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Debora: dopo il trapianto, la beffa

Dopo il trapianto nel 2020,alla visita di controllo si è vista togliere il 20% di invalidità anche se le sue condizioni non sono migliorate
Debora Miceli

FOLLONICA.I postumi di un trapianto polmonare, si scontrano con una diagnosi che odora di superficialità. A raccontarlo è Debora Miceli, che dopo essere entrata in lista per il trapianto di polmoni, dopo 15 mesi, nel 2020, è stata operata a Padova. Il trapianto, grazie alla bravura dei medici, è andato bene. Ma le conseguenze di quell’intervento, anche se perfettamente riuscito, non sono certamente semplici da affrontare. Nonostante la forza di Debora.  

Una foto di Debora in ospedale

Debora, mamma di un ragazzo di 15 anni, cerca nel frattempo di portare avanti le sue giornate al meglio che può: «Lavoro da casa perché non riesco a fare altre cose – spiega – Mi occupo di affitti turistici brevi e gestisco la parte online. Non posso avere orari precisi, non posso tornare sul posto di lavoro in presenza: dipende molto da come mi sveglio, ho dolori diffusi, e dipende molto anche dagli orari delle medicine, che scandiscono le mie giornate».

Dopo il trapianto, la beffa

I postumi di un trapianto, come descrive Debora, non sono da sottovalutare, lo stato di salute può peggiorare e prendere la giusta misura anche con i farmaci non è un affare che si risolve in un giorno.

Debora con il suo cane

«L’altro giorno – racconta – sono andata alla “revisione” all’Inps. L’anno scorso avevo il 100% di invalidità viste le mie condizioni, e stavo meglio di adesso. Ora, dopo una visita di 2 minuti, mi hanno tolto il 20%. Come è possibile?».

La diagnosi è arrivata con la stessa velocità con cui si scatta una fotografia piuttosto che a seguito di una visita accurata. 

Non solo Debora

«So bene che cose come queste sono successe anche ad altri miei amici trapiantati, hanno fatto ricorso in tribunale, vincendo ovviamente. Ma quello che mi chiedo è perché dobbiamo combattere anche in tribunale, quando dobbiamo continuare ad assumere farmaci e fare terapie per uno stato di salute che non è poi migliorato».

Debora, giovedì 24 si rivolgerà al suo patronato e al suo avvocato, per fare ricorso, unendosi così alla fila de suoi amici che si sono trovati davanti al medesimo ostacolo.

«Io dico – conclude – se tutte le persone che hanno la mia situazione hanno dovuto far ricorso e lo hanno vinto, ci sarà un motivo. Se viene abbassata la percentuale di invalidità, vuol dire che una persona sta meglio, ma non sto affatto meglio di un anno fa, sto ancora combattendo contro i postumi. Ad aprile non li avevo. Intendo andare oltre al ricorso, non solo per me, ho degli amici che non stanno neanche in piedi». 

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