GROSSETO. L’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, in Europa al15%, ma per ogni tipo di prodotto ci sarà da discutere e resta il nodo esenzioni, un’azione l’hanno comunque fatta: far salire l’attesa e mettere in guardia molte organizzazioni.
India e Brasile hanno il 50% e si va verso il 100% su chip e semiconduttori
Se Trump esulta «incasseremo miliardi», ha scritto su X, al di qua dell’oceano la preoccupazione cresce.
La Maremma esporta molto negli Stati Uniti, e un aumento dei dazi dei proprio prodotti, dal caseario all’agrario e al vino è visto da imprenditori e associazioni come un inizio di crisi.
Tutti i dirigenti e addetti ai lavori sono dunque preoccupati, e aspettano chiarimenti sul reale valore dei dazi che “colpiranno” le filiere.
Righini: «Esportiamo il 10% del pecorino toscano negli Usa»
«Quello dei dazi all’importazione in Usa è un problema che ci preoccupa – dice Andrea Righini, presidente Consorzio Pecorino – il 50% dell’export di Pecorino Toscano é verso gli Stati Uniti, ed in particolare rappresenta il 10% del totale del Pecorino Toscano venduto. Nella recente fiera Summer Fancy Food di New York, alla quale il Consorzio ha partecipato, anche con alcuni caseifici presenti, si respirava un ottimismo verso l’esenzione del comparto agroalimentare dai dazi, cosa che invece non è avvenuta».
«Del resto anche l’applicazione stessa risulta incerta, i testi europei e quello americano degli accordi sono diversi. Da una parte si dice che entreranno in vigore a giorni e dall’altra che ci sono da approfondire i protocolli. Questa incertezza non aiuta certo né i produttori né gli importatori».
Alla ricerca di nuovi mercati
«Il Consorzio ha già avviato da tempo la ricerca di nuovi mercati, alternativi a quello americano, anche se non si possono creare dal nulla in poco tempo. Ad esempio lo scorso novembre abbiamo fatto una missione in Vietnam con tre caseifici. Uno ha già iniziato ad esportare ed un altro avvierà le esportazioni entro la fine del 2025. Stiamo poi cercando di capire come far crescere quei mercati dove il prodotto è già presente ma potrebbe essere maggiormente consumato».
«Assieme ad altri Consorzi di tutela di altri formaggi italiani stiamo valutando come muoverci assieme per promuovere i nostri prodotti in mercati solo parzialmente sviluppati come Australia, Giappone e Corea del Sud, oltre al sud America, con particolare riferimento all’Argentina e al Brasile. ovviamente lo sforzo economico per tali attività dovrà essere supportato dall’Europa e dal Masaf, oltre che dalla Regione Toscana per i mercati europei. Entro il mese di agosto avremo pronto il progetto complessivo che metterà nero su bianco le strategie del Consorzio».
Mazzei: «Troppa incertezza, serve stabilità»
«Penso che chi dice meglio il 15% del 30% – sottolinea Francesco Mazzei presidente del Consorzio dei vini di Maremma – non si renda conto che sull’Italia avrà un peso enorme, visto che siamo il primo esportatore di vino negli Stati Uniti. È un problema. Abbiamo qualche speranza che il vino posso essere escluso dai dazi. Certamente dobbiamo arrivare ad un punto fermo, perché ha creato una forte incertezza che in questo momento è tutto fermo. L’augurio è che si possa risolvere e che vada meglio».
Pollini: «Troppa incertezza, serve stabilità»
«Il 15% è considerato un dazio flat, di base. Sono comunque attivi e approfondimenti e negoziati su alcuni settori – aggiunge Luca Pollini direttore del Consorzio dei vini di Maremma – e l’idea dell’Unione Europea è avere “zero for zero” non avere dazi fra Stati Uniti e appunto Europa. E sul settore vitivinicolo i negoziati potrebbero andare avanti per settimane. Ci sono molti prodotti in transito e dal 7 di agosto scattano il 15% dei dazi. Dobbiamo vedere le trattative se riusciranno a farli calare».
«Per il settore vitivinicolo italiano, se confermato l’aumento al 15%, rappresenterebbe un aggravio di 360 milioni di euro, non una cosa da poco. La speranza è che questa cifra scenda, per lo meno riportarla alla vecchia che si aggirava al 4,8-5%. Fatto è che comunque dalle segnalazioni che abbiamo è che il mercato è fermo, sia i distributori che gli importatori. Un euro di valore di vino in partenza dall’Europa, genera 5 dollari di aumento. Bisogna capire che impatto avrà e inoltre i più colpiti saranno quelli “popular” nel segmento che arriva fino a 15 dollari di valore. E purtroppo molti vini italiani, sono proprio in questo gruppo e se aumenteranno di 1 o due dollari, i consumatori americani potrebbero orientarsi sui vini in arrivo dal Cile, dall’Argentina, dalla Nuova Zelanda o dall’Australia. È tutto ancora da capire quello che succederà».
Lombardi: «La svalutazione del dollaro non aiuta»
«L’accordo per i dazi al 15% con gli Usa è sicuramente migliorativo – dice Fabio Lombardi, direttore Consorzio Agrario di Siena e del Tirreno – rispetto al 30%, che avrebbe causato danni per la Toscana nell’agroalimentare di circa 300 milioni di euro. Bisognerà capire e attendere quali tariffe verranno applicate all’interno dei settori. I problemi non mancheranno. Aggiungo – sottolinea Lombardi – che pesa molto sulle esportazioni la svalutazione del dollaro, che rende meno appetibile l’acquisto dei nostri prodotti. In definitiva serviranno compensazioni a carattere Europeo, ma dobbiamo aspettare il dazio che verrà applicato».
Autore
-
Giornalista di MaremmaOggi. Ho iniziato a scrivere a 17 anni in un quotidiano. E da allora non mi sono mai fermato, collaborando con molte testate: sport, cronaca, politica, l’importante è esagerare! Maremma Oggi il giornale on line della Maremma Toscana - #UniciComeLaMaremma
Visualizza tutti gli articoli