GROSSETO. Atlante, Centrocolor e Edilfox, aziende del gruppo Lamioni, hanno presentato istanza di applicazione delle misure protettive del patrimonio, nell’ambito della procedura di composizione negoziata della crisi d’impresa (strumento introdotto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, D.Lgs. 14/2019). Istanza depositata sulla piattaforma telematica della Unioncamere.
Il tribunale ha già nominato gli esperti indipendenti, che avranno il compito di affiancare l’imprenditore nella ricerca di soluzioni per il risanamento aziendale.
Le tre società non sono più iscritte alla Camera di Commercio di Grosseto, ma a quella di Roma. L’Atlante risulta trasferita il 22 ottobre scorso, le altre due il 30 ottobre scorso.
Cosa significa l’istanza
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Le aziende sono in difficoltà economico-finanziaria, ma pensano di poter superare la crisi senza arrivare al fallimento o alla liquidazione.
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Presentano un’istanza al tribunale per accedere alla procedura di composizione negoziata, chiedendo anche l’applicazione delle misure protettive del patrimonio.
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Le misure protettive servono a bloccare temporaneamente le azioni esecutive e cautelari dei creditori (pignoramenti, sequestri, ecc.) contro le aziende, mentre questa tentano di trovare un accordo con banche e fornitori.
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Il tribunale, se ritiene la richiesta fondata, nomina un “esperto indipendente”: una figura terza che affianca l’imprenditore per cercare soluzioni di risanamento (ad esempio, rinegoziazioni, piani di ristrutturazione o accordi con i creditori). In questi casi i tre esperti sono già stati nominati.
In pratica, è un tentativo di salvare le aziende prima che la crisi diventi irreversibile, garantendole nel frattempo una “protezione” dai creditori.
Nominati i tre esperti
Nel caso di Atlante l’esperto è Simone Manfredi, ha accettato l’incarico il 7 novembre e l’istanza è stata pubblicata il 10 novembre.
Nel caso di Centrocolor l’esperto è Giuseppe Dionisi, ha accettato l’incarico il 7 novembre e l’istanza è stata pubblicata il 10 novembre.
Nel caso di Edilfox l’esperto è Vincenzo Martuscelli, ha accettato l’incarico il 10 novembre e l’istanza è stata pubblicata il 11 novembre.
L’esperto è una figura indipendente, iscritta in un apposito elenco.
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Non gestisce l’azienda, ma favorisce le trattative con banche, fornitori e fisco.
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Deve verificare se esistono concrete possibilità di risanamento.
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Redige delle relazioni periodiche al tribunale.
Se vede che non c’è via d’uscita, può dichiarare chiusa la procedura.
Quanto durano le misure protettive
Quando l’azienda presenta l’istanza, le misure protettive scattano subito, anche solo in via provvisoria.
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Il tribunale poi le conferma o modifica entro 30 giorni.
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La durata iniziale è di 120 giorni (4 mesi).
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Può essere prorogata per altri 120 giorni, ma solo se l’esperto lo chiede e il tribunale ritiene che le trattative stiano andando avanti in modo serio.
Durante questo periodo, i creditori non possono:
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fare pignoramenti o sequestri,
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risolvere contratti in corso per inadempimenti precedenti,
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chiedere il fallimento (oggi “liquidazione giudiziale”) dell’impresa.
L’azienda resta però sotto controllo: non può fare operazioni straordinarie senza il parere dell’esperto o del tribunale.
Cosa può succedere adesso
Ci sono tre possibili esiti:
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Successo: l’azienda trova un accordo con i creditori (piano di ristrutturazione, rinegoziazione debiti, ecc.). A quel punto le misure protettive cessano, ma l’impresa prosegue la sua attività.
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Prosecuzione con un’altra procedura: se l’accordo non basta, l’azienda può passare ad altri strumenti (accordo di ristrutturazione, concordato preventivo, ecc.).
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Fallimento della trattativa: se non si trova un’intesa, l’esperto segnala la situazione e il tribunale può aprire la liquidazione giudiziale (il nuovo nome del fallimento).
Cosa cambia per i creditori dopo l’istanza di misure protettive
Da quando l’azienda ha presentato l’istanza e il tribunale ha nominato l’esperto, scattano effetti immediati sul fronte dei creditori.
1. Stop ai pignoramenti e alle azioni giudiziarie
Per tutta la durata delle misure protettive (120 giorni, prorogabili):
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non si possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari (pignoramenti, sequestri, istanze di fallimento, ecc.);
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eventuali procedure già in corso vengono sospese;
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non si possono risolvere contratti in corso solo perché l’azienda ha ritardato pagamenti precedenti.
In sostanza, i creditori devono “fermare le armi”, in attesa di vedere se la trattativa porta a una soluzione.
2. I crediti restano validi, ma congelati
I creditori non perdono i loro diritti, ma non possono pretendere il pagamento immediato.
Durante la composizione negoziata:
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l’impresa può pagare solo spese ordinarie e necessarie alla continuità aziendale (stipendi, utenze, forniture essenziali);
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per tutto il resto serve l’autorizzazione dell’esperto o del tribunale.
Quindi chi vanta un credito — anche importante — deve attendere e sperare che la trattativa porti a un accordo di ristrutturazione che preveda tempi e modalità di pagamento sostenibili.
Se la trattativa non basta, l’impresa può chiedere un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione dei debiti. In quel caso i creditori parteciperanno formalmente alla procedura, con diritto di voto o opposizione. Se non si trova alcuna soluzione, il tribunale può dichiarare la liquidazione giudiziale (l’ex fallimento). In quel caso i creditori si insediano nel passivo e attendono di essere pagati secondo le regole ordinarie del fallimento.



