PIOMBINO. «Palestina libera! Palestina libera!» due parole, gridate da oltre 1500 persone, compresi docenti e studenti, scesi nelle piazze in un corteo che ha movimentato le vie principali di Piombino, una città che continua a mobilitarsi e non rimanere in silenzio, cieca di fronte alle atrocità che stanno colpendo civili, donne e bambini.

La mobilitazione del 3 ottobre
Per la seconda volta, dopo la manifestazione del 22 settembre, anche nella giornata di ieri, venerdì 3 ottobre, migliaia di persone sono scese in piazza per denunciare la gravità del genocidio a Gaza, le azioni criminali di Israele contro la Flotilla e la corsa al riarmo targata NATO e UE. Lo sciopero, indetto dalle più importanti sigle sindacali, è stato supportato dalla Rete scuole contro il genocidio.

«Le due manifestazioni convocate, dalla CGIL la mattina, dalla Rete delle scuole contro la guerra e da USB il pomeriggio, pur nelle loro differenze, sono di fatto riuscite a rendere permanente una giornata di sciopero e di mobilitazione che, in tutta Italia, ha rotto ogni argine nonostante il clima di paura creato ad arte dal governo, facendo saltare finalmente una cappa di passività e di pace sociale che durava in Italia da almeno 15 anni. Una mobilitazione che non può di certo fermarsi né oggi né con la grande manifestazione a Roma di domani – scrive in un comunicato USB- Per parte nostra, riferendoci più direttamente alla manifestazione del pomeriggio che partendo proprio dalle scuole di Piazza Dante ha attraversato il centro città per raggiungere il porto, passando davanti alla Magona, esprimiamo piena soddisfazione per la partecipazione raggiunta, 1500 persone presenti al momento di massimo picco, e ancora di più per la chiarezza e la coerenza degli obiettivi espressi».
Un ossimoro da interrompere
«Non è possibile secondo noi essere contro il genocidio in Palestina, denunciare le efferate e infami azioni di Israele e allo stesso tempo essere a favore del riarmo e dell’aumento delle spese militari per combattere nuove guerre, anche in Europa. Guerre in cui saranno mandati a morire e a uccidere proprio i giovanissimi che hanno riempito le piazze con la loro rabbia».

Secondo USB aumentare la spesa in armamenti significa anche arricchire i portafogli dei padroni e degli azionisti delle imprese belliche USA e israeliane leader del settore.

«Come se convertire la produzione industriale allo sforzo bellico non significhi necessariamente aprire e alimentare nuove guerre per far macinare profitti ai soliti noti. Come possiamo accettare di andare incontro a un destino così tragico e terribile senza far niente? Bene, dunque, ha fatto il corteo a raggiungere il porto per denunciare le operazioni di carico/scarico di materiale bellico sulla nave Severine».
Non esistono armi buone
«Le armi significano sempre la morte di qualcuno, il più delle volte civili inermi o poveracci mandati al macello nelle trincee, un secolo fa come nelle guerre di oggi. Ricordiamocene e agiamo di conseguenza! Senza dimenticare i rischi per la sicurezza dei lavoratori che queste operazioni comportano, per giunta in un porto già a rischio a causa della presenza del rigassificatore. Presenza (anch’essa dovuta al contesto di guerra internazionale) a cui Piombino non può e non deve abituarsi, tanto per essere chiari anche su questo».

«Aver raggiunto il porto, aver visto centinaia di lavoratori, studenti e insegnanti protestare insieme e chiedere anche ai portuali di Piombino un gesto di coraggio e di diserzione che i vigili del fuoco della nostra provincia hanno già saputo esercitare, aver disturbato la logistica della guerra, è per noi un esempio di lotta non solo simbolica ma di reale fastidio a qualcuno. Come ogni vera lotta e ogni vero sciopero necessariamente devono sempre fare, per non risultare inefficaci e irrilevanti. Continueremo a essere una spina nel fianco dei mercanti di armi e di tutti i complici del genocidio, lo promettiamo!».
Al nuovo movimento che è nato la sfida di rendere permanente la mobilitazione già nei prossimi giorni e settimane, con tutta la fantasia e la determinazione di cui sarà capace, a Piombino e in tutta Italia.
La rete scuola contro la guerra
Gli studenti e i docenti delle scuole di ogni ordine e grado, appartenenti a tutti gli Istituti della città, dicono No alla guerra! Sì alla Pace e lo gridano forte, intonando slogan e canti che riecheggiano in ogni strada. Striscioni, cartelloni, bandiere che sono un forte grido d’allarme contro quello che è un vero e proprio genocidio di massa.
«Oggi noi docenti della Rete delle scuole di Piombino contro la guerra e il genocidio, in quanto lavoratori e lavoratrici chiamati/e a operare per la diffusione della cultura e la promozione dei valori civici di libertà, dignità umana, giustizia, solidarietà e partecipazione attiva, abbiamo scelto di scendere in piazza. Dopo aver scioperato e manifestato con convinzione lo scorso 22 settembre, anche ieri abbiamo scelto di aderire allo sciopero proclamato da USB, FLC CGIL, SI COBAS, SGB CUB e UNICOBAS, partecipando numerosi/e alla manifestazione mattutina al fianco dei nostri studenti e delle nostre studentesse, di tante loro famiglie e di tanti/e altri/e lavoratori e lavoratrici della nostra città».
«La scuola non può restare indifferente»
Nonostante il clima intimidatorio creato dal Governo Rete scuola si è schierata con forza con l’intento di esprimere solidarietà alla Global Sumud Flotilla.
«Il dramma della popolazione palestinese e le violazioni del diritto internazionale non possono e non devono lasciare indifferente il mondo della scuola. Mentre il nostro anno scolastico procede come sempre, pur tra carenze strutturali, scarsità di fondi e nomine in ritardo, si registra un aumento delle spese militari per la corsa al riarmo e, con la complicità dello Stato italiano, un’intera popolazione rischia di morire di fame e di sete. Le evoluzioni delle ultime ore sono allarmanti: le navi della Global Sumud Flotilla, impegnate a portare a Gaza aiuti umanitari, con a bordo nostri/e connazionali, dopo essere state oggetto di attacchi violenti, sono state intercettate in acque internazionali dalla marina israeliana e i suoi attivisti sono stati tratti in arresto: ennesima e inaccettabile violazione dei trattati internazionali da parte di Israele che vogliamo denunciare. Ci sentiamo tutte e tutti idealmente parte di quell’equipaggio, oggi in gran parte ancora in stato di detenzione nelle carceri israeliane. Consideriamo i bambini e le bambine palestinesi nostri alunni/e, nostri figli/e».
«Sacrifichiamo una parte del nostro stipendio»
Un piccolo gesto che nell’unità può fare la forza e la differenza:
«Sacrificando una parte del nostro stipendio con lo sciopero, vogliamo esercitare pressione sul nostro Governo affinché si adoperi per la fine immediata dei bombardamenti su Gaza e prenda posizione contro gli attacchi ai/alle nostri/e connazionali impegnati/e a portare aiuti umanitari. Chiediamo l’immediato rimpatrio di tutti/e gli/le attivisti/e senza condizioni, la cessazione della vendita di armi e l’interruzione di ogni collaborazione con lo Stato di Israele. Condanniamo il genocidio che Israele sta commettendo contro i cittadini e le cittadine di Gaza e chiediamo la sua immediata interruzione, con il riconoscimento dello Stato palestinese senza condizioni e il ripristino della sicurezza e della libertà del popolo palestinese, unico presupposto alla sua sopravvivenza e alla costruzione di una pace duratura».
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