VENEZIA. C’è anche un pezzo di Maremma nella sessantatreesima edizione del Premio Campiello.
Lo scrittore follonichese Alberto Prunetti è infatti finalista con il suo libro Troncamacchioni. Il prestigioso premio letterario arriva alla cerimonia finale in diretta Tv, su Rai 5, sabato 13 settembre a partire dalle 20.30.
La serata sarà condotta dalla giornalista del Tg1 Giorgia Cardinaletti, con interventi dell’attore Luca Barbareschi, accompagnato dalla sua Social Band, e potrà essere seguita anche su Rai Play e sulla pagina Instagram del Campiello.
All’interno dello storico Teatro La Fenice di Venezia, Cardinaletti intervisterà i cinque finalisti prima del verdetto finale. Al vincitore, selezionato da una giuria di trecento lettori e lettrici anonimi, andrà il Premio Fondazione Campiello, mentre gli altri finalisti riceveranno il Premio Selezione Campiello della Giuria dei Letterati.
La cinquina
A contendersi la vittoria saranno Di spalle a questo mondo di Wanda Marasco (Neri Pozza); Bebelplatz di Fabio Stassi (Sellerio); Inverness di Monica Pareschi (Polidoro); Nord Nord di Marco Belpoliti (Einaudi) e Troncamacchioni di Alberto Prunetti (Feltrinelli). Tutti loro hanno già vinto il Premio Selezione Campiello, assegnato dalla Giuria dei Letterati, formata da dieci critici letterari e presieduta dal giornalista e conduttore televisivo Giorgio Zanchini.
Troncamacchioni e la Maremma a Venezia
Ed è proprio con Troncamacchioni che la Maremma entra nella cornice dello splendido teatro veneziano. Nel suo romanzo il follonichese Prunetti porta sulla scene le avventure di carbonai e boscaioli maremmani, costretti dai rovesci della sorte, dalla guerra e dal fascismo, a darsi alla macchia.
Non è tra l’altro l’unica volta che la Maremma si presenta a Venezia. Nel 1973 Carlo Cassola, originario di Volterra ma grossetano d’adozione, arrivò in cinquina col romanzo Monte Mario. Il premio della Fondazione Campiello fu però quell’anno aggiudicato da Carlo Sgorlon.
Intervistato da MaremmmaOggi, Prunetti si è dichiarato «orgoglioso di portare in un luogo tanto bello come la Fenice di Venezia» le storie dei protagonisti dei suoi libri, «a cui era stato tolto, per la loro condizione sociale, anche il diritto alla bellezza».
Poi aggiunge: «Andare alla Fenice è un modo per raddrizzare un torto. Significa rivendicare il diritto alle rose, oltre che al pane, per chi viveva nei boschi cibandosi di castagne e radici. Già questa è la mia vittoria. Anzi, la nostra, perché le storie che scrivo sono scritte dalle vite di chi se ne è fatto protagonista. Carbonai e boscaioli maremmani mi passano le parole, come i meccanici si passano gli attrezzi».
Leggi: la nostra intervista sul libro a Prunetti





