GROSSETO. La recente sentenza del Consiglio di Stato ha riacceso il dibattito sul futuro delle concessioni demaniali marittime. Secondo i giudici amministrativi, alla scadenza delle concessioni le opere non rimovibili — come bar, ristoranti e strutture in muratura — diventeranno automaticamente proprietà dello Stato, senza obbligo di indennizzo per il concessionario uscente, salvo quanto previsto dal contratto.
Una decisione che apre nuovi scenari per il settore balneare, già al centro di una lunga discussione sulla necessità di adeguarsi alla direttiva Bolkestein, che impone gare pubbliche per l’assegnazione dei beni demaniali.
Sul tema interviene Paolo Mazzetti, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Grosseto, con una riflessione sul valore della concorrenza, della legalità e della trasparenza nel comparto balneare.
L’apertura del mercato come opportunità
L’apertura del mercato attraverso gare pubbliche – scrive Paolo Mazzetti – sebbene possa generare apprensione, rappresenta un’opportunità di modernizzazione e trasparenza a beneficio dell’economia nazionale e dei cittadini.
Il principio alla base dell’applicazione della Direttiva è la promozione della concorrenza leale e della libertà di stabilimento nel mercato unico europeo.
Affidare i beni demaniali, che sono risorse pubbliche limitate, tramite gare pubbliche imparziali e trasparenti non costituisce affatto un pericolo, ma un atto dovuto e vantaggioso.
Le gare come strumento di equità
Le gare, aperte a tutti gli operatori qualificati — italiani o esteri, Pmi o multinazionali — assicurano che il bene pubblico venga gestito dal soggetto in grado di offrire il miglior servizio e garantire un canone più adeguato all’effettivo valore commerciale della concessione.
Le società più strutturate, spesso dotate di maggiore capacità finanziaria, possono portare investimenti significativi e innovazione (strutture, servizi, sostenibilità ambientale) che innalzano lo standard complessivo dell’offerta turistica italiana, rendendola più competitiva a livello internazionale.
Nessun pericolo dalle società estere
Le preoccupazioni sul fatto che società estere possano «portare via» ricchezza sono infondate, perché l’attività economica di gestione degli stabilimenti balneari è indissolubilmente legata al territorio italiano.
Qualsiasi società, nazionale o estera, che operi sul suolo italiano e generi reddito sul territorio è tenuta a pagare le imposte (Ires, Irap, Iva, Imu) in Italia. Il servizio si svolge qui, l’incasso avviene qui, e le tasse sono dovute qui.
Lavoro e legalità
Le nuove gestioni dovranno assumere personale per erogare i servizi. È prassi diffusa, e spesso clausola di bando, garantire la continuità occupazionale dei lavoratori già impiegati.
Inoltre, grandi operatori tendono ad avere strutture interne più organizzate, spesso traducendosi in maggiore legalità e regolarità, con un più rigoroso rispetto delle normative sul lavoro e della contrattazione collettiva, riducendo il rischio di lavoro irregolare.
La questione fiscale
C’è infine la questione fiscale, non meno significativa.
Un elemento cruciale che giustifica la necessità di trasparenza e concorrenza riguarda la palese sottodichiarazione dei redditi da parte di una parte significativa degli attuali gestori.
Secondo i dati del Dipartimento delle finanze, basati sugli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa), circa il 50% delle imprese balneari a livello nazionale riporta un punteggio Isa inferiore a 8, considerato «sotto la sufficienza» dal fisco.
Analisi specifiche per la Toscana, di cui la Maremma fa parte, hanno evidenziato molte criticità.
- Le imprese balneari non virtuose (Isa inferiore a 8) dichiarano in media ricavi per circa 187.000 euro e un profitto medio di circa 14.000 euro.
- Le imprese virtuose (Isa superiore a 8) dichiarano invece ricavi per 251.000 euro e un reddito medio di 47.000 euro.
Questi dati ufficiali suggeriscono che una parte consistente del settore dichiari redditi notevolmente bassi rispetto al potenziale economico di un’attività che fattura decine o centinaia di migliaia di euro l’anno.
Una riforma per la trasparenza e la crescita
Per tutto quanto detto, l’applicazione della direttiva Bolkestein e l’introduzione di gare pubbliche non rappresenta un pericolo, ma un meccanismo di equità e trasparenza che garantisce:
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canoni demaniali più elevati (a beneficio delle casse pubbliche);
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maggiore gettito fiscale (grazie a gestioni più trasparenti);
-
servizi di migliore qualità per turisti e cittadini;
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maggiore tutela dei lavoratori e regolarità contrattuale.
Si tratta, dunque, di un’evoluzione necessaria per allineare l’Italia ai principi del mercato unico europeo e per valorizzare in modo efficiente ed equo un bene pubblico prezioso come la costa.



