GROSSETO. Per qualche settimana, si è pensato che Grosseto potesse essere una seconda Garlasco. Perché, a distanza di 20 anni, nell’aula d’assise, è entrato di nuovo Francesco Innocenti, condannato all’ergastolo per aver ucciso il commercialista Ausonio Coli. In aula c’erano anche i sostituti procuratori Giovanni De Marco e Valeria Lazzarini, oltre alle parti civili rappresentate dagli avvocati Riccardo Lottini e Marco Fanti.
L’imprenditore, da quando è stato arrestato, si è sempre dichiarato innocente. Per dimostrarlo, attraverso l’avvocato Stefano Giorgio, aveva chiesto la possibilità di procedere con un nuovo incidente probatorio.
Ma sia le parri civili che i sostituti procuratori, si erano opposti a questa richiesta.
Richiesta respinta
L’incidente probatorio era stato richiesto per accertare, di nuovo, l’orario in cui l’8 marzo 2004 è stato ucciso il commercialista Ausonio Coli e per verificare che i colpi fossero stati sparati davvero dalla Smith & Wesson 38 sequestrata a Innocenti. Richiesta che però, la corte d’assise presieduta dal giudice Sergio Compagnucci, insieme alla giudice Agnieszka Karpinska, ha respinto.
«La possibilità di svolgere investigazioni per ricercare elementi di prova – si legge nelle motivazioni dell’ordinanza, che sono state depositate contestualmente venerdì 18 luglio e non lunedì 21 luglio, come erroneamente riportato – anche al fine di promuovere il giudizio di revisione, risulta strumentale all’esercizio del diritto di difesa individuale ma, non risultando necessariamente ancorata alla sola assunzione di prove che con sicurezza o ragionevole certezza siano idonee a fondare un giudizio di revisione, interseca l’intervento dell’autorità giudiziaria solo nei casi in cui il legislatore lo ritenga necessario».
E ancora: «Le ipotesi di incidente probatorio – si legge ancora – sono limitate a quella di assunzione della testimonianza o all’esame della persona che ha esercitato la facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione, ma tra le stesse non risulta incluso lo svolgimento di accertamenti tecnici né di esperimenti giudiziali». «Per questo – conclude la corte – la richiesta della difesa è stata dichiarata inammissibile».
I dubbi sull’orario dell’omicidio
La difesa di Innocenti aveva chiesto un nuovo incidente probatorio per verificare di nuovo l’orario in cui era stato commesso l’omicidio nello studio del commercialista, in via Gramsci.
Innocenti, alle 10.30 dell’8 marzo 2004, aveva ricevuto la lettera di estensione del fallimento dell’azienda del padre, la Sergio Innocenti & C. sas, con l’invito a presentarsi nello studio del curatore fallimentare Ausonio Coli entro 24 ore, alle 10.30 del mattino.
Da Arcidosso, aveva raggiunto Grosseto dove aveva incontrato il commercialista. Era poi rimasto nello studio fino alle 13.30-13.35 per poi risalire in auto e riprendere la via dell’Amiata.
Alle 13.45 era già in via Piave, dove il suo telefono era stato agganciato da una cella telefonica differente da quella di via Ximenes. Per il difensore di Innocenti, non poteva essere stato lui a sparare, visto che l’omicidio sarebbe avvenuto intorno alle 14.
A suffragare questa tesi, ci sarebbero anche le testimonianze delle impiegate che lavoravano nell’ufficio accanto e che indicherebbero almeno le 14 come il momento in cui Coli viene ucciso con 6 colpi di pistola, tre a segno e tre nel muro. Ma di colpi, la donna, ne ha sentiti soltanto tre.
La testimone poi, aveva anche spiegato di aver sentito quei colpi dopo che la sua collega era uscita dall’ufficio per andare a riprendere il figlio all’asilo e di essere uscita alle 13.35.
La difesa di Innocenti, quindi, aveva chiesto la possibilità di fare due esperimenti giudiziali: uno per verificare il tempo impiegato dalla donna per raggiungere l’asilo, l’altro per capire se fosse possibile che la testimone avesse sentito solo tre colpi e non i sei sparati da Innocenti, tre dei quali conficcati nel muro.
La risposta nello stub
Tra le prove che hanno poi incastrato Innocenti, c’è stata quella dello stub. L’imprenditore fu sottoposto all’analisi che rivelò come avesse sulle mani tracce importanti di polvere da sparo. Accertamento che però fu fatto alle 21 di sera.
Per il difensore dell’imprenditore amiatino, ci sarebbe stata la possibilità che l’uomo si fosse contaminato dentro all’auto della polizia, quando fu portato in questura e poi in carcere.
Accertamenti non urgenti
Infine, anche valutando la richiesta della difesa in termini di indifferibilità e improcrastinabilità, i giudici non hanno ritenuto che fossero applicabili a questo caso.
L’avvocato Giorgio ha fatto presente che nel caso in cui le due testimoni sviluppassero osteoporosi o problemi di udito, gli accertamenti risulterebbero impossibili.
«Pericoli, quelli prospettati dalla difesa – scrivono ancora i giudici – che risultano astratti e inidonei a fondare l’accoglimento di una richiesta di incidente probatorio, non sussistendo elementi che possano indurre a ritenere che ricorrano, nel caso di specie, malattie ingravescenti delle stesse».




