e di garantire, senza ulteriori rinvii, il trasferimento del rigassificatore dal porto di Piombino entro il 2026, con date già fissate: 5 maggio e 8 luglio 2026.
Un appello che chiama in causa direttamente lo Stato: disattendere gli impegni significherebbe minare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.